“La radio è necessaria per conquistare il mainstream?”: rapper a confronto nel podcast di Mondo Marcio

La radio è utile al rap per promuoversi? O al rap bastano le piattaforme digitali?

L’argomento è al centro del videopodcast “Link in Bio” di Mondo Marcio, rapper e produttore discografico (Gian Marco Marcello è il suo nome), che assieme ad amici e colleghi del mondo hip hop affronta varie tematiche.

Nella puntata n.7, la domanda posta agli ospiti è “La radio è necessaria per conquistare il mainstream?”.

Il video comincia subito con un’affermazione dove si dice che ‘la radio non è necessaria per svoltare nel mondo rap, però può essere un strumento per abbracciare tutte le fasce’.

Ed è questo, in sintesi, ciò che in poco più di un quarto d’ora viene ribadito dai presenti.

Uno di essi – Ralph Lautrec – dichiara di ascoltare Virgin Radio come alternativa al rap, ma il rock che viene proposto è spesso anni ’70.

E questa è la denuncia che arriva dagli ospiti di Mondo Marcio: le radio in Italia sono orientate tutte – pur con generi diversi – verso un pubblico adulto. Salvano in parte Radio Deejay, ma ritengono distanti le emittenti del nostro Paese rispetto a quanto accade negli Stati Uniti o anche solo nella vicina Francia, dove sono presenti realtà tematiche che fanno solo rap, per lo più contemporaneo.

Ricordano l’esperimento – poi terminato – di TRX Radio (emittente rap ideata da Paola Zukar, manager di artisti del settore), la quale – a detta di Alessandro Quagliata, caporedattore di Esse Magazine (la testata produttrice del podcast) – ha pagato lo scotto di non essere stata in FM, distinguendo dunque il maggiore peso che le emittenti hanno quando trasmettono via etere.

Nel video, che riportiamo in coda, si arriva ad un esempio calzante. Sfera Ebbasta è ritenuto l’artista rap più popolare in Italia, ma non è mainstream fuori dal mondo di cui fa parte. Gli Articolo 31 – o anche Clementino – hanno abbracciato invece un pubblico più di massa, tanto da essere transgenerazionali, ma meno seguiti da chi è all’interno del settore.

E come esempio, tirano in balle le classifiche delle radio (dove “Peyote” è una delle hit dell’estate) rapportate a quelle di Spotify (dove lo stesso brano è lontanissimo dai vertici).

Mondi a confronto, dunque, in cui uno degli ospiti dichiara che la radio serve per consolidare un artista a gente come sua madre, che ascolta questo mezzo. Una sorta di ‘spunta blu’, se rapportato al ‘riconoscimento’ ideato dai social network.

Questo il video del podcast.


(A cura di Nicola Franceschini, si ringrazia Max Fogli per la collaborazione)

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

“Salviamo il rapper iraniano condannato a morte”: l’appello alle Iene di Wad

Toomaj Salehi è un rapper iraniano di 33 anni.

I suoi testi hanno spesso denunciato gli episodi di violenza e di mancata libertà delle donne nel suo Paese.

Per questo, è stato recentemente condannato a morte, provocando sdegno e rabbia.

Uno sdegno che forse finora non si è mostrato sufficientemente forte per cambiarne le sorti.

Ed è da questo che parte il monologo di denuncia di Wad, protagonista del programma di Italia 1 “Le Iene”, il quale sottolinea che “Il rap non è innocuo, deve essere aggressivo perché la società lo è: è sconfitta e vittoria, è un pensiero libero”.

Il conduttore di “Say Waaad?” dichiara di incontrare artisti sia italiani che internazionali che hanno paura ad esprimersi liberamente.

La società contemporanea – prosegue Wad – ha paura a sentirsi dire la verità e la vicenda del rapper iraniano ne è un caso emblematico.

Un rapper può influenzare più di un politico ed il silenzio attorno a Toomaj è dunque una sconfitta.

L’opinione pubblica mondiale – prosegue la ‘voce’ di Radio Deejay – potrebbe salvarlo più del suo avvocato.

Wad conclude il suo monologo con una domanda: “Cosa pensi di quello che pensi?”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Le Iene (@redazioneiene)

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]