“Play Xmas” è solo una delle ultime arrivate, ma da qualche tempo Veronica One Hit Station – una delle principali emittenti regionali del Piemonte – propone playlist tematiche su Spotify.
Ma l’ascolto di Spotify non rischia di allontanare gli utenti dalla radio? O al contrario ne consolida il brand anche su altre piattaforme?
Abbiamo contattato il direttore artistico dell’emittente Benny Castelli per spiegare le strategie della hit station torinese.
Da qualche tempo, Veronica One ha dato il via a playlist su Spotify: perché questa scelta?
L’idea è per certi versi banale: tu ascolti le nostre selezioni e, se ti piacciono, magari poi ascolti V1HS perché vuoi capire se sono complementari, un servizio in più per chi ci ascolta, un modo per ricordarti di noi anche quando usi Spotify. Però dietro c’è di più. Il mio sforzo quotidiano e quello del team è fornire un esperienza d’ascolto che sia sempre “qui e ora”. Per farlo bisogna conoscere e saper usare le diverse opportunità che oggi abbiamo per supportare un brand radiofonico rinnovato come il nostro e che quindi ha bisogno di azioni di spinta. Tra queste azioni c’è anche Spotify, che vogliamo appunto utilizzare come rinforzo del nostro progetto. Questa piattaforma, come le altre, può essere quindi usata come side effort, un viatico per lasciare meta-messaggi positivi a chi usufruisce delle nostre playlist, soprattutto culturalmente perché non si può fare una Radio senza avere una robusta cultura musicale.
Spostare ascoltatori verso Spotify non rischia di allontanare la gente dall’abitudine di ascoltare la radio?
Gli ascoltatori sono esseri umani che sanno che le piattaforme come Spotify sono strumenti, utilissimi ma rimangono strumenti, tools per l’ascolto. Quando una emittente trasmette, lo fa grazie al lavoro di persone nella stessa unità di tempo dentro la quale altre persone l’ascoltano. La Radio è reale, esiste adesso come esisti tu che la stai ascoltando. È questa la sua skill imbattibile che nessuna piattaforma on-demand possiede. Nemmeno i podcast regalano quel calore che il prodotto umano live emana. Si entra nell’ambito dello studio delle dinamiche psicosociali. Gli esseri umani amano la Radio perche essa non si fa con gli algoritmi ma con le persone. La Radio è tridimensionale. Non è affatto una visione romantica, è sociologia: “compagnia” è quel sostantivo che traduce in una parola il rapporto di vicinanza, di intimità e questa si genera tra persone, non tra persone e macchine. Gli umani ascoltano la Radio non per abitudine ma perché ha dentro altri umani. Anche Spotify ha degli esseri umani dentro ma non sono con te nella tua stessa unità di tempo: sono Alive ma non Live. La differenza è abissale.
Che tipo di playlist avete scelto? Si discostano da ciò che va in onda in radio?
Oggi stiamo fortemente rilanciando il brand V1HS e non posso permettermi errori nella selezione musicale. Con le playlist invece possiamo fare spazio a generi non strettamente allineati alla nostra programmazione ed al design editoriale. Le selezioni sono studiate per scopi precisi e possono essere fruite per sonorizzare momenti della giornata. Da “Aperitif Chic” con dentro suoni giusti per ricreare l’atmosfera da aperitivo metropolitano a “Rap Couture”, con dentro otto ore di storia Hip Hop, da “Funky Coolness” che racconta quasi cinquant’anni di Funk e Soul, fino all’ultima dedicata alle feste natalizie, “Play Xmas”, che suona diversa dalle solite compilation del periodo con “chicche” sonore da più latitudini del Pianeta. Questa settimana abbiamo lanciato “Brandnew Rock” che adoro perché è una selezione di band e artisti non mainstream, giovani o giovanissimi punkers e rockers dal mondo che stanno riscrivendo lo stile mantenendo fedeltà con la storia sonora del Rock.
La radio deve temere Spotify o vive un mondo parallelo dove non si incrocia?
La Radio ha già dimostrato di non essere parallela a nessun media, infilandocisi dentro ogni volta che un nuovo media nasceva. Non era il Video a voler assassinare la Radio? Beh, a quarantadue anni da quell’anatema dei The Buggles, è successo che la Tv non ha affatto ucciso la Radio e che la Radio usa la Tv per aumentare la sua capillarità. Comparare la Radio alle piattaforme streaming on-demand è come come voler mettere sullo stesso piano il suono di un disco di vinile con quello digitalizzato di un file. Quest’ultimo è utilissimo e funziona ma il primo ti regala calore e tridimensionalità. La Radio non deve temere Spotify ma questi sistemi complessi devono essere analizzati, studiati, compresi e, quando e se possibile, sfruttati.
Per finire, una domanda personale: lo station manager di un’emittente importante come Veronica One, quanto tempo ha a disposizione per Spotify e le altre piattaforme?
Va necessariamente trovato. Fa parte del lavoro dentro il nostro progetto. Il tempo è quel valore senza prezzo che manca un po’ a chiunque, figuriamoci a chi fa un lavoro manageriale, in qualsiasi campo. Mi aiuta un po’ il fatto che sono da sempre un “night surfer” che un tempo passava le notti ascoltando le Radio dal mondo e oggi spesso le passa ascoltando artisti e le loro canzoni, le annoto e poi successivamente diventano selezioni musicali. Come ti ho già detto, non si può fare questo mestiere senza conoscere i prodotti musicali, tutti anche quelli che gradisci meno perché le persone che ascoltano sono il motore, sono la spiegazione del perché noi esistiamo e meritano tutto il rispetto possibile. Chi si farebbe mai aiutare da un avvocato che non ha studiato la legge o chi si farebbe curare da un medico che non conosce il corpo umano? Credo proprio nessuno. La Radiofonia è una realtà molto seria con dentro molteplici mestieri e gli ascoltatori sanno perfettamente riconoscere chi è preparato e chi no. La Radio deve saper mettere insieme in metrica la musica e le parole. Per farlo, la musica va conosciuta e le parole, come diceva Nanni Moretti, sono importanti.
A cura di Nicola Franceschini