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E' questo, in estrema sintesi, ciò che scrive Michele Monina in un interessante editoriale, pubblicato da Linkiesta.
Tutto nasce dal cambiamento epocale che Spotify ha portato nel mondo della discografia.
Se per anni sono state le radio a condizionare il mercato, decidendo - di fatto - che cosa sarebbe diventato un successo e che cosa no, da alcuni anni Spotify ha sempre più preso piede, diventanto il principale punto di riferimento per i più giovani (che la radio l'ascoltano poco o niente).
Monina definisce radio, discografici, promoter e manager, un gruppo di "in fin di vita" che ha inseguito il proprio "carnefice" (Spotify) cercando di portarsi in casa la musica che funziona su questa piattaforma.
Il risultato però "scontenta" tutti, in quanto il pubblico radiofonico non ama la musica che funziona in questa piattaforma, "imbalsamando" - si legge - "una intera generazione di artisti, i cosiddetti Big". E chi ascolta Spotify non passa comunque alla radio.
Monina conclude con una riflessione specifica, riconoscendo a Lorenzo Suraci, editore di RTL 102.5 e presidente della neo-nata PER Player Editori Radio, la lungimiranza di aver ripreso a trasmettere artisti quali Mietta, "poco congeniale agli editor di Spotify e forse anche a certe radio".