Un confronto tra la fede e la ‘generazione zeta’: Don Luigi Epicoco protagonista di Radio Zeta

Puntata speciale di “Destinazione zeta” di domenica 20 febbraio, il programma di Radio Zeta in onda dalle 11.00 alle 13.00 condotto da Luisa Ginetti e Luigi Santarelli.

Protagonista dell’appuntamento è Don Luigi Maria Epicoco, sacerdote vicino al confronto con giovani e con le loro problematiche.

Due ore a microfoni aperti per parlare di tutto, dei dubbi, delle speranze, dei timori e delle gioie della generazione zeta.

Classe 1980, è teologo e scrittore, accompagna molte persone in percorsi spirituali, ne porta molte altre a iniziare il cammino, spesso inconsapevolmente, attraverso discorsi o riflessioni che qualcuno registra e mette in rete.

In occasione dell’ultimo Festival di Sanremo, Don Luigi è stato l’autore del monologo che Raoul Bova avrebbe dovuto portare proprio sul palco dell’Ariston, ma che per motivi diversi legati alla scaletta non è stato recitato.

Diverse le domande poste da parte degli ascoltatori all’inconsueto, ma apprezzato ospite.

  • I particolari dell’appuntamento, online cliccando QUI, sono disponibili nel seguente comunicato.

Diamoci del tu”, Don Luigi Maria Epicoco arriva in radiovisione e porta con sé tutta la sua unicità. E’ ospite di Destinazione Zeta – in diretta su Radio Zeta (punto di riferimento dei ragazzi) – nel corso di una puntata speciale ed imperdibile, che potete rivedere su RTL 102.5 Play.

Una lunga chiacchierata con tutti gli speaker connessi in diretta e poi le domande degli ascoltatori. Don Luigi Maria Epicoco utilizza un linguaggio semplice, veloce e dimostra di essere in perfetta sintonia con la Generazione Zeta. “La radio è molto bella, il valore della voce è importante”, esordisce così nel suo primo intervento. E poi aggiunge: “Ci sono due problemi: la cronaca degli ultimi tempi non ci aiuta molto a stare all’interno della società avendo sguardi di simpatia da parte della gente. Poi mi accorgo che anche se sono calate le vocazioni, le vedo significative”.

Don Epicoco si confronta con la Generazione Zeta toccando tantissimi temi a “tu per tu” con gli speaker e gli ascoltatori. Microfoni aperti per un confronto  di due ore.

La prima domanda è di Luca Buson. È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità? Don Epicoco risponde così: “Non credo che ci sia quest’abbandono, come nelle famiglie ci sono momenti in cui non ci si capisce. Più che abbandono bisogna trovare il modo giusto per comunicare”.

Gli speaker della Generazione Zeta continuano con le domande a Don Epicoco. Isabella Palmisano chiede: cosa consiglieresti ai giovani che hanno perso la fede e a quelli che vorrebbero ravvicinarsi a Dio? “Bisognare fare una differenza tra Fede e interiorità, anticamera della Fede, le persone che non coltivano l’interiorità non possono avere la pretesa di fare un percorso di Fede. Il vero punto di partenza per tutti non è la Fede, ma la capacità di saper guardare le cose da un altro punto di vista e saper tornare dentro noi stessi. Quello che a volte manca perché siamo abituati a stare fuori di noi, chi ha perso la Fede può recuperare la propria interiorità e chi, in realtà, vuole riavvicinarsi alla Fede deve domandarsi che qualità ha della propria interiorità. Tutta la nostra società è costituita sull’infelicità delle persone, che fa funzionare la macchina economica”, risponde il sacerdote.

IL CASO ACHILLE LAURO A SANREMO

E nel corso della lunga diretta in radiovisione si parla anche di Achille Lauro, che a Sanremo è stato al centro di una polemica dividendo l’opinione pubblica. Riccardo Castiglioni chiede: ritieni arte o blasfemia il “battesimo” di Achille Lauro a Sanremo? “Su questa cosa sarò controcorrente, ma penso che siamo abituati dopo gli anni ’70 a vedere che per trasgredire bisogna dissacrare. Lauro gioca molto su questo alfabeto, sa che alcuni temi come quello della Fede sono profondi dentro di noi e quando vai a creare questo inevitabilmente crei lo scandalo. Mi preoccupa il fatto che a volte non si riesce a capire che dall’altra parte c’è una persona che avverte questo come un dolore, che la Fede è la sua convinzione più profonda. Secondo me qualcuno è rimasto ferito, non offeso. A volte non tener da conto di alcune scelte provoca dolore. Se la performance prende il sopravvento sulla musica forse non è più musica ma altro. Sicuramente ha attirato più attenzione il suo gesto piuttosto che la sua musica e questo mi dispiace perché è un artista”, risponde Don Epicoco.

“NELLA MIA PARROCCHIA POTEVANO ENTRARE GLI ANIMALI”: LA RISPOSTA AGLI ASCOLTATORI

Nel corso della diretta arrivano anche le domande degli ascoltatori. Cosa ne pensa la Chiesa dei mattatoi, degli allevamenti intensivi? E cosa ne pensa lei di questa crudeltà infinita? Non molto tempo fa Papa Francesco ha parlato del rapporto che noi dovremmo avere con il Creato. Viviamo in una società che costruendosi attorno al consumismo a volte piega anche la Creazione al nostro egoismo. Non ci rendiamo conto che manchiamo a volte di quel rispetto che dovrebbe circondare il mondo intorno a noi. A volte entriamo in dinamiche davvero crudeli e dovremmo chiederci se stiamo dimostrando umanità nel far crescere un meccanismo simile. Dovremmo domandarci sempre se ci sentiamo superiori perché stiamo usando gli animali o se dovremmo custodirli”, dice Don Epicoco.

Alcuni animali non possono entrare in alcune chiese. “Non c’è una regola generale. Nella mia parrocchia potevano portare gli animali stando attenti a non disturbare la celebrazione. Non bisogna estremizzare le questioni”.

IL VANGELO SUI SOCIAL, QUALE RAPPORTO TRA CHIESA E TECNOLOGIA?

Io sono ancora un po’ imbranato in questo ambito, ma ci sono confratelli molto più bravi di me”, esordisce così Don Epicoco rispondendo alla domanda di Ludovica Marafini. I “sacerdoti social” sono ormai un fenomeno consolidato: in tutto il mondo, di tutte le età, si cimentano nelle forme più varie, dalle spiegazioni dei passi su Facebook, come fai, a video ironici su TikTok. Credi che questi mezzi possano rappresentare un nuovo modo per avvicinarsi ai fedeli e umanizzare il vostro ruolo?

Quando non si parla la stessa lingua non si può dire qualcosa. Viviamo in questo contempo in cui la Generazione Z ha un suo alfabeto. Dobbiamo domandarci se lo abbiamo capito e se lo sappiamo usare. Io sono un po’ imbranato, ma ci sono dei sacerdoti che hanno la mentalità giusta e lo usano in modo corretto. Sarebbe un delitto non utilizzare quell’alfabeto”, risponde Don Luigi.

IL SOCIAL ANCHE COME STRUMENTO D’AMORE, “GLI ALGORITMI CI ASSECONDANO…”

Anche il social può diventare mezzo di distrazione di massa”, racconta Don Epicoco rispondendo alla domanda di Jody Cecchetto. Come si possono aiutare i giovani ad usare tecnologia e social come mezzo per cominciare valori, empatia, condivisione. Per usarli come strumento d’amore e non di competizione o odio?

Credo che qui si tocca una cosa molto interessante. Il fatto che a volte il social può diventare un mezzo di distrazione anche di massa. Il cristianesimo insegna che quando vuoi usare bene qualcosa devi anche imparare ad averne una distanza. Mi chiedo se abbiamo la capacità di rimanere liberi anche davanti ad essi. Non è il social a scegliere per me ma sono io a scegliere per il social. Noi veniamo assecondati molto nei nostri gusti dalla tecnologia, ma questo non è giusto. Il modo per scoprire noi stessi è anche incontrare cose diverse da noi. I social non sono né buoni né cattivi”, puntualizza Don Luigi. “Di solito mi domando se quello che sto esprimendo comunica o semplicemente provoca. La provocazione è un modo di comunicare, ma immaginate se durante la messa cominciassi a insultare delle persone solo perché le voglio provocare”, aggiunge.

“IL VANGELO DI OGGI TOCCA NERVI SCOPERTI”

Credo che quando una persona si sente profondamente amata riesce ad andare controcorrente. La domanda non è se amiamo i nostri nemici, ma se ci sentiamo abbastanza amati per andare anche contro a chi ci viene contro”, racconta in radiovisione Don Epicoco. Arriva un’altra domanda: per come è strutturata, una normale messa riesce ancora ad attrarre i giovani o pensi che ci sia bisogno di una piccola rivoluzione nella “scaletta”? “La domanda fa sorridere ma è seria. Credo che ciò che non è attraente nella messa è che a volte celebriamo per abitudine, con una ritualità molto tradizionale senza aiutare le persone che sono di fronte a capire il significato di alcuni gesti e cose. C’è una partecipazione molto più attiva quando si modifica la scaletta. Non è detto che se una cosa la fai sempre e con abitudine ne hai capito il senso. Educare vuol dire far capire il senso di ciò che facciamo per abitudine. Anche in amore è così quando si sta con una persona per abitudine”, risponde.

“A VOLTE SI CRESCE PERCHE’ SI RISCHIA”

Come fare a capire se dietro la nostra decisione c’è anche la volontà di Dio o solo una nostra autosuggestione? “Racconto spesso che una volta venne un ragazzo innamoratissimo della sua ragazza ma era entrato in crisi perché gli aveva chiesto di sposarlo. Nessuno assicura che sia per l’eternità l’amore, c’è una porzione di rischio. Chi dice che sia la volontà di Dio? Credo che c’è una porzione di rischio che tutti dobbiamo assumerci. Anche i nostri adolescenti sono abituati a vedersi soccorsi nelle loro problematiche. A volte si cresce perché si rischia. Succede che la paura decida al posto nostro. Tutti abbiamo paura perché siamo umani. Dobbiamo domandarci se sono le paure a decidere al posto nostro”, svela Don Luigi.

Le domande degli speaker di Radio Zeta sono molteplici e varie. Si affronta, in radiovisione, il tema delle chiese che si stanno sempre più svuotando dai giovani. Le messe oggi per la maggior parte sembrano cerimoniali anacronistici. Dai dibattiti sull’attualità alle modalità di comunicazione, la Chiesa non sta al passo coi tempi ed è sempre in ritardo. Si può invertire questa tendenza?  “Ci sono delle esperienze ecclesiali che possono essere respingenti, ma non è sempre così. Sono stato parroco della parrocchia universitaria de L’Aquila ed era straordinario vedere la chiesa strabordante di giovani a tutte le ore. Il problema, credo sia  che l’esperienza di Fede sia unica e a volte fa parte della nostra sensibilità. Ci sono posti, luoghi e linguaggi che a volte aiutano e a volte no. Si tratta di mettersi in discussione. Più che cambiare la sostanza a volte dovremmo domandarci se ne abbiamo consapevolezza”, risponde così Don Luigi a Simone Paterni.

La Generazione Zeta è molto fluida, perché la Chiesa non ha trovato ancora la chiave per includere tutti? “Credo sia una cosa delle cose più straordinarie del cristianesimo che non si costruisce sull’uniformità ma esattamente sulla diversità. Bisogna enfatizzare le diversità e metterle insieme”, continua.

IL TEMA DELLA SESSUALITA’

Rapporti sessuali prematrimoniali. Altro tema scottante, ma Don Luigi Maria Epicoco risponde con chiarezza. “Ci tengo a dire questa cosa per sfatare un mito. L’approccio cristiano non considera in maniera negativa la sessualità, semplicemente ciò che il cristianesimo cerca di sottolineare è che anche il linguaggio corporale dell’amore deve rientrare all’interno di una relazione. È talmente importante che se devo usare questo linguaggio lo uso con persone con cui ho deciso di costruire qualcosa”.

QUALI STRUMENTI UTILI PER VENIRE INCONTRO ALLE ALTRE RELIGIONI?

Poi si parla molto, rispetto alle tradizioni e alle feste occidentali, di difendere le nostre comuni radici cristiane e anche di non cedere alle richieste di togliere i simboli della cristianità dai luoghi pubblici. Tu cosa ne pensi e secondo te quali strumenti potrebbero essere utili per venire incontro alle altre religioni che ormai, in sempre maggior numero, fanno parte del nostro mondo? Alla domanda di Pietro Sorace, Don Luigi risponde così: “Penso che sia sempre un grande errore pensare che la religione sia solo un fatto identitario, in questo caso è qualcosa che esclude. Allo stesso tempo per poter accogliere cosa è diverso da me, ad esempio un’altra religione o cultura, io devo essere me sesso e non devo averne paura. Se la nostra Europa ha radici cristiane, questa cosa non deve essere vista come un muro all’accoglienza di altri. Quando si usano simboli cristiani per escludere gli altri è come se si creasse un cortocircuito. Il Vangelo mi dice di accogliere, come è possibile che da una parte posso stringere il rosario e poi non applicare il Vangelo in quella che è la sua parte più decisiva?”.

LE DOMANDE DEGLI ASCOLTATORI

Al telefono arriva il quesito di Marina, che chiama da Palermo. Secondo la sua opinione la Chiesa dovrebbe rivedere tutto e attirarci davvero a Dio. “Il dettaglio di una religione non è in contrapposizione a Dio ma è il modo attraverso cui incontro l’amore. Dobbiamo stare attenti a non ridurre la religione a una questione morale o dottrinale”, risponde Don Epicoco.

Perché le donne non possono dire messa? “Papa Francesco ha usato una motivazione dicendo che tra la Vergine Maria e San Pietro è più importante la Vergine Maria, che ha avuto un ruolo altamente più alto. Eppure noi pensiamo che l’onore più alto ce l’abbia il Papa, un errore di valutazione. Non bisogna confondere i ruoli: se noi leghiamo il sacerdozio all’esercizio di un potere allora si ha ragione nel dire ciò, ma dobbiamo domandarci in che modo la donna può essere inclusiva all’interno della chiesa senza per forza andare a toccare il sacerdozio. Se una donna volesse dire messa? Negli anni ’90 Giovanni Paolo II ha detto che le donne non possono accedere al sacramento del sacerdozio, ma questo è vero anche per gli uomini che non possono accedere a cose fatte da donne”, conclude Don Luigi.

* Archivio News –> www.fm-world.it/news

* FM-world –> per contatti e segnalazioni: [email protected]