RTL 102.5 News diventa RTL 102.5 Traffic

Prosegue il processo di trasformazione che sta contraddistinguendo RTL 102.5 News.

Terminate la trasmissioni talk in diretta, l’emittente si è concentrata sugli aggiornamenti inerenti alla viabilità, alternati ad una programmazione musicale di hit contemporanee.

Da martedì 29 ottobre, tuttavia, l’identificativo della radio è cambiato.

Ora il canale è stato nominato RTL 102.5 Traffic.

Come per ogni nativa digitale del gruppo, la si può seguire sia in versione audio che video, tra DAB+ (mux EuroDab Italia) e IP (con l’app RTL 102.5 Play).

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Agcom: alla luce dell’evoluzione del mercato, l’obbligo di dotazione DAB sulle auto, vista la presenza dell’IP, ha ancora senso?

Con la nuova indagine conoscitiva sulla regolamentazione DAB, Agcom chiede anche di valutare l’opportunità di indennizzi per spegnere la FM.

Nei giorni scorsi l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato (con la delibera 316/24/CONS) una consultazione pubblica sulla riforma della regolamentazione della piattaforma DAB+.

Nel documento, Agcom torna nuovamente su temi incandescenti per il settore, come lo spegnimento della FM, l’obbligo di dotazione DAB sulle auto, la composizione dei consorzi e la progressione dell’ascolto IP.

FM-world ne parla con Massimo Lualdi, avvocato di Consultmedia e direttore di Newslinet, che per primo ha analizzato il documento all’indomani della pubblicazione.

FM-world – L’indagine conoscitiva di Agcom in pratica è una summa di tutte le considerazioni da te effettuate nell’ultimo anno…

Massimo Lualdi – Sì, evidentemente le nostre sollecitazioni erano fondate…

FM-world – Partiamo dal tema più caro ai radiofonici: la sorte della FM. Quali novità?

Massimo Lualdi – In realtà nessuna. Non si parla di switch-off, anche se Agcom (a mio avviso non causalmente) richiama altre esperienze europee (come Norvegia, Svizzera e Francia), tracciando date con al centro una ricorrente da anni a questa parte: il 2030…

FM-world – Cosa rappresenta quella data?

Massimo Lualdi – Ha una rilevanza in termini di asset legacy, definizione di un bene presente nei bilanci da lungo tempo che però è diventato obsoleto o ha perso quasi tutto il suo valore iniziale, divenendo una passività per l’ente che lo detiene, poiché potrebbe comportare costi di gestione superiori ai benefici prodotti. L’algoritmo del Metodo Consultmedia, il modello di determinazione del valore economico degli impianti FM adottato dall’Agenzia delle entrate (e da numerosi organi giurisdizionali nelle procedure concorsuali) per la verifica della congruità delle compravendite, fissa intorno a quella data (con differenziali geografici) un possibile superamento degli svantaggi rispetto ai vantaggi d’esercizio di un impianto. Un po’ come le onde medie, che sono state dismesse quanto l’audience prodotta non giustificava i costi alla presenza di metodi alternativi per l’erogazione del servizio di radiodiffusione.

FM-world – E cosa propone Agcom?

Massimo Lualdi – Di valutare l’introduzione nel Regolamento Dab di eventuali misure che possano favorire la migrazione dalla radiofonia analogica Fm a quella digitale Dab+ sebbene in maniera volontaria e incentivando questo passaggio. Nulla di nuovo in realtà: una previsione di questo tipo era già presente nelle Linee Guida sui bandi DAB. Occorrerà valutare cosa si intende per incentivazione: indennizzi economici? Crediti d’imposta? Esonero da determinati obblighi? Quel che è probabile, però, è che non si tratterà di dismettere un singolo impianto, ma un’intera rete. O meglio, abbandonare tout court la diffusione analogica…

FM-world – Aderiranno in pochi…

Massimo Lualdi – Non è detto. Dipende dai vantaggi derivanti…

FM-world – Un altro punto critico della delibera è la possibilità che i consorzi DAB aprano a soci non radiofonici. Un tuo cavallo di battaglia…

Massimo Lualdi – Sì, ho sempre ritenuto anacronistico pensare che nei consorzi ci fossero solo le emittenti analogiche (concessionarie). Non ha un senso logico, in particolare per quanto riguarda le società tecnologiche – posto che di fatto il consorzio è poi affidato a società esterne per il suo funzionamento – ed i nativi digitali, relegati a figli di un dio minore, come per le indagini di ascolto. Si tratta di una shortcut opportuna…

FM-world – Con l’indagine si chiederà di valutare l’opportunità di preservare l’obbligo di inserire il Dab nelle auto, posto che alcuni produttori stanno utilizzando sistemi IP (eliminando l’autoradio tout court). E’ evidente il richiamo agli articoli di Newslinet sulle case automobilistiche che hanno eliminato da alcuni modelli il ricevitore via etere (Citroen e Renault).

Massimo Lualdi – Diciamo che Agcom in questo caso l’ha presa da lontano. Difficile che passi l’eliminazione dell’obbligo. Ma la difesa degli editori dai competitor sul dashboard dell’auto (Spotify ecc…) non passa certo dal broadcast, che sarà a breve intermediato da Android Auto ed Apple CarPlay (sistemi che prendono di fatto il controllo del car entertainment), quanto da regole cogenti di prominence. Sul punto mi sembra che gli editori non abbiano le idee chiare pensando di poter controllare la somministrazione sui device connessi (ed anche non connessi, come dimostrano i problemi degli elenchi sulle autoradio DAB e la vicenda dei codici PI e metadati). Follia pure, come ha dimostrato il braccio di ferro con TuneIn: chi non c’è è bannato dai comandi vocali semplificati di Android Auto ed Apple CarPlay (Ehi Google, metti Radio Pinco!). Ed i comandi vocali sono la più probabile modalità di sintonizzazione del futuro in auto (così come lo sono già per gli smart speaker nelle case). Come Consultmedia esporremo in sede di partecipazione all’indagine conoscitiva l’opportunità di un obbligo proxy trasversale in capo a tutti gli aggregatori (nessuno escluso): prima le emittenti della nazione (nazionali + regionali in ordine alfanumerico, esclusi i caratteri speciali che non siano parte della denominazione, partendo da quelle in possesso di concessione, autorizzazione FSMR, autorizzazione Agcom), poi il resto dell’offerta mondiale. Il resto è utopia. Il problema è che questa consultazione durerà un anno, salvo proroghe. E tra un anno si saranno consolidate determinate tendenze.

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Prominence: di cosa si tratta e perchè dobbiamo occuparcene subito

La posizione di prominenza degli operatori radio-tv tradizionali, garantita da un segnale robusto per la radio o da una numerazione bassa nelle LCN della TV, sta rapidamente scomparendo.

Si è dunque coniato il termine prominence (per lo più associato alla TV, ma ovviamente lo stesso concetto si può applicare alla categoria audio) per nobiliare i tentativi di trasportare nel nuovo mondo digitale i vantaggi acquisiti dagli operatori storici.

In questo articolo vediamo rapidamente di cosa si tratta per poi cercare di fare qualche considerazione – speriamo – sensata. 

Prominence 

Iniziamo dalla definizione completa, fornitaci da PeperoniAI:


Possiamo dunque utilizzare la parola italiana “visibilità’”, come suggerito dal nostro amico LLM. La visibilità implica capacità di attirare l’attenzione dell’audience, con la conseguente maggior probabilità che l’utente scelga il nostro contenuto (ed eventualmente ci resti, se lo trova di suo gradimento). 

Come sappiamo tutti, storicamente la visibilità nel settore radio si raggiunge(va) con un segnale potente (e magari attorno ai 98 Mhz) mentre in quello televisivo con un buon posizionamento nella LCN. 

Logica discutibile 

LCN: Il termine inglese significa Logical Channel Numbers, dove la presunta “logica” deriva dall’idea che il burocrate delle authority abbia più buon senso del telespettatore. 

Ricordiamo infatti tutti come al tempo dell’analogico potevamo scegliere liberamente l’ordine dei canali. D’accordo, sui primi sei c’era consenso, ma dal settimo in poi i “canali” dovevano guadagnarsi la posizione con i loro contenuti.

Ma il mondo della TV lineare ha deciso diversamente: un’autorità nazionale decide per tutti coloro che ricevono in UHF.

In ogni caso il risultato è uno spreco energie ad alti livelli in diatribe quali la “possibilità di scambiare numerazioni automatiche dei canali all’interno della medesima area tecnica tra reti non omogenee”. Battaglie probabilmente inutili perché nessun umano può davvero ricordare posizioni oltre le prime decine, ma soprattutto perché le modalità di accesso ai contenuti video sta rapidamente mutando.

Bottoni e app

Molti i motivi. Un primo evidente: da anni i telecomandi sono dotati dei bottoni di accesso direttto ad alcuni importanti OTT. Bottoni che una volta premuti portano ad accattivanti schermate di impostazione moderna dove non si fa differenza tra contenuti live e on-demand.

In secondo luogo prevale ormai negli utenti l’abitudine alla fruizione dei contenuti tramite icone e app, approcio inventato da Steve Jobs con l’iOS 1 e adottato nel campo TV per primo da Netflix. Un sistema che prevede lunghe descrizioni, le possibilità di preview e di binge watching e che regala un’esperienza utente infinitamente superiore a quello dello “scanalamento” o delle scomodissime “EPG”.

Senza dimenticare che è  TV per i piû giovani si chiama YouTube:

Tanti ragazzi non fanno differenza tra schermo di cellulari, tablet e TV e usano il portale di Google come “televisione”.

Ironico, considerato che per loro la parola “tube” (in YouTube) probabilmente non significherà proprio nulla.

Oltre al danno, la beffa 

Con una beffa finale: anche chi resta legato alla LCN si vede proporre alcuni canali brandizzati dal produttore della TV (LG Channels, Samsung Tv Plus) : canali digitali che esistono come app (in prominence) ma che sono anche mappati su una numerazione aggiuntiva alla LCN la cui logica è scelta dal produttore.

Con il risultato che anche se vogliamo un classico canale nazionale (quelli che tutt’ora godono dei numeri bassi in base ai fasti del passato), non appena digitiamo la prima cifra la TV ci propone i canali proprietari che iniziano con o contengono la cifra digitata. 

Un vero attacco allo status quo, che il settore radiofonico e’ invece riuscito a ritardare  grazie al fatto di essere ancora sostanzialmente fermo alla nostra adorata FM.

Radio 

Per la radio, anzi per i contenuti audio, possiamo comunque provare a proiettarci in un mondo prevalentemente digitale, facendoci aiutare dall’ esempio del Regno Unito (da sempre pioniere nell’adozione delle tecnologie). 

Nell’ex membro EU ben il 75% degli ascoltatori usa nella settimana una piattaforma digitale (dati RAJAR): 40% DAB, 52% Smart Speaker, 32% app su cellulare (la somma e superiore al 100% per motivi facili a comprendere).

Il dato relativo agli smart speaker – se consideriamo nella categoria anche gli HomePod Apple – è anche in linea con quanto aveva affermato il direttore di The Times Radio durante un’intervista per Newslinet: sempre di piu’ anche in UK il ruolo della classica “radio” di casa viene preso dagli speaker, smart o meno.

Prominence

Dobbiamo quindi porci il problema di cosa sia la prominence per la radio. Azzardiamo qualche risposta.

In casa, con gli smart speaker, prominence (sorry: la visibilita’) corrisponde in primo luogo alla potenza del proprio marchio.

E alla facilità di essere riconosciuto correttamente a un comando vocale: qualche semplice prova dimostra ad esempio che funziona molto bene “Riviera Radio” (nome unico), maluccio “dee jay” (nome generico).

Per quanto riguarda invece il DAB e l’IP,  dove non esistono a nostro avviso player dominanti, il problema resta quello di emergere nel mare dei canali: circa 150 a Milano città in DAB, e sostanzialmente infiniti nel mondo in IP.

Dashboard

E qui si ritorna al dashboard e alla serie di interviste che stiamo effettuando con alcuni player del settore. Perché la radio – si sa – è il tipico media da ascoltare in viaggio.

Prominence è in questo caso il posizionamento sul cruscotto (anzi: dashboard) delle vetture, un campo dove sembra si stia giocando una battaglia tra costruttori e piattaforme (cfr il caso GM), ma a fronte di utenti che…non ne vogliono sapere.

Utenti frustrati

Talmente gustoso il titolo di un recente articolo di The Verge in merito che lo riportiamo tale quale: “Le persone non ne possono piu’ di tutta la tecnologia inutile nelle loro auto.

Per la prima volta in 28 anni di sondaggio sui proprietari di auto di JD Power, c’è un calo consecutivo della soddisfazione anno su anno, con la maggior parte dell’ira diretta all’infotainment in-car.”

Se è abituato a un’app sul cellulare, è proprio questa app che l’utente vuole ritrovare, il più uguale possibile, sullo schermo della vettura. Come testimonia la ricerca citata, dove si afferma che la preferenza va a Apple Car Play di Apple.

Lo sottolineiamo, perché lo riteniamo un dato essenziale: gli utenti vogliono in auto la stessa esperienza utente che hanno sul loro cellulare.

Che ci porta ad avanzare l’ipotesi che sia strategico investire subito sulla promozione delle app proprietarie (mono brand) e contemporaneamente su un buon posizionamento sui principali aggregatori (dove altrimenti esiste il problema della “prima pagina”, proprio come accade con le ricerche Google).

Ricordiamo per concludere che solo gli aggregatori hanno una chance di essere “visibili” sui dashboard delle vetture del futuro, dove già oggi competono con…Spotify.

Ma di questo riparleremo a breve.

(Marco Barsotti per FM-World)

“La tua radio sarà diversa”: il nuovo progetto web di Dj Osso

“La tua radio sarà diversa… Prossimamente in Web!”.

È un messaggio semplice e chiaro, quello che Dj Osso lancia dai propri social.

Dopo anni a m2o e l’attuale presenza in “Tutti nudi” di Rai Radio2, per il dj noto per i suoi mash up si apre dunque una iniziativa che potrebbe vedere protagonisti i suoi mixati su un’emittente tematica.

Il logo di “Dj Osso Radio” è online sui profili dell’artista, che nella vita di tutti i giorni si chiama Gianluca Oddo.

(Si ringrazia Andrea Lombardo per la segnalazione)

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Anno record per il DAB+ nel Regno Unito

Il Regno Unito è da sempre uno dei Paesi-simbolo del DAB+ in Europa.

A confermarlo è stato l’anno 2019, che ha registrato – come segnala la newsletter di Confindustria Radio Televisioni – 2,38 milioni di nuove auto con la radio digitale di serie.

Di fatto, nel quarto trimestre dell’anno appena conclusosi, il 95% delle nuove auto immatricolate ha disposto della “digital radio” senza costi aggiuntivi e questo sta incidendo inevitabilmente nella scelta del device utilizzato dagli automobilisti.

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’indagine inglese RAJAR, l’ascolto digitale in auto ha raggiunto quota 42,2%.

L’offerta DAB+ nel Regno Unito, va sottolineato, propone una serie di pacchetti molto più ricca dell’FM.

Ad oggi sono più di 50 le stazioni digitali nazionali e diverse centinaia quelle locali.

Cresce in parallelo anche l’ascolto della radio tramite IP, in particolare con aggregatori che propongono un’offerta ancora più diversificata, ma la “diatriba” tra l’una e l’altra proposta digitale porta sempre allo stesso dilemma: secondo i promotori del DAB+, quest’ultimo consente una copertura anche in zone non servite dalla rete wireless e non incide sul consumo dati.

In Italia, al momento, l’ascolto dell’FM in auto resta ancora prioritario, ma proprio il 2020 – in seguito alle direttive UE sulla digitalizzazione delle autoradio – potrebbe segnare un primo cambio di tendenza.

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Automobili sempre più “digital” per radio e servizi audio

L’industria automobilista è pronta alla digitalizzazione della radio.

Ad annunciarlo sono comunicati stampa sempre più frequenti, inerenti al rinnovo del “parco auto”.

Gli spagnoli della Seat, per esempio, anticipano vari aggiornamenti e miglioramenti alla gamma 2020 della propria produzione, con l’introduzione di equipaggiamenti aggiuntivi, a partire dalla radio digitale di tipo DAB+, disponibile anche per il Suv Tarraco.

Con il sistema di navigazione MMI plus, invece, la nuova Audi A1 Citycarver propone l’utilizzo di servizi Audi connect come la funzione Hybrid Radio, l’hotspot Wi-Fi e le informazioni su viaggi, parcheggi e viabilità.

Novità promosse nelle ultime ore e che evidenziano il cambiamento epocale che sta attraversando la radiofonia, anche e soprattutto in auto, dove al momento (per quanto?) l’FM rappresenta ancora il device di maggiore utilizzo da parte dell’utenza.