Addio Ubaldo Ferrini, autorevole firma del settore radiofonico

Una notizia che ha lasciato senza parole tutti coloro che vivono da vicino il mondo della radio.

È scomparso improvvisamente, all’età di 57 anni, Ubaldo Ferrini, giornalista e autore di diversi testi inerenti il settore radiofonico.

Da alcuni mesi, inoltre, collaborava col quotidiano “La Notizia”, dove aveva intervistato diversi protagonisti della radiofonia italiana.

Numerosi i messaggi di cordoglio nei suoi confronti, anche dal gruppo Talkmedia di FM-world, dove era particolarmente popolare con i suoi contributi.

Ubaldo Ferrini vantava un lungo percorso nella radiofonia siciliana ed in particolare catanese, dov’era originario.

Gli ultimi suoi interventi, soltanto pochi giorni fa, in occasione del World Radio Day, su Radio Taormina e su Radio Cusano Campus.

La redazione di FM-world porge alla famiglia del collega le più sentite condoglianze.


Riceviamo e pubblichiamo un ricordo di Ubaldo Ferrini dal collega e amico Carmelo Aurite.

La radiofonia italiana piange commossa, Ubaldo Ferrini, nato a Catania 57 anni fa.

Ubaldo Ferrini ha lasciato un silenzio assordante nel mondo della storia della radiofonia anche nazionale.

Da sempre la comunicazione per lui era stata di famiglia e di casa, da quando in tenera età conduceva su Tele Sud, l’emittente fondata dall’indimenticato padre Mario Ferrini, il programma per bambini il “Trittichino”.

Poi tantissimi anni come voce autorevole nelle radio libere catanesi e da primo autentico Vj a TelesiciliaColor, Tele D. dove è stato tra i primi a portare la Radio in TV.

Ubaldo è stato il primo a capire il talento di quelli che sono diventanti i grandi nomi della radiofonia e della musica, intervistando per primo personaggi come Amadeus o “Gli articolo 31”, solo per fare qualche esempio. Nel 1992 aveva fondato Metropolis Dj Point in via Obberdan a Catania. Ubaldo è stato tutor radiofonico presso l’Università di Catania e docente di corsi di formazione in enti pubblici e privati. Nel 2016 ha ricevuto anche un premio assegnato dall’Accademia delle belle Arti di Catania, nel settore Radio e Comunicazione.

Nel capoluogo etneo era noto come autore e promotore di svariati eventi come le sette edizoni di Fm Story e due meeting della comunicazione. Ha scritto per tanti anni per “Newslinet”, “Consulenza Radiofonica” e “Jocks Mag”.

Ubaldo aveva una fare amichevole e da fratello maggiore con tutti i colleghi. Pur essendo un maestro nel settore comunicazione si poneva sempre con l’umiltà di chi voleva sempre imparare.

A quanti gli hanno voluto bene Ubaldo ha lasciato a imperitura memoria la sua opera di cui andava molto fiero “La Radio Libera, la radio prigioniera”, che di recente aveva celebrato dal vivo anche in un happening intitolato “Una città da Cantare”.

L’evento ha riunito tutti i protagonisti della radiofonia, del giornalismo, della musica e di quanti hanno dato negli anni un contributo importante al mondo della comunicazione in senso lato. Siamo sicuri che la voce profonda di Ubaldo continuerà ad echeggiare ancora nell’etere e nella memoria di quanti l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene.

I funerali si terranno venerdì 23 febbraio nella Basilica di Santa Caterina, la chiesa Madre di Pedara, alle ore 16,00.

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

Parlare di radio a tutti: il caso ‘cartaceo’ di Ubaldo Ferrini

Ubaldo Ferrini è un conduttore radiofonico, ma anche autore di testi e articoli dedicati al mezzo di comunicazione che ama maggiormente.

Da qualche settimana, è firma del quotidiano “La Notizia” – nella pagina cultura e spettacolo – di una rubrica a cadenza fissa in cui si parla di radio e dei suoi protagonisti.

Un caso alquanto particolare, dato che la carta stampata ha quasi sempre dedicato spazi occasionali – e non costanti – a questo mezzo.

Lo abbiamo contattato per sapere come è nato questo appuntamento periodico e per fare suo bilancio attuale della radio.

* Da qualche tempo, hai una rubrica settimanale su un quotidiano cartaceo (La Notizia), con l’intervista ad un grande personaggio della radio. Il tuo è un caso unico, perché non esiste quotidiano che dedichi così tanto spazio a questo mezzo. Raccontaci come nasce questa idea e come hai ‘convinto’ il giornale in questione sulla bontà del progetto.

«Quello che mi stupisce e che mi ha sempre sorpreso è che non sia mai avvenuto sinora, che si parli di radio sui quotidiani molto di rado e spesso in funzione di specifici accadimenti; lo si è fatto di recente, per esempio, per “sentire” il parere di alcuni deejay sul successo di un determinato gruppo, magari in seguito lo si farà ancora per indagare su altre mode o fermenti, ma mai con uscite regolari e quasi mai per conoscere la storia di un personaggio e quello che pensa sul mondo della radiofonia.

Si parla spesso, forse anche troppo, di televisione e quasi sempre dei soliti noti; non so con esattezza perché questo capiti, probabilmente si ritiene che la radio non interessi abbastanza, o è presumibile che altre forme d’arte, come anche il cinema, godano di un supporto promozionale più forte che tende a sovrastare tutto il resto e a trovare spazi con maggiore facilità.

Mi godo questa bella novità su La Notizia che rappresenta un grande traguardo professionale, merito di un giornale che non ha timore di percorrere nuove strade e che ha puntato con decisione sul progetto di dedicare una volta la settimana la pagina cultura e spettacolo al mondo della radio e ai suoi protagonisti».

* La radio è ascoltata da tutti, ma i vari appassionati (interessati a curiosità e tecnicismi) non sono molti. Che tipo di linguaggio utilizzi e che domande poni per rendere accattivante l’intervista ad un pubblico più ampio possibile?

«Scrivendo per un quotidiano sarebbe controproducente usare un linguaggio troppo tecnico o entrare in temi appetibili per gli addetti ai lavori ma in misura minore, o nient’affatto, interessanti per il grande pubblico.

Cerco comunque di raccontare la radio ponendo l’accento su domande che possano far venire fuori aspetti storici di cui magari non si conosce ancora molto e di far emergere anche il pensiero dell’intervistato in merito ad alcuni aspetti del mondo in cui lavora.

Non soltanto si trova poco sui quotidiani ma anche la generosa e gratuita rete sovente è troppo stringata o imbottita di dati e nomi (tra l’altro non sempre esatti) che impediscono al grande pubblico di avvicinarsi a questo ambiente, soprattutto ai più giovani.

Io cerco di far venire fuori la magia, la passione, la competenza che hanno alimentato la carriera degli speaker che intervisto in modo che il tutto possa risultare affascinante e fruibile per il maggior numero di utenti possibili».

* Quali sono stati i primi protagonisti delle tue interviste? Come li hai raggiunti e come hanno risposto al tuo invito?

«Il primo a inaugurare questa rubrica è stato Ettore “Gerry” Bruno un personaggio che mi ha sempre incuriosito per la carriera ricca di successi che aveva alle spalle già prima di cominciare a trasmettere in radio. Premesso che per narrare tutto quello che ha fatto anche successivamente non basterebbero un paio di libri. È comunque venuta fuori, anche in una sola pagina, una parte significativa del suo mondo.

Il testo del post con cui ha condiviso l’articolo sul suo profilo Facebook (11/11/2022) è una bella soddisfazione che conserverò sempre con gioia e che testimonia un lavoro gradito e ben fatto rispetto a quanto, a volte, si trovi in giro e che non sempre corrisponde a verità e/o sia stato verificato accuratamente.

“Fresca di stampa l’intervista rilasciata a Ubaldo Ferrini per “La Notizia” di oggi in edicola. Alcune cose note perché già narrate qui sulle mie due pagine di Facebook, ma altre mai scritte prima e che dovrebbero fare ‘punto fermo’ su alcuni svarioni scritti all’epoca da giornalisti alle prime armi e forse male informati. Grazie ad Ubaldo Ferrini e a tutta la redazione del quotidiano”

Avevo già avuto modo di apprezzare l’affettuosa stima di Gianni De Berardinis circa due anni fa quando mi aveva ospitato nel suo programma a InBlu2000 ed è stata per me una piacevolissima sensazione parlare di radio e di musica con uno dei miti della modulazione di frequenza.

Nella sua intervista per il giornale abbiamo parlato del suo passato in radio e in tv ma anche del presente e di vari aspetti legati al mondo della musica. Tra l’altro uno dei dischi più belli di un cantante siciliano (come me) “Petra Lavica” di Kaballà è stato prodotto proprio da Gianni insieme a Massimo Bubola.

Il terzo protagonista è stato Gigio D’Ambrosio, la sua incredibile carriera parla da sola, ma ha anche detto tanto su temi attualissimi, sull’imperante omologazione delle emittenti, di come la musica non possa essere considerata l’unica fonte attrattiva e del fatto che sia necessario avere contenuti sempre più originali e interessanti nonostante (parole sue) l’immobilismo di alcuni editori.

Ho chiaramente in cassaforte alcune interviste già realizzate che scoprirete nelle prossime uscite, sempre con grandi protagonisti e dichiarazioni molto interessanti; ho riscontrato in tutti sempre un’enorme passione per il mezzo e grande disponibilità nei miei confronti e di questo li ringrazio.
Per chi avesse perso l’appuntamento del giovedì in edicola può comunque ritrovare le interviste in rete sul sito del giornale dopo qualche giorno dall’uscita in cartaceo».

* Al centro delle tue interviste ci sono persone che hanno fatto la storia della radio, pur essendone ancora parte attiva. Vedi un fermento analogo tra i giovani di oggi? O qualcosa si è “spezzato”?

«Come affermato proprio da Gigio D’Ambrosio nell’intervista a me rilasciata, non è facile trovare un talento che abbia meno di 40 anni e, per quello che penso io, in ogni caso è complicato che questo talento possa affermarsi su una radio nazionale ingabbiato da regole che non gli permettono di esprimersi al meglio né di osare in direzioni nuove.

Il passato è ricco di giganti; anzitutto si poteva pescare da migliaia di emittenti locali piene zeppe di speaker tra i quali poter scegliere i migliori, ma anche perché gli stessi erano lasciati liberi di esprimersi e sperimentare senza troppi bavagli. Ciò ha permesso una crescita che oggi diventa problematica anche perché il vivaio da cui attingere è molto ridotto anche se esistono tante web radio e contenuti in rete prodotti autonomamente, ma senza una guida e senza punti di riferimento all’interno dello stesso contesto non è facile strutturarsi e capire se la direzione percorsa sia quella giusta».

* Premetto esistono diversi formati di radio (e che quindi non tutte le radio sono uguali), come giudichi oggi la radiofonia italiana? Che cosa funziona e che cosa cambieresti? Qualche rimpianto della radiofonia del passato?

«Non tutte le radio sono uguali, ci sono emittenti che percorrono strade diverse sia musicalmente che come conduzione, tra queste Radio Monte Carlo (non a caso una delle poche il cui staff sia composto quasi per la totalità da radiofonici puri), Virgin, Freccia, m2o. Pure Radio 24 e Radio Sportiva battono strade coraggiose e differenti.

Però è vero, la sensazione è che molte delle radio nazionali sembrino simili, ma credo che questo dipenda molto anche dal fatto che molte altre locali (fortunatamente non tutte), facciano l’impossibile per omologarsi e somigliare ad alcuni modelli ritenuti vincenti.

Messa in onda dei soliti 40 “discutibili” dischi, conduzione stringata e veloce e soprattutto – anche se ormai dovrei averci fatto l’abitudine, ma continua a farmi accapponare la pelle – dediche, saluti, sondaggi al limite dell’inverosimile che abbassano l’asticella della qualità e allontanano amore e interesse per questo mondo.

È pur vero che a ogni livello è più facile e meno oneroso trasmettere un flusso di musica sempre uguale e di saluti a Tizio o a Caio; ovviamente provare a seguire il modello di una radio parlata o di un’emittente che proponga programmi ben strutturati e originali ha un costo di tempo e finanziario maggiore, alla fine il motivo principale di questa crisi di idee è principalmente economico. I professionisti hanno un costo; in taluni casi sono, a mio avviso, giustamente anche più difficili da gestire in quanto hanno esperienza e voglia di dire la loro e per la maggior parte si tende a investire su nomi che vengono da altri mondi e per i quali la radio è solo un’esperienza in più da mettere sul curriculum senza avere alcuna particolare predilezione per questo medium. Aspetto che chi ascolta la radio attentamente percepisce e non gradisce».

* Tornando al tema iniziale, la stampa (ed anche la televisione) dovrebbe investire maggiormente per parlare di radio? Come? Quale potrebbe essere una formula vincente per parlare di radio sugli altri media?

«Innanzitutto provarci, come ha fatto La Notizia, scommettere su un mezzo che i dati di ascolto accreditano seguito da decine di milioni di persone ma di cui altri mezzi di comunicazione non parlano, e questo è quanto meno stravagante.

Con l’avvento di Mediaset nell’agone radiofonico sono aumentati gli spot pubblicitari e verosimilmente aumenteranno ancora dato che pure gli altri concorrenti dovranno fronteggiare l’assalto, ma non sono gli spot, per quanto frequenti, a convincere qualcuno a sintonizzarsi o a rendere merito a una determinata storia o carriera.

Ci sono diverse trasmissioni in televisione di interviste (alcune anche estremamente interessanti) ma molto raramente, se non mai, vengono invitati degli speaker per raccontare e raccontarsi; alcune di loro sono anche molto viste e potrebbero certamente contribuire a fare felici i fan della radio ma anche permettere a un pubblico generalista di scoprire e conoscere nomi e storie estremamente appassionanti.

Nelle pagine cultura e spettacolo dei quotidiani si parla sempre giustamente di televisione, cinema, teatro, libri (milioni di libri) ma la radio? La formula è innanzitutto parlarne senza che siano panegirici di nessuno, ma un racconto il più possibile avvincente dei tantissimi talenti che abbiamo in Italia in questo comparto.

Ad accendere ulteriormente i riflettori potrebbe e dovrebbe essere anche il cinema, tolti i soliti pochi nomi sono davvero rarissime le incursioni nella modulazione di frequenza. Mi piace ricordare, auspicando che possa essere un esempio per altri, il film “Onde Road” di Massimo Ivan Falsetta uscito nel 2015 con la partecipazione di Awana Gana e Federico l’Olandese Volante, in cui l’etere calabrese viene improvvisamente invaso da trasmissioni di repertorio degli anni ’70 e ’80, un tributo a una regione precisa ma anche a tutto un mondo in generale. Film del genere o anche una serie tv (dato che ne creano una al giorno sulle tematiche più disparate) riservata al mondo della radio potrebbe essere un’altra ottima e, direi anche doverosa, idea. Speriamo accada presto».

* Infine, una domanda che ti riguarda in prima persona. So che stai per pubblicare un libro dedicato proprio alla radio. Ci puoi dare qualche anticipazione?

«Uscirà a marzo, è dedicato alla radio ma parla anche di musica. Per la stima e affetto che nutro per FM World regalo qualche piccola anteprima che finora non avevo reso pubblica neanche sui miei profili social.

Ci sarà un focus sui negozi di dischi, giusto per citare uno dei capitoli in cui vengono ricostruite alcune storie importanti del nostro paese raccontate dai protagonisti che, come frequentemente capitava all’epoca, erano personaggi di rilievo nell’ambito delle discoteche, di produzioni discografiche e anche di radio.

Nel libro infatti mi pregio di avere 20 dichiarazioni inedite che mi hanno aiutato a raccontare alcuni aspetti specifici della modulazione di frequenza e di alcune trasmissioni e percorsi in particolare.

Sono nomi che ho scelto con estrema, certosina, cura in modo che fossero parte funzionale di un progetto uniforme e che mi aiutassero a narrare in maniera dettagliata la loro esperienza riferita a determinati avvenimenti presenti sul testo. Ho cercato di mettere in pratica quello che predico da sempre, raccontare senza nozionismi e tecnicismi che, anziché avvicinare, hanno l’effetto opposto di allontanare chi legge; ho puntato ad avere delle dichiarazioni che trasudassero passione e competenza e che non fossero autoreferenziali o fini a se stesse.

Con l’augurio che il libro possa affascinare quante più persone possibili e non soltanto gli addetti ai lavori.

Ritornando alla “ristretta cerchia” in cui spesso si muovono, volutamente o forzatamente, le vicende riservate alla radio, capita di frequente che molte pubblicazioni escano per editori che non hanno una distribuzione capillare e che rendono impossibile l’acquisto presso i punti vendita, grossi o piccoli che siano.

Tutto questo rende ancora più complicata la vendita e la diffusione se il libraio non può acquistarlo tramite il circuito a lui abituale; se il testo non viene presentato e promozionato per tempo dal distributore, quello che rimane spesso sono testi che non solo non sono presenti a scaffale ma anche difficilmente ordinabili su richiesta.

La pubblicazione rischia di essere quindi un appagamento dell’ego dello scrittore ma con pochi benefici e diffusione reale per l’opera. Anche dalla presenza a scaffale e dalla conoscenza e facile reperibilità del prodotto da parte dell’esercente passa la possibilità di far arrivare a quanta più gente possibile il messaggio che si vuole mandare.

Verrà pubblicato da Dantone Edizioni e Musica (e anche questa è un’anteprima per FM-world), una casa editrice che si occupa esclusivamente di musica, con testi prestigiosi di autori importanti del settore. Il suo editore, Germano Dantone, viene proprio dal mondo discografico, ha lavorato per tanti anni per colossi come EMI, Warner, Sony occupandosi del coordinamento dell’attività promozionale degli artisti nelle radio.

Mi sono subito sentito a casa, con persone che parlavano la mia stessa lingua, che mi hanno aiutato a creare un’opera migliore.

Supportato da una struttura che permetterà al mio testo di essere disponibile in tutte le librerie e negozi di musica oltre che su tutte le piattaforme online.

Ma il mio invito a chi vorrà comprarlo è quello di acquistarlo presso i negozi tradizionali che combattono ogni giorno una guerra sempre più difficile da vincere perché ognuno di noi, se vuole, è artefice ogni giorno di un piccolo cambiamento».

Nicola Franceschini

“La Radio libera, La Radio prigioniera”: Ubaldo Ferrini racconta i cambiamenti del ‘mezzo’, in un libro diventato un caso editoriale

La radio sta godendo, in questi ultimi mesi, di una forte popolarità in versione ‘cartacea’.

Sono diverse le pubblicazioni di testi che trattano l’argomento, affrontandolo da vari punti di vista: storico, contenutistico, tecnico.

Particolare riscontro lo sta ottenendo Ubaldo Ferrini, che – grazie anche alla collaborazione di due nomi noti del settore quali Marco Biondi e Massimo Lualdi che ne hanno curato rispettivamente la prefazione e la postfazione – ha pubblicato il libro “La Radio libera, La Radio prigioniera”.

Uscito nel mese di gennaio 2021, Ferrini – che nel suo passato ha diretto alcune emittenti del catanese, dove è nato e vive, ed è successivamente diventato docente di corsi legati alla comunicazione ed allo spettacolo – ha subito conquistato i favori del pubblico.

Il libro è strutturato in quattro parti: la prima dedicata a racconti legati al passato dal taglio prettamente personale, la seconda nata per ricordare un mondo che non c’è più ai tempi degli studi analogici, la terza tocca il delicato argomento delle affinità e divergenze tra emittenti locali e network, la quarta pone riflessioni sulla radio contemporanea e sui suoi possibili scenari futuri.

Curiosi di conoscere la storia di questo testo, abbiamo contattato Ubaldo Ferrini.

“Questo libro” – ci spiega l’autore – “nasce dall’esigenza di documentare e non dimenticare un’epoca che è stata importantissima per lo sviluppo della radiofonia privata in Italia e che oggi non c’è più”.

Un periodo che ha fortemente emozionato chi l’ha vissuto in prima persona e che Ferrini ricorda con orgoglio ed emozione. Le radio libere hanno rappresentato un fenomeno importante per quanto concerne il pluralismo e la libertà di parola, ma ci sono tanti retroscena oggi scomparsi e che hanno reso più ‘freddi’ gli studi radiofonici contemporanei, rispetto a quanto accadeva 30-40 anni fa.

“Chi ricorda le sale dischi, che erano simbolo della potenza musicale dell’emittente? L’incubo delle piastre a cassette? Le peripezie per i ‘notturni’? Passaggi” – ricorda Ferrini – “che hanno accomunato le numerosissime emittenti territoriali che esistevano all’epoca.

Tra i primi capitoli del libro, anche uno dedicato alla moda degli adesivi che, applicati sull’auto, identificavano la propria emittente preferita, dandone un senso di appartenenza.

Il titolo del libro – la cui copertina è stata realizzata dal vignettista Turi Papale – tende però a dividere in maniera netta due epoche diverse: la radio libera, a cui si rifanno i primi tempi della radiofonia privata, e quella prigioniera, indubbiamente più professionale ma anche ‘ingabbiata’ in format rigidi che permettono poca creatività ai giovani di oggi.

“Oggi sappiamo che i ragazzi che seguono la radio sono numericamente meno rispetto ai nostri tempi. Del resto” – specifica – “l’offerta di musica e intrattenimento di cui dispongono adesso è molto più vasta, per cui la radio deve sapersi distinguere nei contenuti. Finchè lo speaker sarà costretto a limitarsi alla lettura del messaggio arrivato dall’ascoltatore, in un lasso di tempo peraltro limitato, non vi sarà mai lo stimolo di poter crescere e di potersi esprimere e sperimentare”.

Proprio riguardo a questo, Ferrini è orientato verso modelli di radio che catturano l’attenzione di chi le ascolta, “quelle da cui fatichi a scendere dall’auto quando hai parcheggiato”, ci dice.

E tra queste, si parla di talk-radio dai contenuti chiari: Radio 24, Radio Sportiva e Radio Radio.

Tre categorie di emittenti diverse per copertura e (in parte) contenuti, ma dove la parola (e la trasmissione in diretta) non teme nè la musica di Spotify, nè il crescente interesse verso i podcast.

Ed è proprio verso questa direzione che Ferrini auspica vada la radio, per evitare di trovarci tra 10 o 20 anni con una serie di emittenti-computer, che dal punto di vista economico godrebbero di costi ridotti al minimo, ma che non potrebbero offrire al pubblico più di una fredda sequenza di musica e rubriche registrate.

La radio quindi ha ancora tanto da raccontare ed il forte riscontro che il libro sta ottenendo – che ha riscosso ottimi posizionamenti nelle classifiche di vendita – conferma l’interesse verso il mezzo e la sua storia.

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