Radio Radicale: Giovanna Reanda è la nuova direttrice

Giovanna Reanda è la nuova direttrice di Radio Radicale.

L’annuncio è avvenuto domenica 14 gennaio, durante la conversazione settimanale con Maurizio Turco.

Giovanna Reanda prende il posto di Alessio Falconio che dal prossimo 1° febbraio lavorerà per il TG5 di Clemente Mimun.

“Quello che vorrei trasmettere è il grande orgoglio che ho di far parte della famiglia radicale e di Radio Radicale in particolare” ha spiegato Giovanna Reanda, tramite un comunicato. “Lavorare in questa radio per me è sempre stato qualcosa di cui andare fiera. È un privilegio che rivendico nella particolarità di Radio Radicale. Questo non significa che siamo i più bravi però sicuramente facciamo giornalismo in un modo diverso, perché i radicali fanno tutto in un modo diverso ed è il modo radicale. Io questa cifra radicale la rivendico e penso che sia questo ciò che voglio portare come eredità e come futuro”.

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Addio Andrea Purgatori: tra tv e stampa, anche un nutrito archivio in radio

Grave lutto nel mondo del giornalismo.

All’età di 70 anni è morto Andrea Purgatori, noto negli ultimi anni per la conduzione di “Atlantide” su La7, ma da lungo tempo protagonista di inchieste scottanti, su casi estremamente delicati.

In tanti, in questo momento, lo stanno ricordando, esaltando la professionalità e la correttezza che lo hanno contraddistinto.

Meno noto in ambito radiofonico, la sua è stata anche una presenza fissa su Radio Radicale, dove è presente un nutrito archivio di suoi interventi.

Le tante tematiche affrontate sono disponibili cliccando QUI.

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Radio Radicale, la Rai e il Vaticano nel Milleproroghe

Di recente ha trovato la strada dell’approvazione definitiva nelle aule parlamentari, sia pure con successive importanti ‘osservazioni’ piuttosto negative da parte del Capo dello Stato (in particolare sul tema delle concessioni balneari), il famoso decreto Milleproroghe.

Come suggerisce il nome, si tratta di una legge, ‘tradizionale’ come poche altre nel nostro Paese, che proroga una lunghissima serie di provvedimenti e scadenze e diciamo che, se non si provvedesse in questo senso, le conseguenze potrebbero essere molto serie e pesanti per i più vari settori, dato che per tanti problemi in Italia non si trovano soluzioni definitive ma si ricorre spesso e volentieri a molto più semplici rinvii.

All’interno del Milleproroghe – una legge che già è di ‘dimensioni’ quanto mai corpose e affronta una vera quantità di materie – si rischia poi di trovarci un po’ di tutto e in Parlamento è tradizione provare a infilarci, come nella Legge di Bilancio, norme fra le più eterogenee e svariate; di qui una delle critiche espresse dal Presidente Mattarella.

Questa lunga premessa serve a inquadrare il tema che mi ha incuriosito, ovvero vedere cosa contiene questo Milleproroghe 2023 in tema di media, Radio e Tv. La materia è affrontata, in particolare nell’articolo 12 del provvedimento.

Cominciamo dicendo che nel testo finale è stato inserito, dopo l’approvazione in Parlamento di uno specifico emendamento, il comma 5-bis dell’articolo 12, che prevede lo stanziamento di due milioni di euro a favore di Radio Radicale, con specifica destinazione al suo ricchissimo archivio storico, un punto di riferimento obbligato soprattutto per il mondo politico, parlamentare e legislativo e per quello delle istituzioni in generale.

Nel testo del Milleproroghe però Radio Radicale non viene nominata. Il comma 5-bis prevede invece che “il contributo di cui all’articolo 30-quater, comma 2, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, è riconosciuto, alle condizioni e con le modalità ivi previste, nel limite di spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2023”.

Ai relativi oneri si provvede “a valere sulle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione”, “di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, nell’ambito della quota destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri”.

Va chiarito che la diffusione dei servizi parlamentari, confermata per Radio Radicale (con relativi oneri pubblici) per il 2023 dall’ultima Legge di Bilancio, stavolta non c’entra. L’oscuro linguaggio legislativo fa invece riferimento, come riportato, a una Legge del 2019 (primo Governo Conte) che al citato articolo 30 quater prevedeva appunto ‘Interventi a favore di imprese private nel settore radiofonico’.

Al comma 2, in particolare, si specificava che “al fine di favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi multimediali delle imprese di cui al comma 1 (si tratta delle “imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230”; N.d.R.), la Presidenza del Consiglio dei ministri corrisponde alle citate imprese un contributo di 3 milioni di euro per l’anno 2019”.

Tre milioni nel 2019 e adesso due milioni che vanno dunque a Radio Radicale, pur non specificamente citata.

Ma torniamo all’articolo 12 del Milleproroghe. Al comma 2 c’è un rinvio importante di cui si è parlato assai poco, quello del contratto di servizio Stato-Rai, adempimento di tutto rilievo purtroppo ignoto ai più. Il testo ‘recita’ quanto segue:

“Al fine di consentire il rispetto del termine stabilito dall’articolo 5, comma 6, della legge 28 dicembre 2015, n. 220, nonché il pieno esercizio delle competenze della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il termine di scadenza del contratto di servizio vigente tra il Ministero delle imprese e del made in Italy e la RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a. è differito al 30 settembre 2023”.

Perché poi un rinvio infinito, che dura tuttora, ci sia stato in sede parlamentare per costituire, a tanti mesi dalle elezioni, questa benedetta Commissione di Vigilanza sulla Rai, è uno dei misteri di questo inizio di Legislatura.

Resta da dire che il rinvio (stavolta di alcuni mesi) del contratto di servizio, che specifica ‘i doveri’ che la Rai si assume in rapporto (sostanzialmente) all’esistenza del canone e all’affidamento del famoso ‘servizio pubblico radiotelevisivo’, è solo l’ultimo di una nutrita serie storica, mentre, altresì, non di rado succede che gli impegni previsti dallo stesso contratto non vengano poi effettivamente realizzati nella pratica.

Ma passiamo all’ultima norma prevista dal Milleproroghe, anche stavolta in tema di radiofonia. Al comma 5 dell’articolo 12 si legge questo:

“Al fine di dare attuazione all’Accordo tra l’Italia e la Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva e sonora del 14 e 15 giugno 2010, il Ministero delle imprese e del made in Italy predispone entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto una procedura di gara con offerte economiche al ribasso per selezionare un operatore di rete titolare di diritto d’uso radiofonico nazionale in tecnica DAB che renda disponibile, senza oneri, per la Città del Vaticano, per un periodo pari alla durata dell’Accordo, la capacità trasmissiva di un modulo da almeno 36 unità di capacità trasmissiva su un multiplex DAB con copertura nazionale”.

Gli interessati si facciano avanti, dunque, anche perché alle spese ci dovrebbe pensare lo Stato. Al comma 6 si spiega infatti che “al fine di rimborsare gli importi di aggiudicazione corrisposti dall’operatore di rete che renda disponibile senza oneri per la Città del Vaticano per un periodo pari alla durata dell’Accordo la capacità trasmissiva ai sensi del comma 5, è autorizzata la spesa di 338.000 euro annui a decorrere dall’anno 2023”.

Mauro Roffi

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Radio Radicale: proroga dei fondi per il solo 2023

Anche questa volta Radio Radicale ha avuto i fondi nella Legge di Bilancio per proseguire la sua attività nelle forme consuete, mediante il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari (che svolge da tanti anni); la questione però è stata nuovamente oggetto se non di polemiche di continue variazioni e di qualche sorpresa.

Si ricorderà, come avevamo scritto nelle scorse settimane, che a fine 2022 scadeva il termine previsto dalla gara per la diffusione delle sedute parlamentari voluta dal Governo Draghi (dopo vari anni di semplici proroghe) e vinta dallo stesso Centro di Produzione (ossia appunto Radio Radicale) ma limitatamente ad un solo anno o poco più.

Dopo qualche incertezza sulle intenzioni del nuovo Governo Meloni, in sede di discussione parlamentare della Legge di Bilancio, varata di corsa, come si sa, era arrivato l’emendamento (che non ha trovato grandi opposizioni) che provvedeva a rifinanziare l’emittente, riassegnandole il servizio di diffusione delle sedute del Parlamento. Niente gara, stavolta, per cui si torna a una proroga delle norme già presenti nella legge di fine 2019, con ulteriore validità, dunque, di quelle disposizioni.

Il problema è però stato che nell’enorme caos della fase finale dell’esame della Legge di Bilancio, con tempi ultracompressi a causa dell’esigenza di approvarla alla Camera prima di Natale (il Senato la ratificherà prima di fine anno) e le forti prevedibili proteste da parte delle opposizioni, le norme in questione sono state fra le famose 44 finite ‘nel mirino’ della Ragioneria Generale dello Stato. Come si ricorderà, le relative correzioni sono state decise da una apposita seduta, convocata a tambur battente, della Commissione Bilancio della Camera, che ha poi ‘riconsegnato’ il tutto, riveduto e corretto, all’aula.

La contestazione della Ragioneria per la norma su Radio Radicale non riguardava il merito del provvedimento ma naturalmente le coperture, che non erano previste interamente per l’ulteriore triennio proposto per la diffusione delle sedute parlamentari.

La proroga è stata dunque limitata, alla fine, ad un solo anno (il 2023), per una spesa di otto milioni di euro, e nella prossima Legge di Bilancio, pertanto, si dovrà di nuovo affrontare l’argomento.

Ma vediamo cosa prevede di preciso sul tema il testo della Legge di Bilancio approvata nelle scorse ore a Montecitorio e prestissimo all’esame di Palazzo Madama per l’approvazione definitiva (sorprese sembrano davvero improbabili). Come più o meno sempre accade, è stato approvato un nuovo ‘enorme’ e quasi onni-comprensivo articolo 1 del provvedimento. Al nuovo comma 388-quinquies si legge quanto segue:

“Il contratto tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Centro di Produzione Spa, stipulato ai sensi dell’articolo 1, commi 397 e 398, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è prorogato fino all’anno 2023”.

Il successivo comma 388-sexies ‘copre’ la spesa prevista:

“Per lo svolgimento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari è autorizzata la spesa massima di 8 milioni di euro per l’anno 2023”.

Insomma, poco di nuovo sotto il sole e a fine 2023 è fin d’ora facile prevedere un’altra replica.

Mauro Roffi

Radio Radicale: in vista una nuova scadenza per i servizi parlamentari

Si prospetta un’ennesima scadenza vincolante per la vicenda – ‘infinita’ come poche altre in Italia – del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, che da molti anni, pur fra continue polemiche, proroghe e ‘colpi di scena’, è stata ed è vitale per la sopravvivenza di Radio Radicale.

L’emittente ha praticamente sempre svolto questo servizio (lottando strenuamente per averlo e chiedendo costantemente una gara pubblica che poche volte è stata poi effettuata nei fatti) e ha dunque ottenuto i relativi fondi (di indubbio rilievo), nonostante fosse stata creata a suo tempo anche Rai Gr Parlamento.

Ora ci risiamo, a quanto pare, perché l’ultima gara, voluta dal Governo Draghi nel 2021, “per l’affidamento in concessione del servizio di trasmissione radiofonica nazionale in modulazione di frequenza delle sedute parlamentari” e vinta dal Centro di Produzione spa (Radio Radicale) nel dicembre dell’anno scorso, va a scadenza il 31 dicembre 2022.

Cosa succederà adesso, con il Governo Meloni, non è chiaro ma il problema c’è, come ha evidenziato questa mattina Marco Taradash (eccezionalmente alla conduzione di domenica) nella sua rassegna stampa di Radio Radicale ‘Stampa e regime’, citando un articolo in merito del ‘Sole 24 Ore’.

Secondo il quotidiano, citato da Taradash, al momento una semplice proroga non sembra probabile.

Mauro Roffi
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Festival della Tv: Radio Capital è la radio ufficiale, Radio Radicale media partner

Prende il via il Festival della Tv e dei Nuovi Media, appuntamento ormai consolidato di fine estate, che si tiene a Dogliani (Cn).

Numerosi come sempre i protagonisti che si alterneranno nei vari dibattiti – in programma il 2, 3 e 4 settembre – il cui elenco è online all’indirizzo https://festivaldellatv.it/ospiti-2022/.

Radio Capital è la radio ufficiale dell’evento. Sarà in diretta “in loco” venerdì 2 settembre dalle 18.00 alle 20.00 con il “Tg Zero” condotto da Mary Cacciola e da Edoardo Buffoni.

Il giorno seguente, protagonisti saranno Stefano Meloccaro e Benny – dalle 10.00 alle 12.00 – con il loro “Mezzogiornale”, a cui seguirà una puntata speciale del “Tg Zero” dalle 12.00 alle 14.00.

Nel pomeriggio “Capital Hall of Fame” con Fabio Arboit dalle 14.00 alle 16.00 e “Cose che Capital” con Betty Senatore dalle 18.00 alle 20.00, che saranno presenti negli stessi orari anche domenica.

Sempre nella giornata di domenica, al mattino – dalle 10.00 alle 12.00 – trasmetteranno dal Festival Fabio Canino e LaLaura, prossimi al rientro in palinsesto con “I Miracolati”.

Media partner dell’evento è anche Radio Radicale, che proporrà in streaming i dibattiti presenti alla manifestazione.

Il programma dei ‘live’ è disponibile su radioradicale.it.

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