A tutela dell’originalità radiofonica: Massimo Lualdi analizza le nuove frontiere per preservare il patrimonio delle radio

Oggi ci dedichiamo ad un argomento decisamente attuale: le nuove regole dettate dal livellamento della diffusione radiofonica in ambito digitale, dove il dominio del segnale più forte cede il passo alle denominazioni, ai contenuti, al confezionamento del palinsesto. Regole che stanno cambiando il mondo radiofonico anche quanto a valori patrimoniali ed a tutela legale.

Ne parliamo con Massimo Lualdi, avvocato specializzato in strategie radiotelevisive, fondatore di Consultmedia e cofounder di MCL Avvocati Associati, law firm che da tempo ha un’area specializzata nella tutela del copyright radiofonico.

Dentro e fuori la cuccia

  • Consultmedia ha aperto una nuova linea di difesa per i loro clienti: quella della tutela di marchi, format, programmi radiofonici. Una nuova superspecializzazione come quella, che vi aveva contraddistinti, nei diversi decenni trascorsi, nel contenzioso interferenziale FM in sede civile. Prima, però, c’è un episodio che vi riguarda, dove siete stati definiti “cagnacci” in una determinata circostanza. Che cosa è successo? E in quale contesto?

È una cosa simpatica che accadde in occasione di un “fuori onda” del Ministero (allora dello Sviluppo economico) durante le numerose sedute pubbliche telematiche del refarming della banda 700 MHz. Come Consultmedia abbiamo partecipato ad ognuna di esse perché abbiamo assistito praticamente tutti gli operatori di rete di 2° livello in tutta Italia (e in qualche caso anche del 1° livello) e centinaia di FSMA. La nostra presenza era quindi una costante in tutte le sedute ed in occasione di una di queste, pensando di avere il microfono spento, la task force del Ministero annotò la consueta presenza dei “cagnacci” di Consultmedia. Il che, risate generali a parte, fu per noi motivo di orgoglio.

  • Perché?

Non c’è complimento migliore per un avvocato che essere considerato un cane da guardia degli interessi dei propri clienti. E poi l’accezione dell’affermazione era simpatica, anche perché i rapporti coi funzionari ministeriali sono sempre stati improntati sul reciproco rispetto dei ruoli.

Dalle frequenze ai brand

  • Già. Ora state assurgendo a difensori della nuova frontiera degli asset radiofonici: dalle frequenze ai brand.

Sì, col livellamento della diffusione determinato dalla veicolazione su vettori condivisi come DAB+, DTT e IP, l’era della rendita di posizione del segnale più forte si avvia a conclusione. Non è più premiato chi domina con i watt, ma chi emerge grazie a denominazione, contenuti e confezionamento.

  • In effetti un elenco di 150 stazioni sull’autoradio che si sentono con la stessa intensità impone strategie di emersione.

E siamo solo all’inizio, perché oggi i mux locali hanno diffusioni limitate e segnali fragili. Con la prossima assegnazione dei diritti d’uso definitivi ai consorzi DAB locali il livellamento tra i mux (nazionali e locali) sarà la normalità. E la competizione sarà elevatissima.

Nomen omen

  • E come si svolgerà?

Al primo posto, lo diciamo da anni, la regola del “nomen omen”: il marchio, il nome della stazione deve essere rappresentativo del contenuto. Radio Paesello International non è indiziario del contenuto e quindi l’utente non è portato a soffermarvisi nello scorrimento dell’elenco. Viceversa Radio Anni 90 (nome di fantasia, ndr) mi fa pensare che sia una stazione che trasmette musica anni 90 e così, se mi piace questo genere, sarò incentivato a fermarmi.

  • Non basta.

È vero: Radio Anni 90 inizia con la R e quindi finirà in fondo all’elenco. E le ultime ricerche indicano che dopo le prime quattro schermate (quindi orientativamente una quarantina di stazioni al massimo) l’utente si demotiva (come con lo scorrimento sequenziale col tasto + del telecomando che difficilmente arriva dopo LCN 30-35). Occorre quindi scalare l’elenco, ma non attraverso i caratteri speciali che presto saranno bannati a livello regolamentare (salvo che mi chiami veramente #108, per esempio, il che imporrà che i miei jingles dicano Hashtag 108). Nell’esempio di prima, Anni 90 mi porrà molto prima nella scelta, essendo generalmente la regola di collocazione delle autoradio alfanumerica.

Lo chef

  • Interessante. Ma non basta ancora.

Esatto. Se il contenuto non è all’altezza delle aspettative sarà questa volta l’utente a bannare la stazione non inserendola nelle memorie o superandola a piè pari nella prossima scansione. Analogamente, il confezionamento del prodotto è essenziale: come il piatto decorato dallo chef fa un altro effetto rispetto alle medesime pietanze poste alla rinfusa, il processamento sonoro ed il layout del palinsesto fanno la differenza.

Tutela legale

  • Torniamo alla domanda core: se marchio, formato e contenuti sono così importanti, come si tutelano?

Fin qui, nella stragrande parte dei casi, le emittenti hanno registrato le denominazioni. Però sappiamo che generalmente gli ID nomen omen definiscono marchi “deboli”. Radio Anni 90, nell’esempio di prima, è un marchio “debole”, mentre Radio Paesello International è un marchio “forte”. Si parla infatti di “marchio forte” quando questo non è legato al prodotto o al servizio distribuito. Il marchio è “forte” quando, pur non avendo attinenza con il prodotto o servizio cui è legato, riesce comunque a essere distintivo. Il che è esattamente quello che non ci serve in questo caso. Come Consultmedia, pertanto, suggeriamo di accompagnare alla registrazione del marchio debole, generalmente individuato, anche la tutela delle opere che costituiscono il palinsesto ed il format. Lo stiamo vedendo già nelle cause per la tutela dei marchi radiofonici. I giudici delle sezioni specializzati, consapevoli dell’evoluzione tecnologica, sono giustamente sensibili agli ambiti di sfruttamento territoriali e di formato. Il nome in sé, oltre ovviamente al territorio di influenza di una emittente, non necessariamente si sovrappone al formato.

Il caso esemplificativo

  • Esempio pratico?

Il progetto multimediale 70-80.it: si tratta della test station di Consultmedia dove vengono sperimentate le nuove tecnologie ed in genere le innovazioni. Qui è nata la HBBTV radiofonica, l’audiografica DTT, la visual radio desincronizzata, il picture in picture DTT, il processo sonoro HQ a basso bitrate e da ultimo l’intelligenza artificiale radiofonica col progetto – di cui si è parlato su numerose testate della stampa nazionale – Il Diario di Patrizia, dove Peperoni AI (di 22HBG) sta scrivendo una sitcom radiofonica che è già arrivata a 130 puntate in questi giorni. Per 70-80.it non è, ovviamente, stato registrato a suo tempo solo il brand (nome e grafica), ma lo è stato anche il format (forse il primo caso in Italia) con una puntuale relazione che ne ha attestato l’originalità e sono state depositate in SIAE le singole opere costituenti il palinsesto. Una tutela a 360° che in sede di contenzioso costituirà un robusto baluardo per i nuovi asset patrimoniali. Perché la radio di prima non esiste già più.

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

Confindustria Radio TV chiede più tutela dei diritti in rete

Confindustria Radio Televisioni interviene sulla tutela dei diritti in rete.

Oggi, il presidente Franco Siddi ha partecipato al Convegno “Uso responsabile della rete e tutela dei diritti” che si è svolto presso la Sala della Regina alla Camera dei Deputati.

“Affinchè lo sviluppo e l’innovazione abbiano valore per tutti – ha dichiarato – occorre condividere un percorso che concili la tradizione giuridica europea con i processi di innovazione innescati dalla Rete. Ma quando l’innovazione si poggia sull’attività creativa messa a disposizione del pubblico – film, musica, audiovisivi, informazione professionale – tale attività deve essere remunerata”.

Siddi ha aggiunto che “il link da solo non è sufficiente, l’attività intellettuale deve ricevere un compenso equo, come ad esempio attraverso il sistema delle licenze da tempo abbracciato dagli operatori radiotelevisivi per il diritto di autori artisti, interpreti ed esecutori o attraverso l’informazione professionale”.

L’intervento del presidente di Confindustria Radio Televisioni si è concluso sostenendo: “Il modello di business audiovisivo ha una tradizione di remunerazione e investimento nella creatività e nella professionalità. Tali meccanismi devono essere attivati anche per gli utilizzi online. Non si tratta di mettere una camicia di forza all’innovazione ma creare regole condivise fra tutti gli stakeholder del sistema per evitare che la rete diventi un ‘Far Web’. Si tratta di alimentare con risorse lo sviluppo del sistema dell’informazione e della creatività audiovisiva nazionale ed europea, patrimonio economico, industriale, identitario”.