Mancava in onda da qualche anno e il suo ritorno in radio è risultato particolarmente gradito dal pubblico che lo segue da tempo.
Stiamo parlando di Marco Biondi, che dopo esperienze su importanti network quali Radio Deejay, Radio 105, Radio Italia Network, Play Radio e Virgin Radio, ha deciso di tornare protagonista con un progetto sperimentale e completamente diverso.
Da maggio è direttore artistico di Radio Vigevano, una emittente web dal taglio locale. Da giugno ha ripreso a trasmettere conducendo “Matchbox”, un contenitore di informazione musicale il cui nome trae origine dal primo programma che presentò in radio. E in parallelo, segue artisti emergenti ed è impegnato artisticamente su diversi fronti.
Oggi, Marco Biondi esce allo scoperto, annunciando che Radio Vigevano è solo il primo tassello di una rete di webradio locali che, passo dopo passo, cercherà di unire le tante anime, tradizioni e culture che compongono l’Italia.
Partiamo dall’inizio, cercando di capire dallo stesso Biondi che cosa è successo in questi ultimi mesi.
* Che cosa ha significato tornare a fare radio?
Tornare a fare radio in prima persona è stata un’emozione incredibile. Per un attimo, quando ho cominciato a preparare il programma, ho pensato “mollo tutto e voglio fare solo questo”. ‘Matchbox’ è un programma che mi dà grandi soddisfazioni, ma che dietro ha una lunga preparazione. I contenuti proposti sono frutto di mie ricerche, io non ho mai avuto autori e così voglio andare avanti anche in questo progetto.
* Che cosa cercano da te i tuoi ascoltatori?
Chi mi ascolta è abituato ad avere da me determinati contenuti. La radio outro-intro non fa per me, non critico assolutamente chi la fa e so che un certo tipo di radiofonia oggi la impone, ma non saprei nemmeno se sarei in grado di farla veramente. Io sono una persona molto pignola e quindi il “problema” (se vogliamo considerarlo tale) di ‘Matchbox’ è quello che c’è dietro, la realizzazione dei contenuti e di ciò che li unisce, non tanto il programma in sé che nel momento della conduzione diventa il momento più divertente e che offre le maggiori soddisfazioni.
* Che tipo di pubblico ti segue oggi in radio?
Un 70% del pubblico che mi segue è gente che già mi conosceva. Sono tipologie anche diverse, perchè c’è mi ha conosciuto quando proponevo pop su certe emittenti, house su altre e rock su altre ancora, tutte unite però dall’interesse per l’informazione musicale. Ciò che mi stupisce piacevolmente sono gli adolescenti e i giovani. E’ probabile che questo sia dovuto al mio impegno promozionale di band emergenti. In ‘Matchbox’ cerco di lanciare messaggi anche a loro. E le risposte arrivano.
* La domanda che ti avranno fatto in molti è: perchè proprio Radio Vigevano? Perchè un progetto emergente e poco noto al pubblico?
Avevo bisogno di qualcosa di nuovo e originale. E’ vero: siamo piccoli, non siamo un grande brand, non siamo in FM, siamo imperfetti, ma siamo diversi e lo saremo sempre di più, per essere intriganti e affascinanti. Non volevo (e non voglio tuttora) fare una radio uguale alle altre perchè sarebbe stupido. Un certo tipo di radio c’è già e non sarebbe vincente inseguirla. Col web possiamo sperimentare musica e programmi, nessuno ci chiede di mettere le solite cose o fare intrattenimento in un determinato modo. Quindi possiamo sperimentare contenuti. Parliamo di libri, parliamo di trucchi, parliamo di informazione musicale ed è una informazione musicale ancora più concentrata di quanto proponevo in passato, perchè sul web hai più libertà di azione. In base a questo spero di poter proporre contenuti sempre più innovativi, originali e interessanti.
* In questi giorni sei stato a Salerno e a Trani, come hai documentato sui social, dove godi di grande seguito. Che cosa bolle in pentola?
Tantissime cose. Io ho abbracciato il progetto di Radio Vigevano perchè sentivo l’esigenza di tornare ‘piccolo’, volevo ritrovare l’energia delle radio locali. E il progetto di Radio Vigevano si era abbinato ad alcuni corsi radiofonici che stavo realizzando. Poi, l’editore mi ha raccontato di un’idea che andava oltre: creare diverse “locali” sul web che possano coinvolgere professionisti dei vari territori, confezionando una serie di emittenti unite da un format ben preciso, ma rivolte – ognuna di esse – al proprio territorio. Questo sogno sta iniziando a realizzarsi. Non so quanto ci vorrà, non so se raggiungeremo tutta l’Italia, ma due soggetti, nelle località che hai indicato, sono già in fase di realizzazione. Noi intanto continuiamo a cercare investitori, che credano nel nostro progetto di una nuova radio locale che parli al loro territorio.
* E queste emittenti saranno unite anche da Matchbox?
Certo, ‘Matchbox’ sarà un programma che andrà in onda su tutte le radio collegate al circuito.
* Come noto, ti occupi anche di corsi radiofonici rivolti prevalentemente ai giovani, ma i giovani oggi sono attratti dalla radio?
Forse non i giovanissimi, ma i giovani sono ancora attratti dalla radio, purchè si parli nel loro linguaggio. Quando abbiamo aperto il corso “Do You Radio” una delle cose che ci piaceva di più era non tanto trovare appassionati di radio, ma dare la possibilità ai giovani di provare a fare radio e capire se c’erano in loro potenzialità. E tante persone che non ci avevano mai pensato, hanno trovato una passione che non conoscevano. Il messaggio quindi è “provate a fare la radio”, la radio si può fare anche per divertimento e non solo per lavoro. Ti racconto un aneddoto curioso. L’anno scorso siamo stati chiamati in un villaggio turistico in Sardegna. Io e Luigi Speciale (che insieme a PF Colombi e Cesare Zanotti aveva ideato con me il progetto) abbiamo realizzato corsi per giovani di età dagli 11 ai 18 anni. Il ritorno è stato superiore alle aspettative. Ogni giorno avevamo decine di ragazzi, alcuni di essi sono rimasti con noi per tutto il periodo della vacanza. E il motivo è stato semplice. Davamo a loro la possibilità di mettersi alla prova, facendo loro annunciare la musica che loro stessi ascoltano. Si sono ritrovati in un contesto a loro familiare che li ha completamente coinvolti.
* Le generazioni dunque avanzano e di conseguenza le radio devono cambiare. Come sarà, secondo te, la radio tra 10 o 20 anni?
A braccio e senza avere la sfera magica, io credo che potrebbe succedere quanto accaduto in televisione. Sicuramente troveremo più offerta, più contenuti, più format e qualcosa che si avvicini ai nostri gusti, con una personalizzazione del contenuto. Il brand però resterà importante. Vi saranno numeri più bassi per i grossi network (che però rimarranno) ed una offerta più parcellizzata su diverse realtà. Raiuno e Canale 5 una volta facevano 10-15 milioni in prima serata, oggi ne fanno 5-6. In radio dovrebbe succedere un qualcosa di simile. Poi è ovvio che se vai sulla massa, le prime radio che si vanno a cercare ancora oggi sono sempre quelle. Tuttavia, ritengo che più varietà c’è (e ci sarà) nel mondo radiofonico, meglio è (e sarà) per tutti. Come ho dichiarato qualche mese fa nel vostro “Salotto”, ‘La radio sta andando verso una bellissima direzione’.
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