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12 Marzo 2020
Da fm-world.it 6 gennaio 2020 di Nicola Franceschini
La domanda nasce spontanea in vista della digitalizzazione delle autoradio da questo 2020.
Navigando sui siti internet dei tre rispettivi mux nazionali, il dato che si evince è quello della popolazione servita.
Un risultato confortante, se consideriamo le emittenti nazionali private, decisamente più discutibile invece se consideriamo la radio di Stato e le locali.
Spetta a DAB Italia lo scettro di miglior illuminazione del territorio. Ad oggi la copertura è vicina all’85%, con i maggiori deficit a sud e nelle isole.
DAB Italia include Radio Maria, Radio Radicale, Radio Deejay, R101, Radio Capital, m2o, Radio 24, RDS, Radio 105 Dab, Radio Maria Albania, RDS Relax, Capital Funky, m2o Dance, Radio 24+1, Deejay 30 Songs, Radio Radicale News, Kc1 Test, Kc2 Test e Kc3 Test.
Attorno all’80% la situazione per EuroDAB Italia, dove – stando ai dati consultabili – i maggiori problemi si rilevano sulla dorsale appenninica e su alcune aree interne di Sicilia e Sardegna.
EuroDAB Italia propone RTL 102.5 (e le seconde reti Best, Bro&Sis, Romeo&Juliet, ViaRadio, Rewind, Doc), Radiofreccia, Radio Zeta Dab, Radio Italia Solo Musica Italiana, Radio Italia Trend, Radio KissKiss, Radio Monte Carlo, Virgin Radio, Radio Subasio XL, Radio inBlu 2000, RPL Radio Padania Libera, Radio Vaticana e BBC World Service.
Più critica, come anticipavamo, la situazione per RaiWay che ad oggi dichiara un +50% di popolazione raggiunta. Anche in questo caso risulta maggiore la copertura al nord piuttosto che al sud. La Rai stessa aveva dichiarato, qualche mese fa, l’attivazione di diversi nuovi impianti entro tre anni.
Il pacchetto Rai include Radio1, Radio2, Radio3, Radio1 Sport, Radio2 Indie, Radio3 Classica, Isoradio, GR Parlamento, Radio Tutta Italiana, Radio Techetè, Radio Live e Radio Kids.
A livello locale, rimane la lenta pianificazione dei mux territoriali, tanto che ad oggi sono ancora poche le regione servite da segnali “areali”.
Tra queste citiamo il Trentino Alto Adige, parte del Piemonte, dell’Emilia-Romagna e della Toscana, l’Umbria, l’area di Roma, di Napoli e di Cagliari.
La (futura) disponibilità di nuove frequenze si incrocia sostanzialmente con i cambiamenti che sta attraversando il digitale terrestre televisivo.
Da Avvenire.it 29 gennaio 2020 di Fabrizio Carnevalini
La qualità audio delle autoradio DAB+ supera di gran misura quella della modulazione di frequenza, per la pulizia del suono e l’assenza di interferenze, caratteristiche che la rendono ideale per l’ascolto in auto (la trasmissione digitale non ha vie di mezzo: restituisce un audio cristallino o non si ascolta nulla, come per la tv, dove sono sparite le vecchie “righe”).
Non per questo però è facile che questo sistema sostituisca in fretta l’FM: i “tecnoentusiasti” fanno già il conto alla rovescia per adottare una tecnologia che tanto nuova non è: risale agli Anni Ottanta, il primo impianto è stato attivato nel 1995 in Norvegia e il Dab+ nel 2007, un’evoluzione tecnologica che sfrutta un più efficiente algoritmo di compressione ed aumenta da 8 a 12 il numero di programmi diffusi in alta qualità per singolo canale.
Bisogna fare i conti con la diffusione dei ricevitori, per ora limitata, il fatto che in zone montagnose il segnale “rimbalza meno”, quindi occorre un maggior numero di ripetitori; per l’Italia poi c’è pure la mancanza di frequenze (di cui abbiamo parlato qui (https://www.avvenire.it/economia/pagine/radio-in-auto-il-digitale-diventa-per-tutti), e se la transizione viene imposta in fretta non è detto che tutto fili liscio.
In Norvegia, per esempio a farne le spese sono stati l’ascolto del mezzo radiofonico e le entrate pubblicitarie; tuttora ci sono emittenti locali che trasmettono in FM (e non poche sul proprio sito dichiarano di esserne orgogliose) mentre altre hanno accettato la sfida con i network nazionali aprendo uno o più canali digitali per presidiare anche la nuova banda.
Eppure il paese scandinavo era stato un pioniere nel DAB (accendendo il primo trasmettitore quasi 25 anni fa), tanto che aveva programmato lo “switch-off” (chiamato così perché implica lo spegnimento dei trasmettitori) per la fine del 2017 (https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-norvegia-abbandona-le-fm-passa-al-digitale-dab). Il digitale faceva risparmiare (soprattutto alla radio di stato, con tanti canali) perché un solo trasmettitore ora poteva trasportare 12 segnali di alta qualità.
La prossima è la Svizzera, che terminerà la transizione alla fine del 2024 (la radio di stato sebra voglia anticipare alla metà del 2022). Ma il passaggio potrebbe essere meno problematico rispetto alla Norvegia: l’area del Paese è circa un decimo, sarà dunque meno costoso far arrivare un buon segnale in tutte le zone (una delle problematiche scandinave); in più le emittenti sono state sostenute economicamente (stornando risorse dal canone radiotelevisivo) per consentire agli editori di attivare entro il 2019 un canale digitale.
In Svizzera, poi, le prime trasmissioni digitali sono iniziate nel 1999 e il 92% delle auto nuove ha il sintonizzatore DAB +di serie. E se la Confederazione (così ha promesso) farà campagne pubblicitarie per invitare i cittadini ad “attrezzarsi” per il cambio di standard, l’iniziativa potrebbe avere successo. Gli svizzeri sono precisi, no?
Avvenire.it 11 febbraio 2020 di Giampiero Bernardini
Un giorno arrivò la televisione. E i soliti profeti della tecnologia decretarono la fine della radio, fino ad allora signora incontrastata dei media. Poi arrivò Internet. E i soliti profeti sentenziarono l'ennesima fine della radio.
Invece no, questo strumento, di paternità italiana, per la precisione di Guglielmo Marconi, è ancora più che presente nella quotidianità di centinaia e centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Nei modi più svariati, utilizzando tecnologie e tecniche comunicative vecchie e nuove. Fra tradizione e innovazione. La radio, insomma, è capace di adattarsi ai cambiamenti e di sfruttare anche internet (tramite streaming o podcast) e pure la televisione dove la radio si ascolta e si vede, con il Dj che diventano anche personaggi televisivi.
Per questo ogni anno, il 13 febbraio, si celebra la Giornata mondiale della radio, promossa dall'Unesco, che quest'anno ha per argomento la diversità…
Da Radio Capodistria 28 gennaio 2020
Le redazioni di Radio Capodistria esprimono preoccupazione e paura per l’ipotesi, trapelata in questi giorni, di togliere alla nostra emittente la frequenza 103.1 MHz, situata sul monte Nanos
Le redazioni di Radio Capodistria rivelano preoccupazione e paura per l’ipotesi, vociferata in questi giorni, di togliere alla nostra emittente la frequenza 103.1 MHz, situata sul monte Nanos.
Alcune iniziative adottate negli ultimi giorni da parte della dirigenza della Radio televisione slovena, nel contesto del contenzioso italo-sloveno sulla regolamentazione delle frequenze radio lungo il confine, ci stanno mettendo dinnanzi all’ intenzione di togliere radio Capodistria da uno dei suoi vettori più importanti di trasmissione, una frequenza che ci permette di esser presenti su gran parte del territorio del Friuli - Venezia Giulia e in Istria.
Quindi, non entrando nel merito del contenzioso italo-sloveno sulle frequenze FM sul confine, una situazione che sta causando difficoltà da una e dall’ altra parte, e auspicando che la materia venga regolata nel rispetto delle leggi e delle soggettività radiofoniche di entrambi i paesi, non possiamo che esternare perplessità e amarezza per la facilità con cui si sarebbe disposti a sacrificare la voce di una minoranza con una chiara violazione dei suoi fondamentali diritti, in un contenzioso che le è del tutto estraneo.
Togliere a Radio Capodistria la sua frequenza più importante equivale, in sintesi, al suo spegnimento nel contesto transfrontaliero, al suo oscuramente, al suo allontanamento dalla Nazione Madre e dai suoi numerosi ascoltatori, come emerso da tutti i sondaggi che abbiamo fatto negli ultimi anni.
In un anno, il 2020, in cui i rapporti italo-sloveni segnano un nuovo passo avanti nella qualità del dialogo, soprattutto in fatto di minoranze (in luglio è previsto un incontro tra i Capi di Stato di Italia e Slovenia che sancirà il ritorno del Narodni Dom di Trieste alla minoranza slovena), togliere la più importante frequenza alla nostra emittente, che lo scorso anno ha celebrato i 70 anni di attività, equivale ad un atto di censura e di ghettizzazione.
Le redazioni di Radio Capodistria
Da La Stampa Cronaca di Savona, 9 gennaio 2020 di Marco Benvenuti
Nel tempo «Radio Maria» ha accumulato molti record e definizioni. Che potesse diventare anche strumento di persecuzione per i vicini di casa probabilmente nessuno lo avrebbe mai immaginato. Eppure è successo nel Novarese, a Divignano. Nella vicenda che a breve arriverà nelle aule del tribunale di Novara una coppia di coniugi sessantenni, sono stati denunciati per molestie, ed il marito anche per minacce, nei confronti di un pensionato abitante poco distante perseguitato, stando al racconto della vittima, con ogni tipo di atteggiamento. Il più originale, decisamente inconsueto nelle ormai classiche diatribe tra vicini, Radio Maria e musica religiosa diffusa a tutto volume in diverse ore della giornata. Il sessantaduenne residente in paese non ha più sopportato i dispetti dei vicini. Per quasi due anni se li è trovati quasi quotidianamente ad attenderlo nei pressi della porta di casa: «Mi fissavano e continuavano e sogghignare». In più lanci di oggetti, pentole e coperchi sbattuti allo scopo di fare rumore, calci, inseguimenti a breve distanza col loro furgone, campanello suonato anche in orario notturno, fari delle auto puntati contro la finestra: «Sei un morto di fame», la frase che continuavano a ripetere. E, dulcis in fundo, la colonna sonora di “Ave Maria” e “Padre Nostro”, intervallati dai canti di chiesa riprodotti dalla famosa emittente radiofonica religiosa. In una occasione il marito avrebbe anche minacciato il vicino: «Ti sparo, prima o poi ti sparo». Ecco perché la vittima, ormai stremata, è stata costretta a rivolgersi alle forze dell’ordine.
Da Newslinet.com 29 gennaio 2020 di Redazione
Le radio locali chiudono perché assorbite dalle voraci reti nazionali?
No. Semplicemente si concludono dei cicli.
Chiudono le stazioni che non hanno più niente da offrire al mercato. E il mercato non riconosce chi non sa starci con le regole che esso detta.
Ad onor del vero, nella stragrande parte dei casi, ad alzare la bandiera bianca sono quelle imprese radiofoniche che da tempo hanno abdicato al proprio ruolo.
E lo fanno – va detto – fuori tempo massimo, in un momento storico in cui il loro unico asset di rilievo, le frequenze FM, vale sempre meno. Esattamente il 20% di 12 anni fa (e negli ultimi tre il trend è diventato esponenziale).
Ma, a valutare la situazione con occhio critico e distaccato dal cuore radiofonico, non c’è nulla di diverso da ciò che accade in qualsiasi altro ambito. E nemmeno affine: dai negozi alle officine, dalla radio alla tv, dalle concessionarie di auto alle palestre, i processi generali sono gli stessi.
Chi non sa stare al passo coi tempi, non offre un prodotto o un servizio valido, competitivo ed innovativo, finisce ai margini del mercato. E quando si è con le spalle al muro, non si dettano le condizioni. Quelle spettano all’acquirente.
Soprattutto se, come detto, oltre le frequenze FM non c’è nessun avviamento.
Come in qualsiasi altro settore, se si ha il coraggio di affrontare i cambiamenti e di cavalcarli, questo può essere un momento d’oro.
Perché chi resta ha un mercato a disposizione: quello che i superplayer non possono occupare. E’ la regola del gigantismo. Che vale per qualsiasi contesto imprenditoriale.
Da anni scriviamo su queste pagine che il mercato radiofonico italiano può sopportare 300 imprese: 50 nazionali o seminazionali a vario titolo (reti, syndication, superstation) e 250 locali, a loro volta divise in 1/3 regionali e 2/3 provinciali o pluriprovinciali.
E così sta accadendo.
La Radio che si ascolta (senza altri contenuti) non esiste più da tempo. Come non ha futuro, ma nemmeno presente la radio che viaggia solo in FM e quella che vive solamente di spot o si limita a duplicare maldestramente in locale modelli nazionali.
Due esempi su tutti.
A Roma RTR 99 e a 700 km di strada più a nord, Radio Punto Zero di Trieste.
In comune non certo il format, ma la tenacia, l’organizzazione e la creatività.
RTR, dopo il grande successo conseguito come partner locale del nuovo tour di Claudio Baglioni “12 Note” (con affissioni su metro e autobus), sta promuovendo il proprio brand (consapevole dell’importanza che la riconoscibilità ha e avrà sempre più nel prossimo futuro) ed il proprio modello.
“Abbiamo un pubblico attento e altamente fidelizzato, come ci riconosce anche l’indagine TER – dichiara Carlo Bonarrigo, editore dell’emittente -. Ulteriori elaborazioni ci riconoscono anche la più alta permanenza all’ascolto rispetto a qualsiasi emittente locale e nazionale, circa 4 ore. Siamo riconosciuti dal pubblico come la radio di una volta, fatta di cuore e partecipazione, e con musica che non si ascolta più da nessuna parte, raccontata con passione e competenza”, spiega Bonarrigo.
Anche se RTR 99 ha fatto dei “ricordi” il suo mood, non è certo un’emittente che vive nel passato: diffusa in multipiattaforma (FM, DTT, IP declinato su app, aggregatori, smart speaker, smart tv), la stazione ha un core tecnologico di ultima generazione.
Cuore che batte anche in Radio Punto Zero, storica emittente del Friuli Venezia Giulia (Trieste) che, non disponendo ancora di una visual radio DTT (e tecnicamente non potendosi ancora qualificare come multipiattaforma radiofonica), ha in questi giorni stretto un’alleanza televisiva regionale.
Da martedì 28 Gennaio le informazioni prodotte da Telefriuli potranno essere infatti ascoltate anche sulle frequenze di Radio Punto Zero.
“E’ il risultato di un accordo di collaborazione che l’emittente televisiva e quella radiofonica hanno sottoscritto con l’obiettivo comune e condiviso di arricchire l’offerta informativa al servizio del territorio e delle comunità del Friuli Venezia Giulia.
Telefriuli produrrà in esclusiva per Radio Punto Zero tre edizioni al giorno di un giornale radio con le principali notizie d’interesse regionale. Le tre edizioni andranno in onda dal lunedì al venerdì, sulle frequenze radiofoniche e sul sito web di Radio Punto Zero alle 7:30, alle 9:30 e alle 17:30“, spiega l’emittente in un comunicato inviato a NL.
“Con questa iniziativa vogliamo proseguire sulla strada di crescita per offrire ai cittadini, alle famiglie, alle imprese e agli stakeholders di tutto intero il Friuli Venezia Giulia le informazioni che vogliono, quando vogliono e sullo strumento che vogliono”, ha detto l’amministratore delegato e direttore editoriale di Telefriuli, Alfonso Di Leva.
“La collaborazione con Telefriuli arricchisce la nostra offerta informativa, finora focalizzata sulle notizie di carattere nazionale e internazionale e sui principali eventi che si svolgono in Friuli Venezia Giulia e nel Veneto orientale – è invece il commento di Filippo Busolini, editore di Radio Punto Zero – Anche per noi, questo accordo è uno strumento che vogliamo mettere al servizio del territorio e dei cittadini della nostra regione”.
RTR 99 e Radio Punto Zero: due casi che dimostrano che per chi ha ancora qualcosa da dire e da fare di spazio locale ce ne è. Eccome. (E.L. per NL)
Da Newslinet.com 10 febbraio 2020 di Redazione
Il meter RadioStat: come raccogliere e trattare i dati dell’ascolto in streaming.
L’ascolto radiofonico in streaming cresce continuamente a ritmo costante, anche grazie allo sviluppo di piattaforme diversificate che su di esso si fondano. Dalle app sugli smartphone, agli aggregatori (FM World, MyTuner, Replaio, TuneIn, ecc.), dalle smart tv agli smart speaker (Google Home, Amazon Echo), dai pc alle connected car.
Come risaputo l’ascolto in streaming può essere tracciato e costituisce dunque un meter degli ascolti e delle consuetudini dell’utenza. Un tema al quale abbiamo spesso dedicato attenzione su queste pagine e che negli ultimi tempi ha generato profonde tensioni all’interno del TER, la società dei radiofonici che cura i rilievi degli ascolti, col socio RAI.
Ma l’enorme mole di dati raccoglibili dai flussi streaming, va organizzata e trattata adegutamente.
Sono nate così delle agenzie che hanno realizzato delle piattaforme specifiche, come StaCast di MeWay.
Francesco Triolo, ceo di MeWay si è reso disponibile ad un confronto con NL sui temi sottesi.
(Newslinet) – StatCast è un sistema di raccolta ed elaborazione dell’ascolto via IP. Cosa offre di diverso e di più di un provider di streaming audio?
(Francesco Triolo) – Statcast nasce con l’ambizione di mostrare oltre alle medie e picchi di ascolto, preferenze in termini di qualità non solo di quantità. Il nostro obiettivo è quello di fornire un sistema che aiuti a comprendere il “gradimento” attraverso l’analisi delle connessioni che mostrano in modo inequivocabile il comportamento degli ascoltatori. I dati delle connessioni sono una risorsa se ben interpretati: non valori da confrontare come in una gara, ma il miglior strumento per comprendere pienamente il valore del proprio prodotto radiofonico. A Meway da dieci anni forniamo soluzioni streaming come provider. Conoscendo e utilizzando i sistemi più diffusi sul mercato, abbiamo deciso di creare qualcosa di più accurato per soddisfare le richieste di questo tipo…
(NL) – C’è molta confusione a riguardo dell’ascolto IP, anche perché, in genere, si tende ad effettuare un parallelismo con le indagini d’ascolto tradizionali, nel caso del TER basate sul metodo CATI analizzando i dati del quarto d’ora, del giorno medio e dei sette giorni….
(FT) – La comunicazione Over iP è dinamica e bidirezionale, segue l’unicità dell’ascoltatore che in modo diverso e personale utilizza questo potente canale: come può un campione statistico riflettere realisticamente questo scenario? Credo che sia più corretto ricorrere a nuove metriche simili a quelle adottate per l’analisi del comportamento degli utenti sul web. Con Statcast vogliamo dare la possibilità di sfruttare al meglio tutti i dati disponibili per rendere evidenti tendenze/trend di utilizzo, ma anche il grado di fidelizzazione che gli utenti hanno verso un’emittente.
(NL) – Su IP quale è il dato maggiormente spendibile per il digital audio (la pubblicità specifica sullo streaming)?
(FT) – Sicuramente la “profilazione” e la geolocalizzazione. Termini solo in parte usati nella trasmissione via etere. Nella radio tradizionale esistono i target di riferimento per la programmazione e gli splittaggi per ottimizzare i comunicati commerciali. Nulla, però, a che vedere con la “scia” che ognuno di noi lascia utilizzando servizi in rete. Sfruttando l’unicità delle connessioni è possibile mostrare, per esempio, la classifica dei programmi più seguiti o dei brani con più ascoltatori connessi. Un valido strumento in aiuto alla programmazione radiofonica…
(NL) – Gli ascolti contemporanei – spesso assunti a principale parametro di confronto – che rilevanza sostanziale hanno ed in che misura?
(FT) – Il picco di contemporaneità assieme alla qualità di trasmissione è un valore importante da tenere sotto controllo in fase di valutazione di alcuni tipi di accordi con il provider. Nessuno vorrebbe tagliare fuori i propri ascoltatori perché il limite è stato raggiunto! La paura di imbattersi in costi di conguaglio a fronte di utenti illimitati, d’altra parte, è sicuramente il principale motivo per il quale le piccole emittenti adottano questo parametro come principale… Una statistica più precisa potrebbe consentire di concentrarsi su altri aspetti, magari più spendibili in termini di pianificazione pubblicitaria.
(NL) – Che prospettive di crescita ci sono per l’ascolto della radio in streaming?
(FT) – ”…Nonostante tutto, la trasmissione radiofonica resta il metodo più diffuso per l’ascolto di stazioni radio” questa è l’affermazione che mi sento ripetere quasi come un “mantra” da tanti anni. Sostenere oggi questo “assunto” significherebbe negare il progresso. Certo il vero lavoro non era solo quello di portare la radio su internet! Questo è stato ampiamente fatto e sviluppato con alternative parallele al mainstream (vedi le radio verticali).
L’ascolto delle radio su internet non può che crescere, ma al tempo stesso deve trovare nuovi modi di comunicare. Guardando al futuro vedo la necessità di affiancare sistemi intelligenti al modo tradizionale di fare radio (che deve continuare comunque ad esistere). Cambiare il modo di produrre i contenuti è però necessario per renderli più gestibili. Noi stiamo già lavorando in questa direzione. StatCast è solo un tassello del puzzle che vogliamo comporre. Un nuovo ecosistema che impara a proporre al singolo e che, al tempo stesso, permette la condivisione di contenuti generati dagli utenti. Il tutto con un potenziale commerciale inesplorato.
(NL) – E a riguardo dei podcast?
(FT) – Come accennato prima, fa tutto parte della naturale evoluzione indotta dai nuovi mezzi a disposizione. Personal on Demand si riferisce alla capacità di decidere cosa ascoltare sul proprio dispositivo quando se ne ha voglia. Un modo di usufruire di contenuti in modo diverso dalla radio tradizionale unidirezionale. Le radio fortunatamente si stanno adeguando integrando i podcast nella propria offerta.
Spesso, però, propongono solo link a registrazioni in una pagina del proprio sito o App senza ricorrere ai molti aggregatori che ne alimentano la diffusione. La forza del Podcast, inoltre, è anche quella di proporre contenuti aggiuntivi o di dare a tutti la possibilità di esprimersi e trovare un pubblico… Questa è la parte che non vediamo emergere nel mondo della radio, ma che che è ormai diffusissima su altre piattaforme.
(NL) – Quali sono i servizi offerti da MeWay?
(EG) – Meway, nata come provider di servizi streaming, ha acquisito negli anni specifiche competenze di programmazione. Vantiamo dieci anni di esperienza nello sviluppo di piattaforme proprietarie per l’acquisizione editing e archiviazione di contenuti multimediali. Dalla realizzazione di Applicazioni mobile agli Smart Speaker o Desktop, i nostri progetti sono sviluppati dopo una attenta analisi delle esigenze del cliente con proposte che mirano alla personalizzazione dei processi. Siamo convinti che ogni realtà abbia i propri cicli produttivi e che l’innovazione debba prima di tutto valorizzarli.
Oltre a Statcast, tra i prodotti su cui abbiamo investito di più, i sistemi per l’automazione di processi come MashUp, Trimmer o Replay per l’audio o SelfTV e Restream per il video.
Mashup è un tool server-side per la composizione, sonorizzazione e pubblicazione di rubriche o podcast.
SelfTv è un sistema per la generazione di canali audio video 24/7 con possibilità di organizzare clip e foto inviati da corrispondenti o reporter.
Trimmer è uno dei nostri sistemi che sfrutta la tecnica del watermarking per intercettare ed editare le registrazioni della messa in onda.
Replay segue le logiche di un vero e proprio registratore che consente agli utenti di riascoltare la programmazione di diversi emittenti programmandone l’ora di inizio e fine.
Di recente ideazione sono PinRadio, e Podcaster
Il primo, proposto come sistema per il proximity marketing per lo streaming mobile in cui ogni area definita sulla mappa può essere usata come “split” per messaggi pubblicitari; il secondo come piattaforma di Hosting per la gestione e diffusione di podcast compatibili con aggregatori come Spotify o iTunes. (E.L. per NL)
Da SWLing 23 gennaio 2020 di Thomas
Many thanks to SWLing Post contributor, Alan, who shares this editorial from Radio World that features edited comments filed with the FCC (USA) by the DRM Consortium.
The following unedited letter was taken directly from the FCC comments database:
(Source: FCC Filing [PDF])
In your document (FCC19-123) you rightly highlight the great advantage of AM broadcasts, primarily the ability to cover large areas and number of listeners, while the band itself is losing popularity because of a variety of issues to do with propagation, interference, environmental changes. At the same time, digital audio broadcasting is no longer the new platform it was in 2002. At that time FCC mandated a proprietary system (IBOC, “HD radio”) as the only system to be used in the USA with the possibility of applying DRM for HF.
Since then DRM (the ITU recommended, only digital audio broadcasting for all bands, open standard, has been tested and used all over the world on all bands, short wave, medium wave and FM).
So while you are recommending now pure digital HD, based on the NAB tests and WWFD not completely convincing trial, we would urge the FCC to consider opening the straightjacket of 2002 and allow DRM to be used as a sure, tested, efficient way of digitizing the AM band.
There are several reasons for this:
DRM digital radio delivers in the AM bands significant benefits:
In short, the salient advantages of DRM are:
Therefore, we urge FCC to take a wide view and consider all options including DRM, if AM is worth futureproofing in the USA. [This filing also included a number of “Useful Press Links]
Da swling.com 25 gennaio 2020 di Thomas
(Source: The White House)
H.R. 583, the “Preventing Illegal Radio Abuse Through Enforcement Act” or the “PIRATE Act,” which authorizes enhanced penalties for pirate radio broadcasters and requires the Federal Communications Commission to increase enforcement activities; and H.R. 2476, the “Securing American Nonprofit Organizations Against Terrorism Act of 2019,” which authorizes within the Department of Homeland Security a Nonprofit Security Grant Program to make grants to eligible nonprofit organizations for target hardening and other security enhancements to protect against terrorist attacks.
Leggi il testo della legge approvata dal Senato degli Stati Uniti: clicca qui