L’evoluzione dell’apparecchio radiofonico in mostra all’ADI Design Museum di Milano: FM-world intervista Davide Vercelli

L’evoluzione nel mondo della radiodiffusione, dai primi apparecchi radio a valvole alle apparecchiature più moderne è in esposizione al ADI Design Museum di Milano: una mostra che gli appassionati di radio non possono decisamente mancare, per scoprire apparecchi e rivalità tra i design italiani e tedeschi, ma anche quando è stata prodotta la prima radio FM in Italia. FM-world ha intervistato il curatore dell’esposizione, il designer Davide Vercelli.

Radio is Queen

Anni fa andava di moda la frase Content is King, per dire che ciò che conta nel mondo dei media sono i contenuti. Sarà, ma chi scrive – e siamo sicuri tanti di coloro che ci leggono – sono o sono stati appassionati anche del contenitore, dell’apparecchio “Radio”.
E d’altronde, se guardiamo le vecchie copertine del Radiocorriere, vediamo che in passato che il ricevitore era spesso in copertina, al posto di conduttori o cantanti.

Armonia di linea, Purezza di voce

Meno noto il fatto che, come si potrà vedere a Milano , tanti di questi apparecchi portano firme di designer e architetti prestigiosi, quali Le Corbusier, i fratelli Castiglioni, Zanuso e tanti altri.
L’ADI Design Museum di Milano ha deciso  dunque di ospitare la prima tappa dell’esposizione intitolata “Radio Design: L’evoluzione estetica degli apparecchi radiofonici“, a cura di Davide Vercelli.
Impossibile resistere alla tentazione di parlargli direttamente: abbiamo dunque chiesto e ottenuto il contatto dalla direzione del museo. Questo il resoconto dell’intervista che ha avuto luogo lunedì 2 settembre 2024. Per chi preferisce, l’audio originale è disponibile a questo indirizzo.

L’intervista

M.H.B.-FMworld: Per chi non ti conoscesse una breve tua presentazione.

Davide Vercelli: Sono un ingegnere deviato alla creatività, nel senso che ho una formazione da ingegnere ma non ho mai fatto l’ingegnere materialmente: progetto invece oggetti per aziende. Poi ho in gestione per Arte Fiera sempre a Bologna, parte degli eventi collettivi. Sono appassionato di design di radio e ho iniziato una collezione specificatamente dedicata al design degli apparecchi connessi in qualche modo alla musica ormai 30 anni fa. 

M.H.B.-FMworld: Abbiamo letto che la collezione dei pezzi presentati è tua, non si tratta di pezzi reperiti sul mercato o in altri musei…

Davide Vercelli: Sì, è così, io negli anni ho addirittura dovuto acquistare un capannone per gestire gli apparecchi che man mano ho radunato. C’è uno scrittore che si chiama Walter Benjamin che ha scritto delle cose meravigliose sul collezionismo e ci paragona a Sisyphos, quindi un sasso dopo l’altro portato alla sommità della montagna per poi ridiscendere. Gli oggetti sono così. Per cui la maggior parte degli oggetti esposti è mia, tranne due o tre che per i quali ho coinvolto amici collezionisti.

L’esposizione

M.H.B.-FMworld: Raccontaci a questo punto cosa ci attende a Milano.

D.V.: Allora io nella pletora di possibilità che ci presentava ho voluto raccontare delle storie che in qualche modo hanno attraversato la società italiana ed europea a partire dagli esordi della radio in poi.

Nel caso specifico sono nove e riguardano dei temi specifici. In parte è un’epopea di alcune aziende europee che hanno fatto la storia della radio: Braun, che prima di fare spazzolini da denti  ha fatto delle cose meravigliose, prima con Hans Gugelot, quindi la scuola di Ulm, e poi con Dieter Rams (leggere questo, N.d.R.) ha fatto delle cose meravigliose nell’ambito audio, bellissime e forse inarrivate, dal ’57 in poi diciamo.

Una delle creazioni più famose di Braun è la cosiddetta “Barra di Biancaneve” (Braun SK55), che è questo radiofonografo da porre in centro stanza. Perché non ha un retro come accade abitualmente su tutti gli apparecchi, dove  per primo ha utilizzato il policarbonato trasparente, per non coprire ma svelare la presenza del giradischi, cosa che poi è stata adottata in poi tutti gli impianti stereo che ancora oggi utilizzano un giradischi.

Ducati

Quindi dicev , Braun, Brionvega ma anche Ducati. Ducati, prima di essere nota e famosa per le moto, produceva componenti elettromeccanici e negli anni ’40 ha prodotto una serie di tre radio in legno piallacciato chiare, in un’epoca dove tutto era scuro, noce, legno scuro.

Una linea perfetta che è all’avanguardia ancora adesso, e una in particolare – è una di quelle che non è mia – , si chiama affettuosamente “radio papale”.

È un esempio di eleganza meravigliosa da vedere, con una scala verde e le manopole verde, degli anni ’40, quindi in legno piallacciato chiaro, anticipando il design del Nord Europa.

Space Age

E poi raccontiamo invece una serie di storie un po’ più intime, non relative a grandi aziende ma che hanno attraversato la società, per cui Space Age, l’influenza che la fantascienza e poi i viaggi spaziali hanno avuto sul design generale, sul design delle radio e degli apparecchi. Per cui le forme Sputnik, quelle rotonde, oppure a razzo, l’uso di materiali come il cromo, le plastiche lucide,  c’è uno degli slot dedicato alla Space Age.

 

Giò Ponti

Dopodiché raccontiamo che Giò Ponti (l’architetto del palazzo scelto da Hazan per la sede della sua Finelco, ora RadioMediaset N.d.R.), nel 1930, tuonò nella sua rivista contro le aziende produttrici di radio dicendo che erano solo in grado di mettere un apparato elettronico all’interno di un comodino in stile Tudor o Queen Anne, fruibile solo per i cottage americani e della necessità di strutturare un’architettura razionalista non ci fosse nulla.

Quindi stimolò, con La voce del padrone, His Master’s Voice, che era un’azienda produttrice, un concorso vinto da Figini e Polini, due architetti modernisti che entrarono nell’ambito del lavoro con lo studio di Giò Ponti che disegnarono questa radio che si chiama Domus, che è un piccolo capolavoro di architettura.

Un edificio razionalista e le geometrie variabili

Un parallelepipedo perfettamente squadrato, le manopole bianche, la disposizione dei comandi estremamente elementare, sembra un edificio razionalista in miniatura con un piallaccio in ebano, quindi estremamente raffinato, una bellezza totale. Esponiamo il numero di gennaio del 1933 di Domus, laddove viene bandito questo concorso.

Ci è piaciuto poi raccontare delle storie, ci sono le geometrie variabili, tutti quegli apparecchi come la TS 502, la Radio Cubo, che volutamente non rappresentiamo nello slot della Brionvega ma in quello delle geometrie variabili perché è stato il capostipite di questi oggetti che potevano essere modificati dall’utente.

Insieme a degli apparecchi, per esempio c’è un impianto stereo di Wega (designer Werner Panton), marca tedesca, che anche lì ha due porzioni che ruotano l’una sull’altra a liberare il giradischi.

Italia vs Germania

Poi vorrei ricordare la diatriba Italia vs Germania sulla radio popolare. Laddove i due regimi avevano necessità di diffondere il proprio verbo e di creare un’unità nazionale, in Italia e Germania i governi  si mossero con principi molto diversi, con efficacia e risultati estetici estremamente agli antipodi, direi, un esempio significativo di un approccio progettuale differente tra i nostri due popoli che sussiste tuttora.

M.H.B.-FMworld: Puoi spiegare meglio? Cosa intendi?

D.V.: Intendo che ai tempi noi facciamo un editto in cui coinvolgiamo 12 aziende e diamo delle indicazioni di massima, la radio deve avere queste caratteristiche, ricevere determinate stazioni e avere questa forma più o meno.

Quindi cosa accade? Che in Italia ognuno si fece una radio più o meno come voleva, sono distinguibili, si riconoscono, si chiama radio rurale per i fregi, perché il fregio caratteristico è una spiga in alluminio sul frontale della radio, però sostanzialmente anche dal punto di vista elettrico ognuno mise dentro, ogni produttore, ero 11 o 12, mise dentro un apparecchio che già aveva leggermente modificato.

In Germania, da tedeschi: la radio deve essere questa, uno stampo che faceva la Basf in bachelite uguale per tutti e il progetto elettronico verteva su una valvola sola. Per cui, mobile identico per tutti, stampato in bachelite, elettronico con una valvola e questo permise loro, con questa estrema razionalizzazione della produzione, di fare una radio che costava pochissimo e di distribuirne milioni: la Volksempfänger

Tanto che, a distanza di pochi anni, il 70% della popolazione tedesca aveva in casa una radio popolare tedesca.

Le nostre radio, bellissime, sono proprio meravigliose, ma con una produzione limitata e esclusivamente dedicata alle scuole e agli enti rurali, sindacati e cose varie.

Quindi noi abbiamo pensato di colpire una popolazione giovanile principalmente attraverso le scuole, loro invece di diffondere la radio in massa.

A livello di efficacia siamo stati un po’ perdenti.

50 kW

M.H.B.-FMworld: Dunque Mussolini inaugurava “il trasmettitore più potente d’europa”, 50 KW a Roma, ma alla fine non aveva gente che lo potesse ascoltare ?

D.V.: Esattamente. Una cosa interessante che facemmo comunque fu indirizzare la nostra radio alle popolazioni giovanili, quindi alle scuole. Esisteva un periodico mensile che programmava settimanalmente delle trasmissioni educative. Le scuole seguivano quelle trasmissioni che andavano in onda al mattino, tipo alle 10, con temi come la missione dell’Italia in Etiopia o l’aeroplano e l’aviatore. Con tanto di rivista e, soprattutto, un poster enorme che veniva affisso nelle scuole, graficamente illustrando il contenuto delle lezioni.

M.H.B.-FMworld: Una filosofia sostanzialmente diversa tra i due popoli…

D.V.: Esatto. E questa differente lettura del progetto, del design, si riflette anche nel confronto tra Braun e Brionvega. Ci sono apposta anche per quello: Braun, con Dieter Rams: minimalismo totale, colori bianchi, assenza totale di elementi decorativi, e una linea produttiva che, dal ’57 fino agli anni ’80, può essere facilmente identificata. Brionvega, al contrario, esplose con colori vivaci, plastiche e modelli identificabili, ma molto diversi tra loro. Anche questo tipo di approccio progettuale ci appartiene in qualche modo, e appartiene ancora ai tempi odierni tra Italia e Germania.

La La La Radio

D.V.: C’è anche una parte dedicata alle radio più moderne, fino agli anni ’80, con pezzi di Philippe Starck, che abbiamo inserito nella sezione dedicata agli “outsider”. Sono apparecchi che, sebbene importanti, non appartengono ai grandi gruppi identificati in precedenza. Starck ha lavorato con aziende come Alessi e Telefunken, e ha disegnato delle radio interessanti come “La La La Radio”, che è sostanzialmente un grande cono che enfatizza l’altoparlante, con i comandi molto piccoli. È stata prodotta in 7.000 esemplari numerati e noi ne abbiamo uno in esposizione.

M.H.B.-FMworld: Questi apparecchi sono funzionanti? Li fate funzionare durante l’esposizione?

D.V.: La quasi totalità è funzionante, perché il mio interesse principale è smontare gli apparecchi e riportarli a una condizione di restauro conservativo.

Tuttavia, nessuna di esse funziona qui, perché sono molto vecchie e non rispettano le norme di sicurezza attuali, quindi abbiamo preferito considerarle un’esposizione museale. Però ci piacerebbe, magari in qualche fase di apertura, farne funzionare una per mostrare come  suonavano all’epoca….

M.H.B.-FMworld:  …Ma Assolutamente! Poi a Milano ci sono ancora una o forse due emittenti private in OM…

D.V.: Esatto, poche stazioni sulle OM  dopo che la RAI ha smesso di trasmetterci  l’11 settembre di due anni fa, abbattendo le antenne. È una scelta che ha fatto arrabbiare molti appassionati.

La prima radio FM

M.H.B.-FMworld: Quando è stata introdotta l’FM negli apparecchi italiani?

D.V. Alla fine del 1949, sfruttando l’attenzione che andava attirando su di sé il settore della modulazione di frequenza (a rimorchio del nascente sviluppo televisivo), la Imca, azienda di Alessandria uscì sul mercato con la prima serie di apparecchi riceventi a modulazione di frequenza:
la radio si chiamava Pangamma, con una scala tonda a specchio molto bella.

Design High Tech italiano oggi

M.H.B.-FMworld: Un’ultima domanda: dispositivi quali  i caschi virtuali – Metaquest o Apple Vision Pro – sono da un certo punto di vista l’evoluzione della radio e della TV, considerato che lo “use case” è da molti ritenuto proprio l’entertainment.
Ma in questi ambiti non sembra esserci un ruolo significativo dell’Italia…

D.V.: Purtroppo, no. Non esistono aziende italiane, o persino europee, che lavorano in modo significativo in questo ambito. Questo è anche uno dei motivi per cui non ci arrivano richieste per fare design di  apparecchi elettronici. Dall’inizio degli anni ’90, questa crisi ha colpito tutte le aziende produttrici europee, e ora tutto è appannaggio delle grandi aziende tecnologiche statunitensi e asiatiche, che spesso non approcciano il design come lo intendiamo noi. È triste, ma è una realtà.

M.H.B.-FMworld: Per concludere, puoi dirci le date e i dettagli dell’esposizione a Milano e Bologna? E ci sono piani di portarla all’estero?

D.V.: Certo. L’apertura a Milano è il 5 settembre, presso l’ADI Design Museum, fino al 27 settembre. Poi ci sposteremo dal 4 al 31 ottobre a Bologna, alla Fondazione Cirulli. La fondazione è una sede che ha una coerenza perfetta con il tema trattato, essendo la vecchia sede produttiva di Dino Gavina, progettata dai fratelli Castiglioni. Dopodiché, ci sono contatti per portare la mostra in altre città, sia in Italia che all’estero, ma non posso ancora confermare nulla. Si parlerà comunque del 2025 per una terza sede.

Adi Design Museum

L’ADI Design Museum è in piazza Compasso d’Oro, zona Paolo Sarpi a Milano. Il museo è aperto dalle 10:30 alle 20:00; l’accesso a questa particolare esposizione è gratuito. All’interno, il museo ospita la collezione storica del Compasso d’Oro. (M.H.B. per FM-world)