La percentuale di musica italiana in radio, nel 2022, è vicina al 40%

Qualche giorno fa, Morgan – proposto dal neo-sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi come capo del settore Musica del governo – ha rilanciato la necessità di trasmettere più musica italiana in radio.

Il cantante parlava di “un quantitativo di musica italiana pari a quella straniera, com’è in Francia”.

Tutto questo perché “la musica è cultura e dev’essere valorizzata per potenziare il Paese”.

Le risposte – specialmente nella pagine social di FM-world presenti su Facebook – non sono mancate.

A detta di molti professionisti del settore, la richiesta sarebbe fuori luogo in quanto oggi, rispetto ad anni fa, la percentuale di musica italiana in onda è già decisamente alta.

A fare chiarezza, in tal senso, è Paolo Giordano su “Il Giornale” che, riprendendo proprio FM-world.it (che definisce autorevole e non possiamo che ringraziarlo per questo), mette in evidenza che nel 2022 ancora in corso, la percentuale di musica italiana – secondo fonti EarOne – è stata pari finora al 39,40%.

Un dato decisamente alto, cresciuto peraltro di quasi il 4% in due anni: nel 2020, la ‘quantità’ del “made in Italy” era pari al 35,70%.

Considerando il fatto che alcune emittenti non trasmettono musica italiana per scelta editoriale – pensiamo per esempio alle “rockettare” Virgin Radio e Radiofreccia – è presumibile pensare che le reti dalla playlist generalista siano già prossime al 50% di musica italiana.

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Il Friuli Venezia Giulia è la regione italiana dove si ascolta maggiormente la radio

Il Friuli Venezia Giulia è la regione dove si ascolta maggiormente la radio (con quasi 3 abitanti su 4 che la seguono quotidianamente), mentre la Calabria regista meno di 6 fruitori del mezzo ogni 10 abitanti.

Il dato emerge dall’indagine RadioTER ‘Giorno medio ieri’ relativa al secondo semestre 2020.

Rapportando il numero di chi dichiara di ascoltare quotidianamente la radio con la popolazione censita, sono emersi risultati che mettono in luce l’indice di penetrazione del ‘mezzo’.

Complessivamente le percentuali più corpose si raggiungono nelle regioni del centro-nord, anche se la Puglia si colloca nella metà alta della classifica totale.

Se il Friuli Venezia Giulia domina con il 73,31% di persone che ascoltano ogni giorno la radio, al secondo posto si posiziona il vicino Veneto con il 69,04%, mentre terza è la Valle d’Aosta con il 68,18%.

Leggendo dal basso la classifica, invece, come già anticipato abbiamo la Calabria con il 57,99%, seguita da Sicilia (58,53%) e Molise (59,86%).

La media nazionale è pari al 63,60%.

Questa la classifica totale, regione per regione:

1. FRIULI VENEZIA GIULIA 73,31%
2. VENETO 69,04%
3. VALLE D’AOSTA 68,18%
4. UMBRIA 65,98%
5. EMILIA-ROMAGNA 65,85%
6. MARCHE 65,01%
7. PUGLIA 64,65%
8. LAZIO 64,36%
9. LOMBARDIA 64,32%
10. ABRUZZO 64,22%
11. TOSCANA 64,18%
12. TRENTINO ALTO ADIGE 63,02%
13. BASILICATA 62,67%
14. SARDEGNA 61,47%
15. CAMPANIA 61,15%
16. PIEMONTE 61,00%
17. LIGURIA 60,39%
18. MOLISE 59,86%
19. SICILIA 58,53%
20. CALABRIA 57,99%

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La musica in radio dopo Sanremo: quasi un brano su due è italiano

Che percentuale occupa la musica italiana nelle radio del nostro Paese?

Dopo la proposta di legge del presidente della commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera, Alessandro Morelli della Lega (che vorrebbe che ogni tre brani trasmessi, almeno uno fosse italiano), siamo andati a verificare quanta musica italiana sia presente oggi nelle emittenti di casa nostra.

Secondo le classifiche dell’ultima settimana di EarOne e RadioAirPlay, che risentono tuttavia degli ingressi delle canzoni di Sanremo, la percentuale media dei brani “made in Italy” sembra già essere superiore.

Tra i venti pezzi più programmati della settimana, EarOne rileva ben 10 artisti di casa nostra, mentre RadioAirPlay si ferma a nove.

Si tratta ovviamente di una media, dove realtà tematiche quali Radio Italia Solo Musica Italiana o Radio Zeta alzano l’incidenza, ma complessivamente sono davvero poche le reti dove i brani di casa nostra sono “banditi”.

Tra queste spiccano le rockettare Virgin Radio e Radiofreccia, ma la percentuale di lingua italiana è bassa anche su dance-station quali m2o.

Il tutto, senza considerare casi ancora più radicali di emittenti (oggi solo web) che della musica internazionale hanno sempre fatto un fiore all’occhiello (basti pensare a Radio Milano International, per citare un caso noto al grande pubblico).

Uno dei punti di riferimento dei promotori resta la Francia, dove il 40% dei brani trasmessi in radio deve essere (almeno parzialmente) francofono.

La proposta al momento sembra aver spaccato l’opinione pubblica, tra chi vede nella potenziale legge una limitazione alla libertà di scelta dei programmatori e chi invece lo ritiene un “trampolino di lancio” per dare più spazio ad artisti (anche emergenti) di casa nostra.

Di certo, non è la prima volta che in Italia si avanza la proposta di un tetto minimo per la musica di casa nostra (ne aveva parlato anche l’ex-Ministro ai Beni Culturali e Turismo Dario Franceschini). Andrà in porto questa volta o diventerà nuovamente un tentativo a vuoto?