Dalla radio alla musica, dagli eventi alla discografia.
Marco Biondi è stato protagonista di una serata – gestita sia in presenza che online – presso l’associazione Laboratorio Eccellenze Italiane di Milano.
A condurre l’intervista – che riportiamo in coda a questo articolo – è stata Claudia Reali.
L’intero contributo è disponibile online, ma abbiamo contattato Biondi per un resoconto dell’iniziativa svoltasi lo scorso venerdì 11 marzo.
- Partiamo dall’inizio: come è nata l’idea di questa serata-intervista?
Me l’ha proposta Peter Bescapè, che è con me a Giornale Radio; lui è il regista del programma di Luca Telese “L’Attimo Fuggente” in onda ogni mattina dalle 7 alle 9 su Giornale Radio. Peter è anche un bravo fotografo ed ha uno studio fotografico in zona Bande Nere dove ogni tanto fa degli incontri dentro questo “Laboratorio Eccellenze Italiane”, sono incontri sempre molto interessanti e quando mi ha proposto di farne uno con me protagonista non ho esitato nemmeno un attimo. So bene quanto Peter sia un professionista molto esigente sul lavoro, per cui sapevo di essere in buone mani.
- La tua carriera è caratterizzata da tanti elementi: dalla radio alla discografia, dai corsi per conduttori a nuovi artisti emergenti. Come si è evoluto questo percorso? C’è un qualcosa a cui sei legato particolarmente?
Ho avuto la fortuna di vivere un periodo particolarmente florido a livello artistico e culturale, mi riferisco a tutto il trentennio 70/80/90, un periodo dove gli Artisti influenzavano culturalmente i loro fan e tutto il mainstream. Ho avuto la fortuna di vivere gli anni ’90 in una Radio Deejay che a livello creativo era esplosiva, per cui ho avuto la possibilità di misurarmi sempre su vari fronti ed ho capito presto che ogni attività inevitabilmente ne alimentava un’altra e tutte si alimentavano e si influenzavano reciprocamente. Sono legato a tutte le mie attività, anche se devo dire sinceramente che oggi la Radio non è più la mia attività principale, la Radio bene o male è il mio passato e ancora un pochino del mio presente, ma faccio fatica a immaginarmela come il mio futuro, che sarà invece sempre di più indirizzato vero la mia attività con Sorry Mom! Management e con i corsi radiofonici.
- Oggi sei station manager di Giornale Radio, un’emittente all news che si è sviluppata prevalentemente sul digitale. Com’è cambiata negli anni la radiofonia? Ti identifichi ancora nella radio che ascoltiamo oggi?
Giornale Radio si sta sviluppando sicuramente sul digitale, anche se in questo momento l’FM ha ancora una sua importanza predominante, non a caso in Lombardia e Lazio abbiamo le nostre belle frequenze che viaggiano bene. La radio in generale oggi è molto cambiata, ogni periodo ha le sue mode, la sua cultura, le sue radio. Io ho fatto il mio e come ti dicevo sono poco interessato a fare Radio oggi. Molti mi chiedono da anni di tornare in onda con un programma mio e la cosa mi fa certamente molto piacere, ma io non sono più “quel” Marco Biondi che avete conosciuto, sono cambiato, ho altre esigenze e altre passioni. Sono strafelice ed orgoglioso di quello che ho fatto ma oggi fare un programma in radio non è più quello che voglio fare. Poi, sai, dipende da quello che mi viene proposto. Io ho un ultimo programma che è lì nel cassetto da tempo e che mi piacerebbe realizzare prima di staccare del tutto il cordone ombelicale che mi lega alla Radio, ma non so se riuscirò mai a realizzarlo, onestamente non credo.
- Il tuo contributo a Giornale Radio non vede la tua presenza in voce, ma se dovessi realizzare questo ritorno, in che modalità sarebbe?
Giornale Radio, come altre radio prima di lei, mi ha proposto varie volte di andare in voce, ho sempre ringraziato ma ho declinato l’invito, far convivere nella stessa giornata e ogni giorno tutte le mie attività è molto complicato ed è una situazione molto difficile da realizzare. Io poi sono uno molto (troppo) pignolo ed esigente nei confronti di quello che faccio, per cui ogni mio programma richiede una preparazione impegnativa che mi porterebbe via troppo tempo dalle mie altre attività. Io ho sempre preparato da solo tutti i miei programmi, sono sempre stato l’autore di me stesso in tutto e per tutto, sorrido quando vedo oggi che programmi con poco contenuto si avvalgono pure di una redazione. Certo, se un domani avessi la garanzia di avere un aiuto in questo senso se ne potrebbe parlare. Mai dire mai, ma la vedo comunque piuttosto difficile.
- Durante l’incontro di venerdì hai raccontato diversi aneddoti, alcuni inediti. C’è qualcosa di particolare che ti è successo e che ci vuoi raccontare?
In tutti questi anni ne sono successe tante di cose, ho avuto la fortuna di vivere una radiofonia che faceva succedere cose tutti i giorni e sempre ad alto livello. Ho incontrato artisti sconosciuti che poco dopo erano autentiche star, come quella volta che a Deejay mi venne chiesto di intervistare un’artista sconosciuta che era in Italia per fare promozione ma nessun media voleva intervistarla. Il programmatore di Deejay mi disse: “Marco dobbiamo fare un favore alla Warner, per cortesia fai questa intervista? Poi non la mandiamo in onda, ma almeno facciamo fare bella figura a etichetta e artista”. Avrei potuto dire di no, non ci sarebbe stato nessun problema, ma invece dissi di si. Il fatto che fosse un’artista sconosciuta per me era un plus, a differenza di molti io sono sempre stato molto curioso. Mi feci mandare il CD per ascoltarlo e preparare l’intervista e scoprii un album meraviglioso che cominciai subito a suonare in Pop News, ogni giorno con un brano diverso. Venni anche cazziato per questo (“Biondi basta con questo cazzo di album!”). Feci quell’intervista, lei si chiamava Alanis Morissette, l’album era “Jagged Little Pill”. Sappiamo tutti cosa è successo dopo.
- Per finire, una domanda che guarda al domani. Che radio ascolteremo tra dieci-vent’anni? Verso che direzione deve andare la radio per essere protagonista?
La radio è comunicazione, informazione ed emozione, sono queste per me 3 cose fondamentali, se manca qualcuna di queste la radio perde molto del suo significato principale. Le prime due sono sempre presenti anche oggi, anzi l’informazione è pure troppa oggi e spesso faziosa o fake, mentre sento che manca molto l’emozione, manca a volte il far vivere emozioni a chi ti ascolta. Se recuperiamo una sana informazione e l’abitudine ad emozionare, la radio avrà sicuramente lunga vita. Fra 10 o 20 anni sicuramente io sarò totalmente fuori dalla radio, se sarò ancora in questo mondo probabilmente mi divertirò nel cercare di capirla e di essere al passo con la sua evoluzione, non mi è mai piaciuto essere fuori dai giochi, soprattutto in campi dove so di essere stato un protagonista.
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