Spotify Italia: “Cenere” di Lazza, il brano più ascoltato nel 2023

“Cenere” di Lazza è il brano più ascoltato nel 2023.

Lo rende noto Spotify che ha pubblicato in settimana i pezzi e gli artisti di maggior successo dell’anno ancora in corso.

Sfera Ebbasta e Anna – riporta Spotify Wrapped – sono rispettivamente l’“artista uomo” e l’“astista donna” più ascoltati negli ultimi dodici mesi in Italia.

I Måneskin sono gli italiani più ascoltati nel mondo, mentre Laura Pausini lo è nella categoria femminile.

“Il coraggio dei bambini” di Geolier è stato l’album di maggior successo nel nostro Paese, mentre “Elisa True Crime” il podcast più “strimmato”.

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Il WSJournal (e qualche esperto di DataScience) ci aiutano a spiegare il vero algoritmo di Spotify

Si parla di tecnologia e di come funziona l’algoritmo di Spotify, in questo editoriale scritto per FM-world da Marco Barsotti.

Dopo tanti post in cui esperti o presunti tali ci spiegavano l’algoritmo di Spotify (battezzato da alcuni BaRT, Bandits for Recommendations as Treatments, il 15 aprile è stato pubblicato un articolo sullo stesso argomento da parte del Wall Street Journal. Unendo quanto spiegato da questa autorevole fonte ad alcuni interessanti notebook (in Python) di parte di studiosi di DataScience pensiamo di poter raccontare qualcosa di interessante.

Scettici?

Prima di buttarci nei dettagli una spiegazione. Siamo sempre stati scettici degli articoli online che “spiegavano” BaRT in quanto – a differenza di Facebook e di Netflix – il blog dell’engineering di Spotify (che è questo) non ha mai citato nulla di nome BaRT. Abbiamo visto articolo sulle proprietà dell’ algoritmo di Poisson per la stima dei quartili in test A/B o anche una descrizione tutta da leggere (non mancate, qui) sull’aura musicale di ciascuno di noi. Ma di BaRT niente. Ma passiamo all’articolo del Journal.

Echonest

Le basi dell'”algoritmo” vengono dall’acquisizione da parte di Spotify di The Echonest avvenuta nel 2014: si tratta di un’azienda nata come spinoff del MIT Media Lab (quello di Negroponte e del suo One Laptop per Child).

Echonest non analizzava solo i brani in quanto tali: in un post del 2013, subito prima l’acquisizione, veniva spiegato chiaramente: Indicizziamo e analizziamo oltre 10 milioni di nuovi blog post, discussioni sui social media e recensioni musicali quotidiane.
Applichiamo poi tecniche di Machine Learning e Natural Language Processing per contestualizzare queste discussioni e identificare trend musicali”.

Oltre i metadati

Troverete il resto della spiegazione qui.  Ed è quel database, per cosi’ volerlo chiamare, che ha posto le fondamenta per il sistema di raccomandazioni attuale.

Collaborative filtering

Il primo passo oggi è un processo detto “collaborative filtering“. Tra i suoi obiettivi, spiega al WSJ Ziad Sultan “vice presidente della personalizzazione” di Spotify, quello di identificare affinità tra brani e podcast (tra brani e podcast!) osservandone i posizionamenti relativi nelle playlist di milioni di utenti.

Spazio n-dimensionale

Questi oggetti (brani e podcast) sono inseriti nello spazio n-dimensionale che possiamo vedere in versione semplificata (3D) qui sopra: la distanza cartesiana tra i punti rappresenta le affinità.

Interessante notare come questo sia esattamente lo stesso criterio usato dai vari LLM come ChatGPT per clusterizzare i concetti (o meglio, token e parole):

Natale

A Natale siamo tutti più buoni, tranne pero’ questi spazi n-dimensionali che divengono nocivi. Basta pensare al tormentone “All I Want for Christmas Is You” di Carey che a partire da inizio dicembre si trova prossimo a praticamente tutti gli altri brani, tra cui lo scorrelatissimo “Silent Night“. E apparentemente in Italia anche a Quevedo (e agli Wham).

Terremoti

Un effetto poco gradevole già a dicembre, figuriamoci da gennaio in poi. E – detto per inciso – a chi scrive è capitato “su un noto social” di vendere per due settimane una quantità irragionevole di influencer turche musulmane intente (crediamo) a spiegare qualche concetto trascendente.
La spiegazione stava nella “deduzione” del di lui “algoritmo” di un nostro interesse per una religione avendo avuto la colpa di visualizzare un po’ troppi video relativi al terremoto in Turchia.

Content Based Filtering

Andiamo avanti. Il passo successivo è il Content Based Filtering. L’idea è di associare un numero decimale (“float32”) a ciascuno dei seguenti parametri per ogni brano: loudness, tempo, danceability, energy, speechiness, acousticness, instrumentalness, liveness, valence, e durationCon un po’ di passaggi si ottiene un vettore associato a ogni playlist:

 

con il risultato all’immagine seguente (la playlist di base è quella a sinistra, mentre le due a destra sono generate da due differenti algoritmi, il primo dei quali è appunto quello di Spotify). Senza dubbio i tanti lettori di FM-World esperti di clock e playlist potranno darcene un giudizio ragionato.

Non ditelo a nessuno, ma…

…Ma è possibile utilizzare questo sistema anche per creare playlist per le nostre emittenti: è tutto disponibile qui.

SIA vs Avicii

A titolo di curiosità, ecco di seguito i parametri che abbiamo trovato confrontando i parametri di due splendidi ma diversi brani: la versione di SIA di “I Go To Sleep” (a sinistra) con “Seek Bromance” di Avicii/Tin Berg (i parametri sono in stile JSON, dunque nome-parametro : valore). Ad esempio Avicii ha una “danceability” di 0,49 mentre SIA solo di 0,43.

Recensioni

Questi dati, ricavati da un’analisi dei brani stessi, sono poi integrati con attributi e parole chiave utilizzate nelle varie recensioni fatte da critici (siti ufficiali) e normali ascoltatori (blogs e reddit): e qui ritroviamo, appunto, il database di The Echonest.

Politically-Correct-ness

C’era da attenderselo di questi tempi: l’articolo del Journal non poteva esimersi da terminare con una “messa in guardia” contro l’attacco alla “diversità” possibile tramite questi sistemi di IA.

Ecco la spiegazione: “Se un ascoltatore ha nella sua playlist una predominanza di brani cantati da uomini allora le playlist (per terzi) create sulla base di quella rischiano anch’esse di aver un bias “anti-femminile” (!) creando un possibile feedback loop che amplificherà l’aberrazione.

la sede di Capitol Records a Los Angeles

Soul Music

E quindi non possiamo che concludere con una nota positiva: agli esordi di Radio Milano International in tanti ci eravamo appassionati della Motown e della Soul Music: il nostro personale bias era (e in parte è, avendo ancora sull’iPhone alcune compilation dell’epoca) decisamente pro-black (scusate l’inglese), dunque nessuno potrà mai darci dei razzisti.

Orgogliosi possiamo oggi affermarlo: stavamo lodevolmente cercando di costruire un mondo con una maggiore “inclusion. (Marco Barsotti per FM-World)

General Motors

General Motors scarica Apple CarPlay a favore di una soluzione proprietaria. L’inizio di un trend pericoloso?

General Motors, quinto costruttore automobilistico del mondo per fatturato, è intenzionato ad abbandonare Apple CarPlay (ma anche Google Android Auto) a favore di una soluzione proprietaria. Obbiettivo dichiarato: catturare dati e abitudini dei clienti, anche disintermediando le piattaforme di intrattenimento attuali, incluse quelle radiofoniche.

Lo ha svelato Reuters in un articolo del 31 marzo: vediamo insieme qualche dettaglio, unito ad alcune considerazioni generali sull’importanza che radio (e TV) non si facciano sottrarre il rapporto diretto con il proprio pubblico.

Punti di vista

L’iniziativa di GM si spiega se guardiamo i fatti dal punto di vista di un costruttore: come scrive Reuters, Apple CarPlay e Android Auto “allow drivers to bypass a vehicle’s infotainment systems“, permettono all’utente di bypassare i sistemi nativi della vettura.

Una contrapposizione tra costruttori di vetture e piattaforme tecnologiche dove le nostre radio e TV non sembrano neppure essere parte in causa.

Machine Learning

In un mondo dove la collezione, l’analisi, l’elaborazione tramite Machine Learning e perfino la rivendita dei dati è chiave (come ben spiega Netflix)  un costruttore non può lasciare che siano altri a “catturare informazioni su come i propri clienti guidano e ricaricano l’auto” (parole di GM). Oltre naturalmente s catturare quelle sulle preferenze nel campo dell’intrattenimento.

Guadagno “per noi”

GM pare intenzionata a offrire la nuova soluzione su tutti i veicoli elettrici e – forse – su parte dei nuovi a combustione. E non si pensa a servizi gratuiti: “We do believe there are subscription revenue opportunities for us,”, pensiamo ci siano grandi opportunità di guadagno per noi, ha affermato Edward Kummer, Chief Data Officier della casa di Detroit.

Il che ci ricorda una frase che ci aveva detto durante un’intervista dell’anno scorso un importante editore parlando di TuneIn: “Quelli guadagnano sulle nostre radio” (con i famosi pre e mid-roll).

Spotify sì, radio non pervenute

Kummer ha anche affermato – bontà sua – che Spotify sarà parte della soluzione.  Ma nessun accenno alle app proprietarie delle nostre stazioni DAB/FM ne ad aggregatori terzi quali TuneIn o FM-World. E – piuttosto grave – nulla si dice di un ipotetico “App Store di GM” (anche se il caso di FireOS ci porta a pensare che questo non sia del tutto da escludere).

Friction

Il punto che vogliamo sottolineare è quello che gli anglosassoni chiamano “friction”: anche se sarà sempre possibile connettere la propria applicazione su cellulare  al Bluetooth dell’auto, questa operazione avrà sempre una “friction” enormemente maggiore rispetto al semplice tap su uno schermo che contiene applicazioni decise dal costruttore della vettura.

General Motors

Prospettive

L’automobile è e diventerà sempre più un luogo essenziale per la fruizione dell’intrattenimento. Già oggi molte vetture sono dotate di schermi per i passeggeri posteriori e c’e’ da attendersi che con l’evoluzione della guida autonoma questi saranno resi disponibili anche al guidatore. E in quanto ai contenuti non pensiamo solo a OTT e streaming radio: ma anche a piattaforme di gaming e social orientati al video quali TikTok.

Schema di massima di un Transformer

Large Language Models (Transformer)

Clock in pensione

Senza dimenticare l’impatto dei LLM (Large Language Models tipo ChatGPT, Bard, Anthropic e simili), che probabilmente creeranno in locale palinsesti personalizzati – dopo aver appreso gusti e abitudini dei passeggeri – senza alcun bisogno dei broadcaster e dei loro “clock”.

Content is King (or is it?)

Tutti questi sviluppi ci portano ad affermare che solo radio e TV  che saranno in grado di creare contenuti originali e distribuirli tramite canali nuovi – alcuni per ora inesplorati – siano destinate a restare rilevanti nei prossimi decenni.

Fronte Comune

Per il momento, come aveva giustamente affermato  Eugenio La Teana in un recente podcast, è essenziale che i broadcaster italiani (anzi: europei) facciano fronte comune, tutti uniti al fine di essere interlocutori credibili di giganti quali GM, Stellantis e Renault ma anche Google, Meta e OpenAI.
Perché il pericolo di essere totalmente disintermediati e’ fortissimo  e occorre attrezzarsi fin da subito. (M.H.B. per FM-world)

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

Su Spotify Italia a Natale, Quevedo batte Mariah Carey

A livello mondiale, la classifica di questa settimana di Spotify vede al vertice Mariah Carey.

La sua “All I want for Christmas is you”, a 28 anni dalla sua uscita, torna ancora a dominare le chart a ridosso del Natale.

Il successo del brano non è però analogo anche in Italia.

Nel nostro Paese, nell’ultima settimana, Mariah Carey si è piazzata soltanto nona, superata da diverse hit contemporanee.

Stabile al vertice di Spotify Italia si colloca Quevedo, prodotto da Bizarrap, con “Bzrp Music Session, Vol. 52”, meglio nota ai più come “Quédate”.

Il vero e proprio tormentone della piattaforma digitale, primo anche nella classifica FIMI dei singoli e ottimamente collocato anche su YouTube, è tuttavia messo in secondo piano dalle radio italiane, ad eccezione di quelle più orientate verso la dance.

Secondo l’ultimo aggiornamento di EarOne, il pezzo più trasmesso ‘via etere’ è “Se lo senti lo sai” di Jovanotti, mentre Radio Airplay vede al vertice Ed Sheeran con “Celestial”.

Spotify a supporto del brand radiofonico: il caso di Veronica One Hit Station

“Play Xmas” è solo una delle ultime arrivate, ma da qualche tempo Veronica One Hit Station – una delle principali emittenti regionali del Piemonte – propone playlist tematiche su Spotify.

Ma l’ascolto di Spotify non rischia di allontanare gli utenti dalla radio? O al contrario ne consolida il brand anche su altre piattaforme?

Abbiamo contattato il direttore artistico dell’emittente Benny Castelli per spiegare le strategie della hit station torinese.

Da qualche tempo, Veronica One ha dato il via a playlist su Spotify: perché questa scelta?

L’idea è per certi versi banale: tu ascolti le nostre selezioni e, se ti piacciono, magari poi ascolti V1HS perché vuoi capire se sono complementari, un servizio in più per chi ci ascolta, un modo per ricordarti di noi anche quando usi Spotify. Però dietro c’è di più. Il mio sforzo quotidiano e quello del team è fornire un esperienza d’ascolto che sia sempre “qui e ora”. Per farlo bisogna conoscere e saper usare le diverse opportunità che oggi abbiamo per supportare un brand radiofonico rinnovato come il nostro e che quindi ha bisogno di azioni di spinta. Tra queste azioni c’è anche Spotify, che vogliamo appunto utilizzare come rinforzo del nostro progetto. Questa piattaforma, come le altre, può essere quindi usata come side effort, un viatico per lasciare meta-messaggi positivi a chi usufruisce delle nostre playlist, soprattutto culturalmente perché non si può fare una Radio senza avere una robusta cultura musicale.

Spostare ascoltatori verso Spotify non rischia di allontanare la gente dall’abitudine di ascoltare la radio?

Gli ascoltatori sono esseri umani che sanno che le piattaforme come Spotify sono strumenti, utilissimi ma rimangono strumenti, tools per l’ascolto. Quando una emittente trasmette, lo fa grazie al lavoro di persone nella stessa unità di tempo dentro la quale altre persone l’ascoltano. La Radio è reale, esiste adesso come esisti tu che la stai ascoltando. È questa la sua skill imbattibile che nessuna piattaforma on-demand possiede. Nemmeno i podcast regalano quel calore che il prodotto umano live emana. Si entra nell’ambito dello studio delle dinamiche psicosociali. Gli esseri umani amano la Radio perche essa non si fa con gli algoritmi ma con le persone. La Radio è tridimensionale. Non è affatto una visione romantica, è sociologia: “compagnia” è quel sostantivo che traduce in una parola il rapporto di vicinanza, di intimità e questa si genera tra persone, non tra persone e macchine. Gli umani ascoltano la Radio non per abitudine ma perché ha dentro altri umani. Anche Spotify ha degli esseri umani dentro ma non sono con te nella tua stessa unità di tempo: sono Alive ma non Live. La differenza è abissale.

Che tipo di playlist avete scelto? Si discostano da ciò che va in onda in radio?

Oggi stiamo fortemente rilanciando il brand V1HS e non posso permettermi errori nella selezione musicale. Con le playlist invece possiamo fare spazio a generi non strettamente allineati alla nostra programmazione ed al design editoriale. Le selezioni sono studiate per scopi precisi e possono essere fruite per sonorizzare momenti della giornata. Da “Aperitif Chic” con dentro suoni giusti per ricreare l’atmosfera da aperitivo metropolitano a “Rap Couture”, con dentro otto ore di storia Hip Hop, da “Funky Coolness” che racconta quasi cinquant’anni di Funk e Soul, fino all’ultima dedicata alle feste natalizie, “Play Xmas”, che suona diversa dalle solite compilation del periodo con “chicche” sonore da più latitudini del Pianeta. Questa settimana abbiamo lanciato “Brandnew Rock” che adoro perché è una selezione di band e artisti non mainstream, giovani o giovanissimi punkers e rockers dal mondo che stanno riscrivendo lo stile mantenendo fedeltà con la storia sonora del Rock.

La radio deve temere Spotify o vive un mondo parallelo dove non si incrocia?

La Radio ha già dimostrato di non essere parallela a nessun media, infilandocisi dentro ogni volta che un nuovo media nasceva. Non era il Video a voler assassinare la Radio? Beh, a quarantadue anni da quell’anatema dei The Buggles, è successo che la Tv non ha affatto ucciso la Radio e che la Radio usa la Tv per aumentare la sua capillarità. Comparare la Radio alle piattaforme streaming on-demand è come come voler mettere sullo stesso piano il suono di un disco di vinile con quello digitalizzato di un file. Quest’ultimo è utilissimo e funziona ma il primo ti regala calore e tridimensionalità. La Radio non deve temere Spotify ma questi sistemi complessi devono essere analizzati, studiati, compresi e, quando e se possibile, sfruttati.

Per finire, una domanda personale: lo station manager di un’emittente importante come Veronica One, quanto tempo ha a disposizione per Spotify e le altre piattaforme?

Va necessariamente trovato. Fa parte del lavoro dentro il nostro progetto. Il tempo è quel valore senza prezzo che manca un po’ a chiunque, figuriamoci a chi fa un lavoro manageriale, in qualsiasi campo. Mi aiuta un po’ il fatto che sono da sempre un “night surfer” che un tempo passava le notti ascoltando le Radio dal mondo e oggi spesso le passa ascoltando artisti e le loro canzoni, le annoto e poi successivamente diventano selezioni musicali. Come ti ho già detto, non si può fare questo mestiere senza conoscere i prodotti musicali, tutti anche quelli che gradisci meno perché le persone che ascoltano sono il motore, sono la spiegazione del perché noi esistiamo e meritano tutto il rispetto possibile. Chi si farebbe mai aiutare da un avvocato che non ha studiato la legge o chi si farebbe curare da un medico che non conosce il corpo umano? Credo proprio nessuno. La Radiofonia è una realtà molto seria con dentro molteplici mestieri e gli ascoltatori sanno perfettamente riconoscere chi è preparato e chi no. La Radio deve saper mettere insieme in metrica la musica e le parole. Per farlo, la musica va conosciuta e le parole, come diceva Nanni Moretti, sono importanti.

A cura di Nicola Franceschini

Spotify 2022: l’artista più ascoltato in Italia è Sfera Ebbasta, mentre “Brividi” spicca tra i brani

Sfera Ebbasta è l’artista più ascoltato dell’anno su Spotify Italia.

Il dato emerge dal resoconto di Spotify Wrapped 2022, dove in seconda posizione si colloca Lazza ed in terza thasup.

“Brividi” di Mahmood e Blanco, invece, è il brano più ascoltato nel nostro Paese.

La “Top Songs Italia” vede secondo Rhove con “Shakerando” e terzi Rkomi e Elodie con “La coda del diavolo”.

Non spiccano sul proprio territorio, ma sono gli italiani più ascoltati all’estero, invece, i Måneskin, seguiti dai Meduza e da Gabry Ponte.

L’artista tuttavia al vertice della classifica mondiale è la star portoricana Bad Bunny, che conferma la prima posizione per il terzo anno consecutivo, mentre “As it was” di Harry Styles è il pezzo con il più alto numero di stream in assoluto.