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Ask Talkmedia: Ha senso proteggere il proprio brand Radio con i domini .radio?

“Ask Talkmedia” ripropone le riflessioni, le notizie, le discussioni e gli avvenimenti più significativi postati all’interno del gruppo Facebook Fm-World Talkmedia direttamente dagli utenti. Ecco uno dei principali quesiti del mese e le risposte ricevute nel gruppo.

A pubblicarlo è stato Lorenzo che ha riportato “Posso azzardare che http://animati.radio sia una delle prime radio in Italia ad avere come .tld il nuovissimo .radio?”.

Immediate le prime reazioni che hanno messo a confronto lo stesso Lorenzo con Mario, partito sostenendo che resterà anche una delle poche, visti i prezzi.

Secondo Federico, il dominio migliore e immediato rimane il .it, il resto lascia il tempo che trova e al fine dell’utenza poco cambia, ma per Lorenzo per una radio farsi “rubare” un indirizzo dalla concorrenza non è il massimo.

Per Edoardo, non c’è il rischio di alcuna penalizzazione. Solamente un’alternativa per un dominio. Utile? Dipende dalle strategie. A volte queste nuove estensioni diventano quasi degli obblighi per i big. Immaginate appunto di permettere a qualcuno di far registrare “105.radio, deejay.radio, ecc…”. Comunque male non fanno.

Lorenzo ribadisce che il termine “Online Brand Prortection” c’è. Ed i casi di omonimia nel mondo non sono pochi. Chi avrebbe diritto di aggiudicarsi ad esempio veronica.radio? oppure rtl.radio? Suraci o Radio Television Luxembourg?

Interviene Massimo, il quale evidenzia che questa cosa del .radio (ma varrebbe anche per il dot in generale) è un po’ come discutere se il meteorite fa vendere il Buondì o viceversa se alla fine tutti si concentrano sul sasso che cade dal cielo e del brand (quello vero) lo si dimentichi. Ecco il .quellochevuoitu è il meteorite.

Incalza Fabio, dicendo che per diversificare un nome di dominio dall’altro non vale l’uso di un TLD diverso (ad esempio da un “.it” ad un “.com”), per cui il titolare del marchio che ha registrato un nome di dominio riproduttivo del marchio con il TLD.net può far valere le sue ragioni nei confronti di chi ha registrato successivamente lo stesso nome ma con il TLD.com. Ad esempio è stato inibito (ma solo sul territorio italiano) l’uso del nome www.mediaset.com per un sito che commercializza dispositivi di salvataggio di dati multimediali (in inglese, media set) in quanto determina confusione almeno nel momento iniziale della ricerca e dell’accesso in Internet da parte degli utenti.

Quindi RTL Lussemburgo – aggiunge Lorenzo – ha tutto il diritto di registrarsi rtl.radio così come veronica.radio può finire tranquillamente ad una qualsiasi Radio Veronica in giro per il mondo. Alternativamente puoi decidere di aprire una controversia legale che durerà anni e che non ti garantisce di ottenerne la vittoria. E l’esempio riportato calzante: Mediaset ha vinto la partita in Italia, ma il dominio non se lo è aggiudicato.

Ask Talkmedia: Il caso Fiorello tra Facebook Live Audio e Radio

“Ask Talkmedia” ripropone le riflessioni, le notizie, le discussioni e gli avvenimenti più significativi postati all’interno del gruppo Facebook Fm-World Talkmedia direttamente dagli utenti. Ecco uno dei principali quesiti del mese e le risposte ricevute nel gruppo.

Edoardo R.
Torno a porre l’attenzione su Facebook Live Audio e quindi sulla trasmissione di Fiorello. In questo momento una Live è in onda. A parte la questione “ritorno in radio”, penso sia interessante notare il messaggio dell’immagine “Si ringrazia…”. Cosa ne pensate?

Darko L.
Cosa ne pensiamo del fatto che abbia lo sponsor?

Nicholas P.
Beh, almeno è pulita la cosa. Meglio di altri che nascondono le marchette.

Marco P.
Cosa ne pensiamo… Che non è un vero e proprio “ringraziamento”???!!!

Edoardo R.
Cosa ne pensate del mezzo, dal momento che pare che stia attirando molta attenzione e soprattutto anche l’interesse di sponsor (ok, Wind immagino sia già legata a Fiorello). Sempre che sia interessante per discuterne… mah.

Marco P.
Ma certo Edoardo si fa per scherzare… Parlando seriamente e secondo la mia opinione l’interesse non sta nel mezzo da parte degli sponsor ma del personaggio.. L’interesse per il mezzo è tutto di chi ce lo vede. Secondo me nulla di nuovo, nulla di originale ma solo un personaggio nazional popolare che usa uno strumento e riesce a farsi sovvenzione la sua attività da sponsor importanti come è sempre successo altrove che fosse radio (quella vera) è tv!

Edoardo R.
Marco certo, però è così difficile impostare un dialogo qui su certi argomenti… Io sul mezzo inizio a davere qualche perplessità. Sia dal punto di vista tecnico (è gestito come un video, il che gli toglie quel valore aggiunto che dovrebbe avere se fosse solo audio: per intenderci, se da telefono esci dall’app di Facebook o metti lo schermo in stanby l’audio SI SPEGNE) che dal punto di vista dell’engagement che riesce a creare (Fiorello, nonostante tutto, non sta facendo questi grandi numeri). E credo che Facebook stia “aprendo molto i rubinetti” per farlo girare al meglio… Ero molto più ottimista qualche settimana fa.

Freddy F.
Cosa ne pensate degli ascolti? Per un personaggio come Fiorello……

Edoardo R.
Infatti, a me non sembrano altissimi. Per essere Fiorello e per essere un progetto sostenuto da Facebook Italia.

Fabio N.
Edoardo a mio avviso il mezzo è utilizzato male. Nel senso che, vista la progettazione di Facebook Audio fare “live” da oltre 5 minuti è un suicidio (si interrompe, non puoi navigare tra le pagine, se sei in mobilità si spegne ecc). Anche per questo, secondo me, l’engagement è basso. Tuttavia è piuttosto indicativo il fatto che dal tuo screenshot ci fossero 198 utenti connessi su 1.879 mila follower. Purtroppo non viene reso noto il dato di quanti abbiano partecipato ai 10 minuti in questione.

Edoardo A.
Avrebbe avuto più senso fare una cosa con Spotify. Parere personale. L’avrei ascoltato per curiosità anche io.

Fabio N.
Insomma, quello che fa Bertallot per intenderci, anche se con diversi contenuti. Giusto?

Edoardo A.
Non sapevo di Bertallot ma penso che facendo una collaborazione ad alti livelli con Spotify che, diciamolo, è ormai la piattaforma dove si ascolta la musica, avrebbe avuto un riscontro alto e il mezzo avrebbe avuto più il sapore di una radio vera e propria. Ormai con il Bluetooth o l’aux è ascoltabile anche in auto.

Marco P.
Mmmah… La storia degli ascolti è semplice. Posto che le dirette Facebook che siano video o audio mi fanno ribrezzo, per una cosa però si stanno rivelando utili. Se letti in maniera giusta sono la dimostrazione che i like e le visualizzazioni nei social non fanno di te uno di successo. Io posso mettere un like per simpatia, per spam, per abitudine e non è detto che quel personaggio o azienda mi piaccia davvero come posso vedere un video di Fedez non perché mi piace, ma per semplice curiosità nel vedere quanto quell’artista possa arrivare a farmi schifo… Le dirette di Fiorello son seguite da pochi utenti su Facebook nonostante le sponsorizzazioni di Facebook stesso e di sponsor perché semplicemente i like non sono veri e propri apprezzamenti (come non lo sono gli ascolti che da 20 anni si calcolano dei vari auditel audiradio etc…) Occorrerebbe davvero sedersi attorno a un tavolo e con la tecnologia matura che si ha discutere una buona volta di come questi benedetti ascolti e apprezzamenti vadano calcolati… Secondo me i metodi ci sarebbero e si troverebbero… Ma quanti vorrebbero davvero mettere questo modello in discussione che a tanti…tantissimi sia che siano editori radio, TV e aziende web fanno comodo?! E badate bene che la questione è molto seria perché si gioca la sopravvivenza di gran parte della discografia e di attori anche importantissimi del mondo della comunicazione e Dell’editoria nei prossimi 20 anni!

Freddy F.
Gia, i dati di Facebook la dicono lunga sul reale interesse del programma di Fiorello.
Molte volte si è discusso sulla veridicità dei dati d’ascolto attualmente usati nel mondo radio/tv.
Lo stesso putiferio sui dati d’ascolto radio mediaset in tempi non sospetti fece tremare le scrivanie dei dichiaranti.
Che se ne dica, ma il web sono numeri verificabili al 90% da qualsiasi utente.

 

Fonte discussione: Gruppo Facebook “FMWorld Talkmedia”.

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Radio Nostalgia sbarca a Roma con la digital radio

Radio Nostalgia arriva a Roma con la digital radio (DAB Plus), con un milione di potenziali ascoltatori in più per la radio toscana che trasmette da Carrara.

Capitanata da Andrea Secci e dal fratello Daniele, assieme a Luca Pedonese, l’emittente radiofonica affronta così il difficile mondo radiofonico della capitale.

«Mai nessuna realtà toscana si era spinta così oltre – ha commentato Andrea Secci, soddisfatto da questa nuova sfida – Più che soddisfatto posso definirmi esaltato. So che l’impegno sarà notevole, ma la squadra di Radio Nostalgia è pronta a rimboccarsi le maniche per divulgare sempre più la propria musica e i propri programmi radiofonici».

La radio apuana, tra le più ascoltate in Toscana, si consolida così come un riferimento per quegli ascoltatori che gradiscono ascoltare buona musica, ma anche rimanere aggiornati con frequenti notiziari e rubriche di approfondimento.

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pubblicità radio centro commerciale

Ask Talkmedia: funziona ancora la pubblicità in Radio?

Che ritorni commerciali può avere una grande azienda con molti di punti vendita in italia che punta sulla pubblicità su un grandi network radiofonici?

“Ask Talkmedia” ripropone le riflessioni, le notizie, le discussioni e gli avvenimenti più significativi postati all’interno del gruppo Facebook Fm-World Talkmedia direttamente dagli utenti. Ecco uno dei principali quesiti del mese e le risposte ricevute nel gruppo.

 

Matteo R.

malgrado la notizia di oggi che apprendo solo ora sia un altra voglio riportarvi questo curioso episodio avvenuto domenica pomeriggio:
Mi trovavo a trieste, nel negozio Terranova di Corso Italia. Al momento di andare a pagare la commessa mi fa una stranissima domanda che non mi aspettavo:
Commessa: “hai sentito per caso la nostra publicità degli sconti in giro in questi giorni?”
Io: “no, dove la fate?”
Commessa: “in radio, su RadioX”.
Ora questa domanda fa effettivamente riflettere su una verità: quanti 6 milioni e passa di italiani secondo il famoso e martellante jingle hanno davvero ascoltato lo spot e che ritorni commerciali una grande azienda con un sacco di punti vendita in italia ne trae benefici rispetto che puntare anche solo ad altre emittenti?

Fabio N.

Una domanda che mi pongo da diverso tempo. L’annoso discorso della consapevolezza del “ROI”, ritorno su investimento, per gli inserzionisti.

Nicola F.

Credo che una risposta con dati concreti sia impossibile, se non a percezione. Ricordo quando alcuni inserzionisti di radio locali proponevano uno sconto a chi si presentava, dicendo di aver ascoltato lo spot in radio. Una piccola verifica per avere un tornaconto.
Che sia RadioX o qualsiasi altra emittente, gli eterni dubbi a mio avviso resteranno sempre due: in quanti ascoltano con attenzione lo spot (quindi non come semplice sottofondo) e in quanti, tra coloro che l’hanno sentito, si fanno influenzare tanto da andare a fare volutamente un acquisto.

Pierluigi P.

Sono dati gonfiatiiii! Voglio proprio vedere, se ci fosse stata una legge che vietava di avere una radio e una tv con lo stesso identico marchio altro che 7 fantastiliardi di ascoltatori vero, Nicholas P.?

Nicholas P.

La radio è la radio
La TV è TV
Facciamo una distinzione!!!

Ubaldo F.

Complimenti comunque a questa azienda che cerca di capire realmente se esista un ritorno del suo investimento. Operazione che dovrebbero fare tutti in modo da avere almeno una percezione della realtà oltre ipotetici dati di ascolto.

Maurizio S.

“e se dite che siete ascoltatori di […] un simpatico omaggio per voi”. Lo facevamo 25 anni fa.

Belisario M.

Secondo me l’unico dato che conta è quello dell’azienda più dei dati di ascolto, se la campagna funziona ne rifarà un’altra. Per questo motivo è davvero sbagliato far fare ai clienti investimenti su una radio sola (qualunque essa sia) perché ti prendi il rischio che non funzioni e poi ci rimette tutto il mezzo radio.

Adriano M.

Questo è il motivo della crisi delle radio locali, per anni il titolare gonfiava il petto nel sentire lo spot della sua azienda. Ora i soldi di una volta non ci sono più è la prima cosa ha hanno tagliato è stata la pubblicità

Fabio N.

Adriano M. beh, si sarà reso conto che non funzionava mica tanto quindi ha preferito spendere i soldi altrove. Ad ogni modo, secondo te, cosa è stato fatto per risolvere questo problema da parte delle radio locali?

Fabio N.

Belisario M. quale rischio? Parlerei di valore di una radio rispetto a un’altra. Onestamente fossi io il cliente non approverei mai una programmazione pubblicitaria radiofonica a pioggia, ma conoscendo il mio prodotto vorrei quei posti dove so di poter trovare persone interessate alla mia proposta e non un modo per sovvenzionare “il mezzo radio” che se ci perde o ci guadagna, dal mio lato di cliente non interessa affatto.

Mario B.

Adriano M. crisi delle Radio locali che non hanno un prodotto e conseguentemente ascolti, a differenza delle nazionali le locali hanno l’obbligo di dare riscontro, se c’è il cliente rinnova costantemente le pianificazioni altrimenti ciccia!

Adriano M.

Fabio nulla.

Adriano M.

Mario concordo.

Flavio B.

Mi stupisce che Terranova, catena di abbigliamento rivolta ai giovanissimi, faccia una campagna pubblicitaria su una radio con target decisamente adulto. Sarà stata attirata dai dati di ascolto (milioni di ascoltatori adulti che non troveranno capi adatti a loro negli store)?

Forse sarebbe stato più efficace per loro rivolgersi a un’emittente non nazionale (o ad un pool di queste) ma più adatta, e più probabilmente seguita, dalla propria clientela.

Fabio N.

Flavio B. onestamente per i giovanissimi eviterei la radio come la peste. Almeno tutto il comparto FM oggi come oggi. O comunque NON suggerirei affatto una campagna tabellare.

Adriano M.

Flavio se parli di giovani solo m2o.

Massimo S.

Adriano scusami ma non hai colto giovani = radio proprio non è cosa 😉

Mario B.

Fabio Non sono di questa idea, se vado a rivedere la percentuale nei dati di ascolto abbiamo una presenza della fascia 14/17 pari a 8% e nella fascia 25/34 pari a 10% dell’ascolto totale GM. Considerato che il nostro target é adulto i giovani/giovanissimi sono presenti in quantità “interessante e certamente utile a una pianificazione mirata.

Adriano M.

Massimo in una campagna si valuta il costo-contatto. Terranova è giovani non giovanissimi. Ed poi chi ha pianificato può darsi che punti ai genitori.

Massimo S.

Scusa Adriano sono confuso, mi sembra di essere di nuovo dentro al “ndo cojo cojo”.

Fabio N.

Mario il problema è che ho seri dubbi sulla attinenza alla realtà dei dati di ascolto che, comunque, messi così non sono a mio avviso spendibili. Al di fuori della tabellare ci si può ragionare, programma e prodotto permettendo. Dentro, con questa profilazione “da salumiere” (che è l’unica che si ha a disposizione purtroppo), secondo me per nulla. Almeno lato cliente. Poi lo dici tu stesso: “considerato che il nostro target è adulto”, di conseguenza non pianificherei tabellare su un target che per il 90% è fuori dal mio interesse.

Massimo S.

Fabio non leggo Mario ma la risposta è giusta.

Mario B.

Non sono dati “da salumeria” li abbiamo verificati sufficientemente aderenti alla realtà nella prova “sul campo” e anche se la percentuale é il 10% sui nostri numeri può essere efficace. Per puro diletto ragionieristico, altre emittenti nell’area, votate ai giovani/giovanissimi quindi a target mirato, poi fanno numeri in generale piuttosto bassi e in quelle fasce assolutamente insufficienti a dare il minimo risultato.
Quindi anche in considerazione del fatto che é poi “la mamma” che va a comperare in negozio😂 non scarterei a priori i format adulti, riservano sempre qualche sorpresa.

Belisario M.

Fabio in una pianificazione pubblicitaria nazionale conta molto la copertura del target a cui ti stai rivolgendo e più “teste” prendi maggiore è l’efficacia della campagna. Fare una radio sola è un semi suicidio perché la copertura risulterebbe molto ridotta. E se i clienti rinnovano pianificazioni “a pioggia” come dici tu, non è per sovvenzionare il mezzo radio ma solo perché funziona per vendere. Nessuno fa beneficenza.

Fabio N.

Belisario M. mi dispiace doverlo ribadire, ma questo è un ragionamento vecchio e che a conti fatti non funziona. Ti do anche una direzione verso la quale guardare: Amazon, Google, Facebook, Apple, Samsung… o anche un semplice brief di un cliente. Non dimentichiamo che molto spesso i clienti si affidano a centri media le cui logiche sono un tantino diverse. Che non ha nulla di male, in sé, la cosa, finché alla pianificazione che ti propongono si aggiunga il senso critico a vantaggio del cliente o del prodotto che stai comunicando (e NON vendendo, anche questo concetto appartiene al secolo scorso).
Nella mia esperienza personale uso tutti gli strumenti dell’advertising e ti assicuro che la programmazione a pioggia è quella che funziona meno. Come dimostra il post che stiamo commentando. E’ proprio vero che siamo un po’ “indietro” su questi temi qui in Italia.

Belisario M.

Fabio confrontare le modalità di pianificazione di mezzi diversi è come paragonare le mele con le pere, il social e il digital non sono la radio, le caratteristiche del mezzo sono diverse. Tutte le campagne che funzionano in radio sono proprio quelle che utilizzano le basi delle pianificazioni pubblicitarie corrette o i ragionamenti vecchi come li chiami tu. Te lo dico avendo 20 anni di esperienza nel settore. Pur se le logiche dei centri media sono diciamo complesse il risultato di una campagna è far vendere il cliente altrimenti non si andrebbe da nessuna parte e visto che i clienti che pianificano la radio attraverso buone coperture sono la maggior parte e rinnovano continuamente è abbastanza evidente che lo fanno perché funziona. Chi invece si limita a pianificare una o due emittenti (salvo casi specifici con target particolari tipo i finanziari su r24) non ha i risultati sperati e pensa che il mezzo non funzioni.

Fabio N.

Belisario non ci siamo capiti o stiamo dicendo la stessa cosa. Io intendo che la profilazione e la corretta individuazione del pubblico siano i fattori efficaci per una campagna (lo dimostri anche tu con “i finanziari” su r24, del resto dove il “prodotto” incontra il target) e non la modalità “raggiungi tutte le persone”. Una delle colonne portanti di ogni strategia marketing di cui la comunicazione (che porta alla vendita, la pubblicità non è la vendita) è l’ultimo degli anelli, ma andiamo OT.

Belisario M.

Fabio ma certo, in primis il cliente deve conoscere il proprio target per poi pianificare le emittenti giuste, quando dico che è necessaria la maggior copertura possibile implicitamente intendo sul target di riferimento.

Massimo S.

Se in Italia non si utilizzasse sempre la stessa identica strategia pubblicitaria, la famosa “ndo cojo, cojo” questo post passerebbe alla storia come il più inutile mai visto ma nel 2017, ancora ci si interroga sul livello di inconsapevolezza della comunicazione in Italia e lo intendo da entrambi i lati, editore e investitore pubblicitario, con l’aggravante da imputare all’editore che dovrebbe invece guidare il cliente.
Siamo ancora allo spottino a un euro a passaggio chiesto all’amico barista che si è andati a trovare con una scusa qualsiasi, stiamo ancora pensando che la pubblicità “crei bisogni” anziché, come è sempre stato, risponda a delle domande…
C’è una precisa definizione a questo modo di “vendere pubblicità” che si può visualizzare con lo scaffale del supermercato dove tutti i prodotti urlano “anch’io, anch’io” alla massaia carrellata. È quello che un grandissimo pubblicitario italiano – sono rari quelli bravi ma ogni tanto uno lo si trova – Ruggeri, chiamava “Rumore di Fondo” e che oggi definiamo “Spam”.
Pensiamo che l’assunto “molti spot = molte vendite” sia la strada giusta e intanto ridiamo stupiti a meme come il meteorite o ai pataca di Poltronesofà.

Massimo S.

Aggiungo anche che essendo poi passata la teoria secondo cui la radio e la tv commerciale “sono meglio perché non paghi il canone”, si è dimenticato che il prodotto pubblicizzato costa di più perché per il cliente, la pubblicità non è investimento ma costo e, di conseguenza più il prodotto è pubblicizzato male (a pioggia come notava giustamente Fabio) più il prezzo che pagherà l’utente sarà alto non avendo di ritorno, adeguata qualità, non almeno all’altezza della promessa fatta nello spot. Ed è anche abbastanza semplice capirne il perché; se il prodotto comincia a costare troppo in produzione, per farlo restare dentro ad una certa fascia di prezzo, lo si comincia a svuotare di qualità tanto che il Buondì Motta (che è della Bauli, un po’ come l’Ichnusa o la Moretti sono di Heineken) dopo 10 passi, ti avrà ancora una vokta impalugato la lingua da non riuscire più a parlare, tutto ciò nonostante il meteorite punisher e così sarà per sempre. (amen)

Moreno L.

A mio modesto parere per quanto bassa sia la penetrazione di uno spot radiofonico è sicuramente molto superiore ad un banner internet. Come è vero che tutti ci deconcentriamo quando ascoltiamo la pubblicità è ancora più vero che i nostri occhi mascherano i banner con l’unica funzione di trovare dov’è la crocetta per chiuderlo.

Stefano M.

Posso dirvi che negli ’90 un noto brand nazionale testava gli spot televisivi prima della loro emissione su campioni di persone selezionati in base a precise caratteristiche. La pubblicità inedita veniva montata all’interno di blocchi “presi dalla realtà” (il montaggio lo facevo io), e poi inserita dentro ad un telefilm, ad un serial, ad un cartone animato oppure ad un programma d’intrattenimento. I campioni di persone selezionati assistevano alla proiezione come al cinema ignari del fatto e di chi avesse organizzato la cosa per non essere in alcun modo influenzati. Al termine dello “spettacolo” dovevano rispondere ad un test dove veniva domandato loro il nome di un prodotto ad es. “di mele”. Alcuni ricordavano la marca in modo spontaneo, altri la ricordavano sollecitati con un aiuto (qualche parola dello spot o l’accenno della musichetta), altri la ricordavano a fatica o per niente. Veniva verificato l’esito anche in funzione del posizionamento nel blocco pubblicitario (in testa, a metà o in coda), o della quantità di ripetizioni. Spesso ho montato anche diverse versioni, di solito con piccole differenze di testo, di grafica, di dominante cromatica, di musica… A seconda dei risultati passava in tv lo spot che aveva ottenuto il maggiore riscontro per il target prescelto… Nulla viene mai lasciato al caso… Nessuno fa costosi investimenti sperando in un qualche ritorno. Ai vecchi tempi la pubblicità in radio era comunque vista come un “economico” supporto a quella trainante televisiva.

Fonte discussione: Gruppo Facebook “FMWorld Talkmedia”.

LEGGI ANCHE:
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– Ask Talkmedia: Come riavvicinare i giovani al mondo radiofonico?

Ask Talkmedia: Da Web Radio alla trasmissione su FM, DAB o Digitale Terrestre

“Ask Talkmedia” ripropone le riflessioni, le notizie, le discussioni e gli avvenimenti più significativi postati all’interno del gruppo Facebook Fm-World Talkmedia direttamente dagli utenti. Ecco uno dei principali quesiti del mese e le risposte ricevute nel gruppo.

Federico S.

Visti i quesiti ricorrenti, anche in privato da membri di questo stesso gruppo, vorrei se possibile che persone più titolate ed esperte senz’altro di me facessero un po’ di chiarezza su questi argomenti (penso possa interessare a molti questo post).
Si parla di Webradio, che vogliano trasmettere anche in FM oppure DAB oppure Digitale Terrestre.
a) Una webradio, per poter andare in FM, necessita di concessione + frequenza + presenza di almeno 2 dipendenti nella società collegata giusto (o 3?) ?
b) Una webradio, per poter andare sul DAB, puo’ andare anche senza concessione FM e frequenza FM, come semplice fornitore di contenuti, o servono comunque anche concessione + frequenza?
c) Una webradio, per poter andare sul Digitale Terrestre, deve avere sempre una frequenza FM accesa, quindi anche una concessione, e quindi solita presenza del numero minimo di dipendenti?
Grazie mille a chi risponderà e farà chiarezza.
Capisco che per molti siano ovvie queste domande, ma preferirei che rispondesse chi ha a che fare quotidianamente con queste problematiche, senza alimentare la già presente confusione.

Antonio B.

Penso di poter rispondere al primo quesito con un si. Quanto al tipo di concessione dipende dal tipo di radio, se commerciale o no. I dipendenti dovrebbero essere solo due.

Massimo L.

a) corretto 2 dipendenti (se commerciale); b) solo come Fornitore di contenuti in tecnica numerica nuovo entrante oppure acquisendo una concessione FM + aut. fornitore contenuti digitali; c) solo come Fornitore Servizi Media Audiovisivi (che non ha vincoli di dipendenti)

Ugo L.

Non parlerei di webradio, bensì in generale di soggetti (società, cooperative o associazioni).
punto a) deve subentrare in una concessione commerciale o comunitaria, che abbia almeno una frequenza legittimamente operante.
punto b) è necessaria l’autorizzazione per fornitore di contenuti. per chi e’ concessionario la prosecuzione in tecnica digitale è stata già a suo tempo riconosciuta. Per i nuovi soggetti va inoltrata domanda al MiSE. Quindi bisogna entrare in un consorzio già operante nelle aree all digital, che veicolerà il soggetto nelle province per le quali ha ricevuto l’abilitazione.
punto c) idem come al punto b) solo che qui entrerebbe in gioco il discorso del LCN. Dipende se trasmetti solo audio o contenuti multimediali evoluti come immagini ecc. Nel primo caso e’ sufficiente l’autorizzazione di fornitore di contenuti radiofonica, nel secondo serve l’autorizzazione di fornitore di contenuti FSMA che può essere richiesta ex novo o trasferita da un soggetto già abilitato.

Ugo L.

Vedo che ti aveva già risposto in maniera esauriente l’ottimo Massimo.

Massimo L.

Hai comunque precisato opportunamente anche tu sulla questione delle successioni nei titoli e delle aree all digital.

Flavio B.

A quanto hanno descritto gli altri, aggiungi la trasformazione della licenza SIAE (e SCF).

Gino C.

Ai chiarimenti degli ottimi ed esaustivi Massimo e Ugo mi permetto di aggiungere che nei mux DAB hanno priorità i concessionari già operanti in FM ed in possesso dell’autorizzazione per fornitore di contenuti a seguire i medesimi con un eventuale secondo contenuto con relativa specifica autorizzazione ed infine i fornitori “terzi” ovvero quelli non già concessionari che intendono trasmettere sulla piattaforma digitale DAB a condizione che ne abbiano i requisiti.

Emanuele S.

 Giusta ed essenziale chiarificazione Gino.

Fonte discussione: Gruppo Facebook “FMWorld Talkmedia

Ask Talkmedia: chi assegna il codice PI RDS di un’emittente radiofonica FM?

“Ask Talkmedia” ripropone le riflessioni, le notizie, le discussioni e gli avvenimenti più significativi postati all’interno del gruppo Facebook Fm-World Talkmedia direttamente dagli utenti. Ecco uno dei principali quesiti del mese e le risposte ricevute nel gruppo.

 

Domingo. C.:
Buongiorno, ho una domanda per la quale ho difficoltà a trovare una risposta precisa: chi assegna il codice PI RDS di una emittente radiofonica FM? Esiste un modo e/o criterio per generarlo? Un database ufficiale?

Emanuele F.:
Un database c’è, non so dove sia consultabile, però c’è, chi lo assegna invece per me è un mistero.

Alessio A.:
Se vai su fmscan[.]org trovi un database con tutte le emittenti e i relativi codici. Che io sappia è la stessa emittente radiofonica a decidere il proprio codice tenendo conto di alcuni parametri. La prima cifra identifica il paese (nel caso dell’Italia il nº5). La seconda credo che identifichi una radio nazionale da una regionale ad una locale. Le altre due le sceglie l’emittente.

Non è raro il caso di radio che in bacini distanti o confinanti abbiano lo stesso codice PI con relativo impazzimento dell’autoradio che salta da una radio all’altra in base all’intensità del segnale.

Daniele D.:
Alessio Aloisi confermo, e l’emittente a farlo, ho un amico in una Radio locale e lo ha modificato lui stesso il PI.

Fonte discussione: Gruppo Facebook “FMWorld Talkmedia”