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“La Radio libera, La Radio prigioniera”: Ubaldo Ferrini racconta i cambiamenti del ‘mezzo’, in un libro diventato un caso editoriale

"La Radio libera, La Radio prigioniera": Ubaldo Ferrini racconta i cambiamenti del 'mezzo', in un libro diventato un caso editoriale

08 Febbraio 2021

La radio sta godendo, in questi ultimi mesi, di una forte popolarità in versione 'cartacea'. Sono diverse le pubblicazioni di testi che trattano l'argomento, affrontandolo da vari punti di vista: storico, contenutistico, tecnico.

La radio sta godendo, in questi ultimi mesi, di una forte popolarità in versione 'cartacea'.

Sono diverse le pubblicazioni di testi che trattano l'argomento, affrontandolo da vari punti di vista: storico, contenutistico, tecnico.

Particolare riscontro lo sta ottenendo Ubaldo Ferrini, che - grazie anche alla collaborazione di due nomi noti del settore quali Marco Biondi e Massimo Lualdi che ne hanno curato rispettivamente la prefazione e la postfazione - ha pubblicato il libro "La Radio libera, La Radio prigioniera".

Uscito nel mese di gennaio 2021, Ferrini - che nel suo passato ha diretto alcune emittenti del catanese, dove è nato e vive, ed è successivamente diventato docente di corsi legati alla comunicazione ed allo spettacolo - ha subito conquistato i favori del pubblico.

Il libro è strutturato in quattro parti: la prima dedicata a racconti legati al passato dal taglio prettamente personale, la seconda nata per ricordare un mondo che non c'è più ai tempi degli studi analogici, la terza tocca il delicato argomento delle affinità e divergenze tra emittenti locali e network, la quarta pone riflessioni sulla radio contemporanea e sui suoi possibili scenari futuri.

Curiosi di conoscere la storia di questo testo, abbiamo contattato Ubaldo Ferrini.

"Questo libro" - ci spiega l'autore - "nasce dall'esigenza di documentare e non dimenticare un'epoca che è stata importantissima per lo sviluppo della radiofonia privata in Italia e che oggi non c'è più".

Un periodo che ha fortemente emozionato chi l'ha vissuto in prima persona e che Ferrini ricorda con orgoglio ed emozione. Le radio libere hanno rappresentato un fenomeno importante per quanto concerne il pluralismo e la libertà di parola, ma ci sono tanti retroscena oggi scomparsi e che hanno reso più 'freddi' gli studi radiofonici contemporanei, rispetto a quanto accadeva 30-40 anni fa.

"Chi ricorda le sale dischi, che erano simbolo della potenza musicale dell'emittente? L'incubo delle piastre a cassette? Le peripezie per i 'notturni'? Passaggi" - ricorda Ferrini - "che hanno accomunato le numerosissime emittenti territoriali che esistevano all'epoca".

Tra i primi capitoli del libro, anche uno dedicato alla moda degli adesivi che, applicati sull'auto, identificavano la propria emittente preferita, dandone un senso di appartenenza.

Il titolo del libro - la cui copertina è stata realizzata dal vignettista Turi Papale - tende però a dividere in maniera netta due epoche diverse: la radio libera, a cui si rifanno i primi tempi della radiofonia privata, e quella prigioniera, indubbiamente più professionale ma anche 'ingabbiata' in format rigidi che permettono poca creatività ai giovani di oggi.

"Oggi sappiamo che i ragazzi che seguono la radio sono numericamente meno rispetto ai nostri tempi. Del resto" - specifica - "l'offerta di musica e intrattenimento di cui dispongono adesso è molto più vasta, per cui la radio deve sapersi distinguere nei contenuti. Finchè lo speaker sarà costretto a limitarsi alla lettura del messaggio arrivato dall'ascoltatore, in un lasso di tempo peraltro limitato, non vi sarà mai lo stimolo di poter crescere e di potersi esprimere e sperimentare".

Proprio riguardo a questo, Ferrini è orientato verso modelli di radio che catturano l'attenzione di chi le ascolta, "quelle da cui fatichi a scendere dall'auto quando hai parcheggiato", ci dice.

E tra queste, si parla di talk-radio dai contenuti chiari: Radio 24, Radio Sportiva e Radio Radio.

Tre categorie di emittenti diverse per copertura e (in parte) contenuti, ma dove la parola (e la trasmissione in diretta) non teme nè la musica di Spotify, nè il crescente interesse verso i podcast.

Ed è proprio verso questa direzione che Ferrini auspica vada la radio, per evitare di trovarci tra 10 o 20 anni con una serie di emittenti-computer, che dal punto di vista economico godrebbero di costi ridotti al minimo, ma che non potrebbero offrire al pubblico più di una fredda sequenza di musica e rubriche registrate.

La radio quindi ha ancora tanto da raccontare ed il forte riscontro che il libro sta ottenendo – che ha riscosso ottimi posizionamenti nelle classifiche di vendita – conferma l'interesse verso il mezzo e la sua storia.

* FM-world --> per contatti e segnalazioni: [email protected]

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