Con la nuova indagine conoscitiva sulla regolamentazione DAB, Agcom chiede anche di valutare l’opportunità di indennizzi per spegnere la FM.
Nei giorni scorsi l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato (con la delibera 316/24/CONS) una consultazione pubblica sulla riforma della regolamentazione della piattaforma DAB+.
Nel documento, Agcom torna nuovamente su temi incandescenti per il settore, come lo spegnimento della FM, l’obbligo di dotazione DAB sulle auto, la composizione dei consorzi e la progressione dell’ascolto IP.
FM-world ne parla con Massimo Lualdi, avvocato di Consultmedia e direttore di Newslinet, che per primo ha analizzato il documento all’indomani della pubblicazione.

FM-world – L’indagine conoscitiva di Agcom in pratica è una summa di tutte le considerazioni da te effettuate nell’ultimo anno…
Massimo Lualdi – Sì, evidentemente le nostre sollecitazioni erano fondate…
FM-world – Partiamo dal tema più caro ai radiofonici: la sorte della FM. Quali novità?
Massimo Lualdi – In realtà nessuna. Non si parla di switch-off, anche se Agcom (a mio avviso non causalmente) richiama altre esperienze europee (come Norvegia, Svizzera e Francia), tracciando date con al centro una ricorrente da anni a questa parte: il 2030…
FM-world – Cosa rappresenta quella data?
Massimo Lualdi – Ha una rilevanza in termini di asset legacy, definizione di un bene presente nei bilanci da lungo tempo che però è diventato obsoleto o ha perso quasi tutto il suo valore iniziale, divenendo una passività per l’ente che lo detiene, poiché potrebbe comportare costi di gestione superiori ai benefici prodotti. L’algoritmo del Metodo Consultmedia, il modello di determinazione del valore economico degli impianti FM adottato dall’Agenzia delle entrate (e da numerosi organi giurisdizionali nelle procedure concorsuali) per la verifica della congruità delle compravendite, fissa intorno a quella data (con differenziali geografici) un possibile superamento degli svantaggi rispetto ai vantaggi d’esercizio di un impianto. Un po’ come le onde medie, che sono state dismesse quanto l’audience prodotta non giustificava i costi alla presenza di metodi alternativi per l’erogazione del servizio di radiodiffusione.
FM-world – E cosa propone Agcom?
Massimo Lualdi – Di valutare l’introduzione nel Regolamento Dab di eventuali misure che possano favorire la migrazione dalla radiofonia analogica Fm a quella digitale Dab+ sebbene in maniera volontaria e incentivando questo passaggio. Nulla di nuovo in realtà: una previsione di questo tipo era già presente nelle Linee Guida sui bandi DAB. Occorrerà valutare cosa si intende per incentivazione: indennizzi economici? Crediti d’imposta? Esonero da determinati obblighi? Quel che è probabile, però, è che non si tratterà di dismettere un singolo impianto, ma un’intera rete. O meglio, abbandonare tout court la diffusione analogica…
FM-world – Aderiranno in pochi…
Massimo Lualdi – Non è detto. Dipende dai vantaggi derivanti…
FM-world – Un altro punto critico della delibera è la possibilità che i consorzi DAB aprano a soci non radiofonici. Un tuo cavallo di battaglia…
Massimo Lualdi – Sì, ho sempre ritenuto anacronistico pensare che nei consorzi ci fossero solo le emittenti analogiche (concessionarie). Non ha un senso logico, in particolare per quanto riguarda le società tecnologiche – posto che di fatto il consorzio è poi affidato a società esterne per il suo funzionamento – ed i nativi digitali, relegati a figli di un dio minore, come per le indagini di ascolto. Si tratta di una shortcut opportuna…
FM-world – Con l’indagine si chiederà di valutare l’opportunità di preservare l’obbligo di inserire il Dab nelle auto, posto che alcuni produttori stanno utilizzando sistemi IP (eliminando l’autoradio tout court). E’ evidente il richiamo agli articoli di Newslinet sulle case automobilistiche che hanno eliminato da alcuni modelli il ricevitore via etere (Citroen e Renault).
Massimo Lualdi – Diciamo che Agcom in questo caso l’ha presa da lontano. Difficile che passi l’eliminazione dell’obbligo. Ma la difesa degli editori dai competitor sul dashboard dell’auto (Spotify ecc…) non passa certo dal broadcast, che sarà a breve intermediato da Android Auto ed Apple CarPlay (sistemi che prendono di fatto il controllo del car entertainment), quanto da regole cogenti di prominence. Sul punto mi sembra che gli editori non abbiano le idee chiare pensando di poter controllare la somministrazione sui device connessi (ed anche non connessi, come dimostrano i problemi degli elenchi sulle autoradio DAB e la vicenda dei codici PI e metadati). Follia pure, come ha dimostrato il braccio di ferro con TuneIn: chi non c’è è bannato dai comandi vocali semplificati di Android Auto ed Apple CarPlay (Ehi Google, metti Radio Pinco!). Ed i comandi vocali sono la più probabile modalità di sintonizzazione del futuro in auto (così come lo sono già per gli smart speaker nelle case). Come Consultmedia esporremo in sede di partecipazione all’indagine conoscitiva l’opportunità di un obbligo proxy trasversale in capo a tutti gli aggregatori (nessuno escluso): prima le emittenti della nazione (nazionali + regionali in ordine alfanumerico, esclusi i caratteri speciali che non siano parte della denominazione, partendo da quelle in possesso di concessione, autorizzazione FSMR, autorizzazione Agcom), poi il resto dell’offerta mondiale. Il resto è utopia. Il problema è che questa consultazione durerà un anno, salvo proroghe. E tra un anno si saranno consolidate determinate tendenze.
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