“Come evolve la radio?”, Linus e Sinibaldi a confronto a Bologna

Un confronto tra due nomi importanti della radiofonia italiana per raccontare la storia del mezzo, ma soprattutto per capire quale ne sarà il suo futuro.

E’ quanto si è tenuto a Bologna nella serata di martedì 30 gennaio in un incontro organizzato dall’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna e dalla Fondazione dell’Ordine, in collaborazione con Mismaonda e che ha visto come protagonisti Linus (direttore artistico di Radio Deejay) e Marino Sinibaldi (direttore di Radio3), moderati dall’esperto di comunicazione interculturale Claudio Cumani.

“Come evolve la radio?” (questo il nome dell’appuntamento presso il suggestivo Oratorio di San Filippo Neri in via Manzoni) ha preso il via con una introduzione di Sinibaldi che ha tracciato la storia della radio, mettendo in evidenza la sua plasmabilità, che da oggetto immobile (voluminoso, al centro della casa, ascoltato da tutti) si è “smaterializzato”, adattandosi a tutti device.

E su questo è tornato anche Linus che ha sottolineato come sia cambiata la radio anche nei contenuti, dai suoi esordi degli anni ’70 ad oggi. Le radio “libere” sono quelle che hanno portato in Italia la trasmissione continua nelle 24 ore, quelle che hanno impostato il proprio palinsesto sulla musica, quando la Rai ne dedicava solo piccole porzioni.

Ma la tecnologia negli anni si è evoluta, di conseguenza anche il pubblico ed i contenuti. Oggi la musica, per quanto ancora ampiamente presente, non rappresenta più la centralità del contenuto, sia perchè la si può ritrovare su molti altri mezzi (e on demand), sia perchè l’omologazione di certe playlist ha reso necessario il differenziarsi tramite la parola e tramite che cosa si comunica. Ed è proprio la parola, “la diretta di un momento che non sai mai esattamente come andrà a finire” che rende affiscinante il mezzo e lo mantiene sempre contemporaneo, anche in un’epoca dove si fanno strada i podcast ed altri modi di fruizione. Per non parlare del pubblico, una volta rappresentato da giovani che nella radio cercavano la musica e che oggi si è spostato verso un’età più adulta, interessato alla parola più che alla ultima hit.

Altri aspetti emersi sono quelli della tv e dei social rapportati con la radio. Linus ha parlato di Deejay TV, ribadendo che l’unico programma della “sua” radio che si presta per una “radiovisione” è “Deejay chiama Italia” in seguito al taglio proposto, ma che – pur riconoscendo l’importanza che ricopre un marchio radiofonico sul piccolo schermo – l’emittente sul digitale terrestre di Radio Deejay manterrà l’attuale versione musicale. Ancora meno l’importanza che una realtà come Radio3 nutre verso l’immagine, pur essendovi una webcam che diffonde certi programmi.

E sui social, entrambi d’accordo che se da un lato sono stati un arricchimento ed un complemento per l’interazione col pubblico, dall’altro non bisogna prenderli troppo alla lettera, poichè spesso offrono un’immagine distorta della realtà. Linus ne ha approfittato per salutare l’amico Luca Bottura (non presente, specifichiamo), il cui “Tuttorial” si è recentemente concluso. Riguardo al programma, il direttore di Radio Deejay ha sottolineato quante critiche siano emerse dai social nel quattro mesi della durata del programma, per poi ottenere come controparte altre critiche per la chiusura dalla parte silente che invece ne apprezzava i contenuti.

La radio, tuttavia, deve mantenere un ruolo autoriale. Giusto leggere qualche suggerimento dal pubblico, ma se si riduce un programma alla lettura di sms e commenti social, si snatura il ruolo stesso della radio, che dev’essere quello di raccontare qualcosa, di offrire stimoli e spunti.

E il futuro? La domanda se l’è posta anche il numeroso pubblico presente che ha chiesto ai due interlocutori come vedono il mezzo tra dieci anni. Per entrambi, il futuro esiste. La radio l’hanno data più volte per morta ed è sempre riuscita a risollevarsi e ad adattarsi, ma l’attale momento di passaggio, che vede lo sviluppo di nuove piattaforme e la necessità di un ricambio generazionale, rendono difficili eventuali previsioni, a partire dalla necessità di “palestre” (ossia radio locali e universitarie) che possano formare nuovi futuri “big”, oggi rappresentati in buona parte ancora da chi la radio la faceva già venti o trent’anni fa.

Nel complesso, un dibattito molto piacevole, dove Linus e Sinibaldi hanno tenuto alta l’attenzione per oltre due ore, di fronte ad un pubblico interessato e motivato.