Podcast batte Radio e TV alle elezioni presidenziali: i numeri e alcune considerazioni dagli USA

Dopo i sorprendenti risultati delle elezioni presidenziali USA – che hanno visto Trump vincere di larga misura, quando i sondaggisti davano un lieve vantaggio per Harris – si sono moltiplicate le analisi delle strategie di comunicazione dei due candidati. Tante le considerazioni ma una sopra tutte: i podcast sono stati la chiave di volta – e sono destinati a continuare a esserlo.

In altre parole: TV e Radio “lineari” stanno  perdendo la loro importanza e risulta perdente anche la strategia di caricare i contenuti dei media tradizionali sulle piattaforme di podcasting, magari chiamandoli “catch up” radio. Vale dunque la pena riassumere quanto accaduto e fare qualche considerazione.

I numeri

Cominciamo dai numeri dei canali “lineari”.

Il classico dibattito elettorale in TV, quello dove i candidati hanno i minuti contati e i giornalisti pongono domande standardizzate, ha visto quest’anno circa 51,3 milioni di telespettatori. Un calo del 30% rispetto allo stesso identico dibattito del 2020, che era stato seguito da 73,1 milioni di telespettatori. Per quanto riguarda la radio, analogo dibattito ha avuto luogo su NPR, la rete pubblica statunitense, ma non sono noti i risultati di ascolto. NPR ha inoltre ritrasmesso (simulcast) il dibattito TV dell’11 settembre.

Un dato interessante si può ricavare dal numero di “views” sul canale YouTube della rete host, ABC: pur trattandosi di uno dei tre storici network analogici USA, il numero di visioni è stato di soli 15.434.297 telespettatori.

Podcast contro TV, 3-1

In pratica neppure un terzo di quanti hanno seguito il podcast-dialogo tra Trump e Rogan sul solo canale YouTube del podcaster Rogan: 52 milioni, di cui 22 circa durante le prime 24 ore. 

A questi vanno ovviamente aggiunti gli ascoltatori su Spotify, il cui numero non è stato reso pubblico. Ma considerando che il numero di followers su YouTube e Spotify è sostanzialmente identico possiamo ipotizzare si debbano aggiungere altre decine di milioni di ascolti.

Harris

L’esperienza dell’altro candidato, Harris, potrebbe smentire tanto entusiasmo: la sua partecipazione al secondo podcast più popolare di Spotify, “Call Her Daddy” ha portato meno di un milione di ascolti (questione su cui torniamo tra poco)

Fiducia

Non è solo l’asettico computo delle views che va considerato: c’è anche una questione di fiducia nel mezzo e quelli tradizionali stanno andando decisamente male.

Ad esempio, parlando di carta stampata (e/o dei siti della ex carta stampata)  il fondatore di Amazon e proprietario di The Washington Post, Jeff Bezos, ha recentemente spiegato come per la prima volta nella storia della rilevazione la fiducia degli americani rispetto a quanto scrive un quotidiano ha raggiunto il minimo di sempre, superando in negativo perfino il congresso.

100 Milioni di ascoltatori

Risultato: cresce la fiducia nei podcaster (podcaster, non necessariamente podcast).

Tanto da portare il 47% dei cittadini USA ad ascoltare almeno un podcast al mese, un numero che tocca il 59% se si considerano i minori di 34 anni (dati di Edison Research). In generale, secondo Edison, i podcast vantano ormai negli USA un’audience pari a 100 milioni di ascoltatori.

Linguaggio differente

Chiudiamo con una considerazione che abbiamo sentito fare a numerosi analisti e che spiega probabilmente il deludente risultato di Harris. Gli anchor, i conduttori dei podcast di successo adottano un linguaggio, un tipo di conduzione, molto lontano da quelli tradizionali radio televisivi.

Niente interviste: si tratta invece di conversazioni – ci verrebbe da dire – nel caso di Rogan tra pari. Conversazioni che possono prendere le strade più inattese e che spesso durano oltre le 3 ore (con punte di 4).

Un’impostazione che permette al pubblico di capire  la vera personalità di chi viene intervistato. Nessuna frase fatta, nessuno script, nessun messaggio preconfezionato può resistere a un dialogo di tre ore.

Tutto il contrario di quanto si era abituati ad ascoltare nei dibattiti TV, quelli con “pari minuti di parola” ai vari candidati e domande spesso poco o per nulla graffianti da parte dei blasonati giornalisti che li conducono. (M.H.B. per FM-world)