Le difficoltà dei media ungheresi: Klubrádió resiste
Che cosa rimprovera di preciso l’Unione Europea all’Ungheria in tema di libertà di stampa e d’opinione, uno dei motivi principali per cui questo Paese è sotto accusa da anni in sede continentale (e non solo, ovviamente), anche se di provvedimenti veri a suo danno finora se ne sono visti pochini? Formalmente in Ungheria si vota regolarmente e il premier Viktor Orbán con il suo partito Fidesz le elezioni le ha vinte, anche di recente, senza necessariamente ricorrere a brogli.
Il problema è un altro, allora. In che condizioni si sono svolte queste elezioni, quale è stato lo spazio per l’opposizione e soprattutto quale libera circolazione di idee e opinioni c’è in Ungheria? Quali media ci sono inoltre nel Paese e cosa possono o non possono dire e fare, nei fatti?
Da quest’ultimo punto di vista la risposta è facile: molto, se non moltissimo, è di fatto nelle mani di Orbán (vedremo come), che non concede che le briciole sia alla libertà di stampa che alle Radio e Tv o ai siti indipendenti. E in questo modo i risultati delle elezioni sono in qualche modo segnati.
Un recente articolo di Raffaele Oriani sul ‘Venerdì di Repubblica’ spiega molto bene la situazione e ci fa capire come stanno le cose in Ungheria.
Intanto, in occasione delle elezioni dei mesi scorsi, “il candidato dell’opposizione Peter Marki-Zay ha avuto cinque minuti… (in tutto; N.d.R.) per rivolgersi agli spettatori della Tv di Stato”. Ma se questo comportamento della Tv pubblica Mtva (del cui gruppo fanno parte anche alcune Radio e un’altra Tv nota anche all’estero, Duna) era in qualche modo prevedibile, c’è anche ben altro a impedire l’effettiva liberta dei media in Ungheria.
Il sistema-chiave si chiama Kesma (Central European Press and Media Foundation), una fondazione che gradualmente ha preso il controllo, da alcuni anni a questa parte, di una quantità incredibile di media, appunto, calcolata in 500 testate editoriali, compresa la maggioranza dei molti e importanti giornali locali, quella che è considerata l’unica Radio privata nazionale e una rete Tv di rilievo.
Di che si tratta? Per Csaba Lukács, direttore del settimanale investigativo ‘Mahyar Hang’, “nell’Ungheria di Orbán c’è il palazzo Kesma, che dal centro di Budapest gestisce un impero mediatico al cento per cento fedele al partito Fidesz”.
“La fondazione nasce il 28 novembre 2018, quando una decina di tycoon vicini a Orbán decidono di devolvere simultaneamente e gratuitamente tutti i propri asset editoriali” – spiega Oriani sul ‘Venerdì’. E la creazione di Kesma ha permesso di coordinare e diffondere al meglio le ‘opinioni’ di Orbán e del suo partito. A presiedere Kesma è peraltro Gábor Liszkay, considerato un fedelissimo del premier magiaro.
Secondo centrumreport.com (sito specializzato sull’Europa centrale), poi, “Kesma è un chiaro esempio di concentrazione mediatica che ha reso ancora più evidente la disparità di forze esistente fra i media indipendenti e quelli vicini all’attuale Governo magiaro”.
E c’è dell’altro. A causa della crisi pubblicitaria di qualche tempo fa, “da quattro o cinque anni lo Stato ungherese è divenuto… il principale inserzionista pubblicitario dell’informazione”. Si possono immaginare le conseguenze, come spiega Sándor Orbán (solo casualmente omonimo del premier), direttore del Centro per il giornalismo indipendente di Budapest (Cij): “Questo indirizza la pubblicità verso i media vicini al Governo privandone quelli che lo criticano oltre a influenzare le compagnie pubblicitarie private. La maggior parte di esse sceglie di non acquistare spazi su testate distanti dalle posizioni governative”.
Ma qualcuno resiste lo stesso, come accade sempre in frangenti simili, o prova a farlo. È il caso della storica Klubrádió, che si è mossa con efficacia anche in sede europea quando il Consiglio ungherese dei media ha respinto la sua domanda per l’ulteriore uso delle frequenze radiofoniche in Ungheria e riesce adesso a sopravvivere ugualmente on line. E le cose, forse appunto per la natura realmente indipendente di Klubrádió, non vanno poi così male.
Lo rileva un bel servizio di Andrea Ostinelli della svizzera rsi.ch del marzo scorso: “Una voce indipendente resiste in Ungheria, Paese caduto nell’arco di un decennio, dal 56esimo al 92esimo posto nella graduatoria sulla libertà di stampa di Reporter Sans Frontières. È quella di Klubrádió, storica emittente generalista, che dopo essere rimasta senza frequenze per decisione amministrativa, ora viene ascoltata on line da un pubblico in crescita”.
Secondo il direttore (da ben 21 anni) di Klubrádió András Arató, “abbiamo cominciato nel settembre dell’anno scorso ad ‘allenare’ il nostro pubblico a usare internet. E miracolosamente possiamo dire che anche persone con più di 90 anni hanno ‘studiato’ internet, hanno comprato o ricevuto un computer, solo per seguire il nostro programma. Così abbiamo più ascolti di prima di perdere la nostra frequenza”. In più ci sono le ‘decisive’ donazioni in denaro del pubblico stesso della stazione ungherese.
Un elemento di speranza, in un quadro complessivo desolante, ed è bello e significativo che arrivi da un’emittente radiofonica. Il mezzo si conferma agile, flessibile, tenace e dotato di una gran voglia di continuare a vivere liberamente.
Mauro Roffi
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