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Rapporto Censis: la radio seguita dal 79,1% della popolazione

È stato presentato dal Censis il 20° Rapporto sulla comunicazione “I media e la libertà”. I dettagli nel comunicato.

La televisione resta regina. Nel 20° Rapporto sulla comunicazione se, da una parte, si conferma il protagonismo dei mezzi digitali, dall’altra si attesta la capacità di alcuni mezzi di raccogliere più di altri intorno a sé un ampio pubblico. Tra tutti i media, quello in grado di svolgere meglio questo compito è la televisione, guardata nel 2024 dal 94,1% degli italiani. Ad eccezione di una lieve contrazione della tv digitale terrestre (-1,8%), infatti, aumentano gli utenti di tutte le televisioni: nel 2024 la tv satellitare raggiunge il 47,7% (+2,6%), la web tv sale al 58,4% (+2,3%) e la mobile tv si consolida con il 35,0% dell’utenza (+1,4%).

La radio? È un evergreen. La radio dimostra di tenere grazie alla sua capacità di ibridazione che si conferma anno dopo anno (i radioascoltatori sono il 79,1%). Stabili tutti i sistemi di ascolto, con la radio tradizionale che subisce un piccolo rialzo passando dal 45,6% di utenza al 46,8% (+1,3%). Stesso aumento dell’1,3% per la radio mobile che giunge al 25,4%, mentre l’autoradio resta la modalità più seguita dagli italiani (68,9%).

Internet, smartphone e social network sempre più protagonisti. Nel 2024 si conferma solido l’impiego di internet da parte degli italiani con il 90,1% (+1,0% rispetto al 2023) e si evidenzia una sovrapposizione con quanti utilizzano gli smartphone (cresciuti dell’1,2%, hanno raggiunto l’89,3%). In crescita i social network, che nell’ultimo anno fanno un balzo in avanti, passando dall’82,0% all’85,3% (+3,3%).

Il declino della carta stampata e l’ascesa dei media digitali. Incontrovertibile la crisi dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani cartacei che, nel 2024, hanno toccato il picco minimo di lettori con il 21,7% (-45,3% dal 2007). Si registra anche una contrazione dei lettori dei settimanali (-2,2%) che arrivano a 18,2%, mentre i mensili restano stabili (16,9%). Stabilità per gli utenti dei quotidiani online: sono il 30,5%, mentre salgono del 2,9% quanti utilizzano i siti web d’informazione (passati dal 58,1% al 61,0%).

Torna negativa la curva dei libri. Nel 2024 si arresta il trend in crescita riguardante i libri: i lettori di libri cartacei, che erano il 45,8% nel 2023, scendono del 5,6% arrivando a quota 40,2%. Nonostante il rapporto ormai imprescindibile che hanno gli italiani con il mondo digitale e la tecnologia, non si sbloccano gli e-book, fermi al 13,4%.

Giovani e social network: il sorpasso di Instagram. Tra i 14 e i 29 anni si consolida l’impiego delle piattaforme legate all’immagine. Il 78,1% dei giovani, infatti, dichiara di utilizzare Instagram, il 77,6% è utente di YouTube, il 64,2% sceglie TikTok (contro il 35,4% della popolazione totale). Molto presenti i giovani sulle piattaforme di messaggistica (quasi totalmente rappresentati su WhatsApp con l’87,4%, ma rilevanti anche su Telegram con il 42,9%) e sulle multipurpose come Amazon (60,1%).

La spesa delle famiglie privilegia i dispositivi digitali. Nel 2023 il totale della spesa delle famiglie, che ha superato i 1.240 miliardi di euro, ha subito una riduzione, in termini reali, del 2,2% rispetto al 2007. Tuttavia, la spesa è finalmente tornata ai livelli precedenti alla pandemia. Esaminando nel dettaglio la spesa mediatica, si osserva una riduzione di quella per l’acquisto di libri e giornali (-37,6% rispetto al 2007, pari a poco meno di 10 miliardi di euro) e per i servizi di informazione e comunicazione (-25,9%). Al contrario, la spesa per l’acquisto di apparecchiature informatiche nel 2023 raggiunge 14,9 miliardi di euro. Nei fatti, la spesa si è quintuplicata: se nel 2007 le famiglie spendevano 100 euro per l’acquisto di apparecchiature informatiche e di comunicazione, diciassette anni più tardi spendono 503,7 euro.

Divisi sulla libertà d’espressione sui social. Il 55,9% degli italiani condivide l’opinione in base alla quale i social media dovrebbero permettere ai propri utenti di esprimersi liberamente su qualsivoglia argomento e in qualsiasi modo, senza restrizioni sui contenuti. Tuttavia, di questi,  il 38,6% è d’accordo nel consentire la libertà di espressione, ma ritiene necessario introdurre alcune limitazioni minime per contenuti pericolosi. In una posizione più radicale si colloca il 17,3%, che ritiene, invece, prioritaria la garanzia di un’assoluta liberà di espressione. Sul versante opposto, il 40,4% considera necessaria l’introduzione di limiti alla libertà di espressione. Di questi, il 29,6% esprime una posizione più moderata ritenendo opportuno il rispetto di regole di base per moderare i contenuti, mentre solo il 10,8% pensa sia necessaria una rigorosa regolamentazione.

L’ibridazione (e l’importanza) dell’informazione. Oggi le prime cinque fonti di informazione più utilizzate dagli italiani sono: i telegiornali (47,7%), Facebook (36,4%), i motori di ricerca su internet (23,3%), le televisioni all news (18,9%) e i siti web di informazione (17,2%). Appena sotto questa classifica troviamo Instagram (16,7%), YouTube (15,5%) e TikTok (14,4%). Sebbene il 50,7% degli italiani reputi che tv, radio e quotidiani non siano più così imprescindibili, il restante 49,3% non li considera superflui. Solo il 37,6% si definisce un patito dell’informazione online e il 62,4% dichiara di non avere un rapporto esclusivo con l’informazione digitale. Al contrario, tra i giovani si registra un rifiuto nei confronti dei media tradizionali (70,3%). In ogni caso, l’informazione interessa: l’85,0% degli italiani (e l’80,0% dei giovani) ritengono che sia un diritto e un dovere di tutti tenersi informati. Inoltre, il 75,5% degli italiani è d’accordo nell’affermare che, nonostante i molti difetti, l’informazione sia imprescindibile.

Algoritmo: scarsa conoscenza e condizionamento nelle scelte. Solo il 42,6% degli italiani sa esattamente cos’è un algoritmo. In molti casi si registra una diffidenza nei confronti dell’innovazione: per il 17,3% è uno strumento informatico che prende le decisioni al posto nostro, per il 13,8% uno strumento attraverso il quale, a nostra insaputa, ci vengono sottratti dati personali e per l’8,5% l’ultima invenzione del capitalismo per giustificare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Emerge anche chiaramente che vi è una percezione diffusa riguardante architetture e applicazioni dell’IA poco trasparenti: il 59,9% degli italiani si sente spesso indirizzato nelle scelte su motori di ricerca, feed dei social, piattaforme tv o altro, il 54,7% si sente influenzato quando utilizza una piattaforma social, il 28,4% quando utilizza determinate piattaforme commerciali e il 20,8% nella consultazione di portali di news e quotidiani online.

La prima crisi degli influencer. Il 71,2% della popolazione afferma di non aver mai seguito (nel senso stretto del termine, cioè di aver dato il “follow”) gli influencer (tra i più giovani questo dato scende al 51,4%). Il 34,4% dei 14-29enni dichiara di aver cambiato atteggiamento verso i macro-influencer a seguito del coinvolgimento della più celebre di tutte le influencer nell’ambito del Pandoro Gate, mentre per il 14,3% questo episodio non ha determinato una frattura tale da alimentare un abbandono degli influencer in generale.

Questi sono i principali risultati del 20° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Mediaset, Rai, Intesa Sanpaolo e Tv2000, presentato a Roma da Andrea Toma, Responsabile Area Economia, Lavoro e Territorio Censis, introdotto da Lavinia Mennuni, Senatrice della Repubblica italiana, e da Giacomo Lasorella, Presidente AgCom, e discusso da Federico Bertoni, Responsabile Analisi Strategica e Pianificazione Direzione Marketing Rai, Francesco Giorgino, Giornalista e Direttore Master Comunicazione e Marketing politico e istituzionale Luiss, Monica Mondo, Conduttrice Tv2000, Stefano Selli, Direttore Relazioni Istituzionali Italia Mediaset, Iginio Straffi, Presidente Rainbow e Giorgio De Rita, Segretario Generale Censis.

(Comunicato stampa)

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

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Censis: la radio è ascoltata dal 78,9% degli italiani

La radio è ascoltata dal 78,9% dagli italiani.

Lo rende noto il Censis che ha presentato – lunedì 11 marzo – il suo 19° Rapporto sulla Comunicazione, relativo all’anno 2023.

Un dato che si conferma alto, anche se in lieve flessione rispetto ai dodici mesi precedenti, con un -1,1%.

E dopo gli anni del Covid, la fruizione torna ad essere prevalentemente esterna.

Se in casa con l’apparecchio tradizionale si assesta al 45,6% (in calo del 2,4%), in macchina – tramite autoradio – conquista il 69,1%.

Altri device utilizzati sono lo smartphone (24,1%) ed il computer (18,2%).

Valori più alti della radio li registrano la televisione (fruita da ben il 95,9% della popolazione), l’utilizzo di internet (89,1%), così come quello dello smartphone (88,2%) e la frequentazione dei social network (82,0%).

In costante calo la carta stampata che scende al 22%.

* Per comunicati e segnalazioni: [email protected]

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Rapporto Censis: quasi 8 italiani su 10 ascoltano la radio

Il 95,1% degli italiani guarda la televisione, mentre il 79,9% ascolta la radio.

Lo rileva l’ultimo rapporto Censis sulla comunicazione (il diciottesimo, intitolato “I media della crisi”).

Crolla la carta stampata, oggi fruita dal 25,4% contro il 67,0% di quindici anni fa. Crescono tuttavia di quasi il 5% – negli ultimi dodici mesi – gli utenti dei quotidiani online, oggi a quota 33,0%.

I lettori di libri sono il 42,7%, mentre i fruitori di social network sono l’82,4%, con una flessione di Facebook e Twitter ed una crescita di TikTok e di piattaforme quali Spotify e Telegram. In testa, WhatsApp, YouTube e Instagram.

Tornando a radio e tv, il piccolo schermo vede un calo della tv tradizionale (-3,9% rispetto ad un anno fa), una lieve crescita del satellite, ma soprattutto un boom della tv via internet, ormai seguita da più di un terzo degli italiani.

Per quanto riguarda la radio, cala l’ascolto in casa (oggi a quota 48,0%), sale in auto (69,0%), è stabile da pc (20,4%), mentre è sempre più frequente l’utilizzo di app su smartphone, con una crescita del 5,4% in un anno che porta la fruzione al 29,2%.

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La transizione verso la radiovisione: secondo rapporto Censis

Martedì 12 ottobre, il Censis ha presentato il secondo rapporto relativo alla “Transizione verso la Radiovisione”.

L’incontro si è tenuto a Roma con la presentazione di Anna Italia del Censis e discusso da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, Luca Bernabei, Amministratore Delegato di Lux Vide, Igor De Biasio, Amministratore Delegato di Arexpo e Consigliere di Amministrazione della Rai, Massimo Giletti, giornalista e presentatore radiofonico e televisivo, e Massimiliano Panarari, saggista e sociologo della comunicazione presso l’Università Mercatorum.

Questo il comunicato relativo al seminario.

La radiovisione in sintonia con gli stili di vita degli italiani. Più di 4 milioni di italiani seguono ogni giorno la radiovisione dagli schermi televisivi. Sono aumentati del 4,7% nel primo semestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019. Ma gli italiani che guardano anche saltuariamente la radio in tv superano gli 11 milioni. Più di 5 milioni nell’ultimo anno e mezzo hanno scoperto per la prima volta la radiovisione sugli schermi televisivi. Quelli che seguono i programmi radiofonici da device diversi da quelli tradizionali sono complessivamente più di 19 milioni. L’81,4% degli italiani è convinto che la radiovisione sia un nuovo media che combina i contenuti di qualità della radio con le infinite possibilità di ascolto e di visione in diretta su una molteplicità di schermi: il televisore, il pc, il tablet e lo smartphone.

Superata la prova della pandemia. I programmi radiofonici sono usciti bene dall’infodemia scatenata dall’emergenza sanitaria. Per l’82,6% degli italiani la fiducia nella radio è rimasta invariata nell’ultimo anno, per il 6,1% è aumentata. La radio batte tutti gli altri media. Perché la fiducia nella tv è aumentata per il 5,8%, quella nella stampa per il 2,7%, quella nel web solo per il 2,5%.

Credibilità e affidabilità alla base della good reputation. L’81,7% degli italiani ritiene che il successo dei programmi radiofonici dipenda dalla credibilità e affidabilità dei loro contenuti. Le notizie di politica nazionale sono quelle che interessano di più gli utenti: il 40,1%. Al secondo posto, in forte crescita nell’anno della pandemia, le notizie riguardanti scienza, medicina e tecnologia: catturano l’attenzione del 34,9%. Seguono: stili di vita, viaggi e cucina (28,8%), cronaca nera (27,9%), sport (26,7%), cultura e spettacoli (25,8%).

Differenze di genere, interessi diversi. I gusti degli utenti della radio cambiano in base al sesso. Gli uomini preferiscono la politica nazionale (il 45,5% contro il 34,4% delle donne), lo sport (il 45,4% contro il 7,2%) e l’economia (il 23,2% contro il 9,9%). Le donne sono attratte di più dalle notizie riguardanti stili di vita, viaggi e cucina (il 40,5% contro il 17,5% degli uomini), cultura e spettacolo (il 33,8% contro il 18,1%), gossip e cronaca rosa (il 28,8% contro il 6,2%).

Lunga vita alla radio, che non teme le piattaforme digitali. Il 63,1% degli italiani è convinto che il futuro dei contenuti audio non saranno le piattaforme online di musica a pagamento, che offrono lo streaming on demand di brani selezionati in base ai gusti personali dell’utente (la pensa così anche il 51,7% dei più giovani). Per il pubblico due fattori conferiscono un valore aggiunto alla programmazione radiofonica rispetto alle piattaforme digitali: i contenuti realizzati da una redazione di professionisti e la programmazione in diretta. Il 90,1% sottolinea la differenza tra i programmi offerti all’interno di un palinsesto realizzato da redazioni professionali, ricco di musica e di contenuti informativi, e le piattaforme on demand, che offrono esclusivamente musica selezionata in modo personalizzato. L’85,2% sottolinea che la peculiarità della radio è di essere live e di riuscire così a mantenere un contatto diretto con il proprio pubblico.

(Comunicato stampa)

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Rapporto Censis sulla comunicazione: quasi 8 italiani su 10 ascoltano la radio

È stato presentato il 17° Rapporto Censis sulla comunicazione.

Riportiamo il comunicato, dove viene presentata – tra gli altri – una “Radio sempre all’avanguardia”.

Crescono ancora le tv, quelle tradizionali e le più innovative. La pandemia ha prodotto una straordinaria accelerazione del paradigma biomediatico. Nel 2021 la fruizione della televisione ha conosciuto un incremento rilevante, per effetto sia dell’aumento dei telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,5% rispetto al 2019) e della tv satellitare (+0,5%), sia del boom della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 41,9% di utenza: +7,4% nel biennio) e della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 a un terzo degli italiani oggi (33,4%), con un aumento del 5,2% solo negli ultimi due anni. Tendono a crescere quindi sia gli usi tradizionali della televisione, sia quelli innovativi.

La radio sempre all’avanguardia. La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, nel 2021 i radioascoltatori sono il 79,6% degli italiani, stabili da un anno all’altro. Se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale perde 2,1 punti percentuali di utenza e l’autoradio 3,6 punti (penalizzata dalle limitazioni alla mobilità causate dall’emergenza sanitaria), aumenta l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 20,2% degli italiani: +2,9%) e attraverso lo smartphone (lo fa il 23,8%: +2,5%).

Boom di internet, smartphone e social network. Si registra ancora un aumento dell’impiego di internet da parte degli italiani. L’utenza ha raggiunto quota 83,5%, con una differenza positiva di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. L’utilizzo degli smartphone sale all’83,3% (con una crescita record rispetto al 2019: +7,6%). E lievitano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network (+6,7%).

Sorpresa: aumentano i lettori di libri. Sembra essersi arrestata l’emorragia di lettori di libri, che nel 2021 sono il 43,6% degli italiani, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2019 (sebbene nel 2007 chi aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno era il 59,4% della popolazione). Se si considera che chi ne ha letti più di 3 costituisce una fetta pari al 25,2%, si può affermare che il lockdown ha senz’altro prodotto un riavvicinamento alla lettura. Si registra anche un incremento dei lettori di e-book, pari oggi a un italiano ogni dieci (l’11,1%: +2,6%). Al contrario, si accentua la crisi ormai storica dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%).

La pandemia accorcia le distanze tra giovani e anziani. Tra i giovani (14-29 anni) c’è stato un ulteriore passo in avanti nell’impiego dei media, in generale, e delle piattaforme online, in particolare. Il 92,3% utilizza WhatsApp, l’82,7% YouTube, il 76,5% Instagram, il 65,7% Facebook, il 53,5% Amazon, il 41,8% le piattaforme per le videoconferenze (rispetto al 23,4% riferito alla popolazione complessiva), il 36,8% Spotify, il 34,5% TikTok, il 32,9% Telegram, il 24,2% Twitter. Anche tra i più anziani (65 anni e oltre) qualcosa si muove, visto che l’impiego di internet sale notevolmente (dal 42,0% al 51,4%) e gli utenti dei social media aumentano dal 36,5% al 47,7%. Il bisogno di mantenere un contatto, almeno virtuale, con i propri cari nel periodo del più rigido isolamento deve aver giocato un ruolo non indifferente nella confidenza acquisita con la rete dagli ultrasessantacinquenni.

E il virus non ferma la spesa per i dispositivi digitali. Anche l’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici nell’intervallo di tempo tra il 2007 e il 2020 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli precedenti la grande crisi del 2008 (-13,0% in termini reali è il bilancio alla fine del 2020, con l’aggravamento dovuto alla recessione dell’anno scorso), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto moltiplicando per oltre cinque volte il suo valore (+450,7% nell’intero periodo, per un ammontare di 7,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+89,7%), mentre i servizi di telefonia hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-21,1%, per un valore comunque pari a 14,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo dal 2007 (-45,9%). 

Questi sono i principali risultati del 17° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre, presentato oggi a Roma da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discusso da Roberto Basso, Direttore External Affairs and Sustainability di Windtre, Vincenzo Morgante, Direttore di rete e delle testate giornalistiche di Tv2000, Roberto Nepote, Direttore Marketing della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.

(Comunicato stampa)

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Censis: “La radio è un mezzo vincente, all’altezza dei tempi come nessun altro”

Diciamo che una giornata così magari fino a non molto tempo fa il mondo della radio l’avrebbe potuta solo sognare. Oggi invece è diventata realtà e non per autocelebrazione degli stessi radiofonici ma con l’autorevole avallo del Censis.

Proprio il Censis ha infatti presentato, come abbiamo già avuto modo di spiegare, con una breve ma ‘succosa’ giornata la propria ricerca «La transizione verso la radiovisione», che non lascia spazio a molti dubbi già dal titolo. A fare gli onori di casa c’era Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, mentre alla collega Anna Italia è toccata l’illustrazione specifica della ricerca, piena di ‘belle parole’ per il mondo della Radio – ma rigorosamente basate sui dati – e anche, in qualche modo, un’autentica iniezione di entusiasmo per chi la radio la fa, tutti i giorni.

A fare da contorno e a commentare le slide dell’indagine c’era un gruppetto di personaggi (in parte presente al Censis, in parte in collegamento video) che con la radio o la comunicazione hanno avuto e hanno a che fare, vale a dire Roberto Arditti, Davide Giacalone, Emilio Carelli e Maurizio Gasparri.

Ma qual è il grande valore di questa giornata per la radio? La ricerca Censis certifica, in sostanza, che il mezzo radiofonico non solo è stato preziosissimo in tempi di pandemia ma in contemporanea ha saputo trasformarsi, adeguarsi, seguire i mutamenti sociali, guadagnare una diffusione sempre più di massa anche grazie alla ‘sorella maggiore’, la televisione: in più appare, anche nella percezione dei fruitori, flessibile, partecipato, all’altezza dei tempi e capace di trasformarsi e adeguarsi a qualsiasi novità tecnologica come nessun altro. Insomma, come dice il Censis stesso, “la radio è un fenomeno di massa, capace di coniugare continuità e innovazione”.

I dati sono moltissimi e senza citarli tutti, inizieremo spiegando che sono più di 41 milioni gli italiani che seguono i programmi radiofonici. Di questi, 27 milioni utilizzano anche dispositivi alternativi rispetto all’apparecchio tradizionale e all’autoradio, da tempo ‘regina’ in fatto di ascolti.

Durante il primo lockdown il 30,5% degli italiani si è informato almeno una volta al giorno sulla pandemia e sulle regole da rispettare attraverso la programmazione radiofonica. Successivamente la tendenza positiva è proseguita: nel secondo semestre 2020, a fronte di un comprensibile calo del numero di ascoltatori dall’autoradio (rispetto al 2019) e di una tenuta dell’apparecchio tradizionale, sono cresciuti tutti gli altri device. E la televisione sembra, per certi versi, ‘dare una bella mano’: nell’ultimo anno gli spettatori dei canali televisivi della radio in un giorno medio sono aumentati dell’8%.

La ‘transizione verso la radiovisione’ (intesa peraltro in senso ampio, non solo quella via canale DTT) è dunque un dato di fatto, una realtà in crescita, che sta vivendo un vero boom, grazie alla modalità simulcast crossmediale, cioè alla possibilità di fruire dei contenuti radiofonici contemporaneamente su qualsiasi dispositivo. Sono infatti circa 19 milioni gli italiani che seguono programmi radiofonici in formato video attraverso uno schermo: tv, smartphone o pc. Di questi, quasi 11 milioni seguono la radiovisione (stavolta in senso più stretto) sugli schermi tv. E non si tratta di un fuoco di paglia, ma di una tendenza pienamente in sintonia con le aspettative degli italiani.

Il 52% di questi ultimi dichiara infatti che vorrebbe avere sempre di più la possibilità di fruire dei contenuti radiofonici su device diversi, in particolare in formato video. E il 50% di chi segue la radiovisione la trova piacevole. Il 72% degli italiani vuole poi poter seguire i contenuti radiofonici sempre e ovunque, a prescindere dal device utilizzato.

La flessibilità del mezzo è formidabile ma la sua forza vera sono i contenuti, di cui gli utenti vogliono poter fruire appunto attraverso qualsiasi device, in ogni luogo, in qualsiasi momento, in diretta o on demand. Se insomma, i radiofonici sono in grado di realizzare buoni programmi, sembrano essere in una botte di ferro e il futuro appare garantito.

E la radio, pienamente all’altezza dei tempi, è ovviamente anche tanto ‘social’, tanto che chi ascolta si sente parte di una comunità. Il 63% di chi segue i programmi radiofonici attiva difatti almeno una forma di interazione con essi, il 23% visita il sito delle emittenti che preferisce, il 20% segue i profili social di programmi e di conduttori, il 19% ha scaricato una ‘app radiofonica’ sullo smartphone. Millennial e studenti, in tutto ciò, sono in prima fila.

Che dire? I tempi di ‘Video killed the radio star’ sono ormai lontani, a tremare un po’ di più oggi è semmai proprio la tv, non certo la radio.

Mauro Roffi

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